23 Gennaio 2013. Si parte!

ore 9,30.

“Il signore va a Seul?” E’ la domanda, che mi rivolge con un ampio sorriso, la hostess di sala della Lounge Giotto dell’aeroporto internazionale Leonardo da Vinci di Fiumicino. 
Ritiro dei quotidiani sistemati in una bacheca, proprio di fronte alla scrivania della sorridente ragazza e mi accomodo nel primo dei tre spazi riservati, con cui è divisa l’ampia ala della Lounge. Entrando osservo un signore comodamente seduto, che manda messaggi col telefonino; una cinquantenne americana telefona, ridendo al suo interlocutore: ai piedi due grandi borse semiaperte, da cui fuoriescono un maglioncino rosa e delle buste bianche contenenti fogli. Un ultimo viaggiatore, piuttosto corpulento, si sta alzando con qualche difficoltà, caricandosi lo zaino sulle spalle ed avviandosi verso l’uscita. 
Al centro della Lounge il bar dalla forma di un parallelepipedo. Il lato, che si offre allo stralunato viaggiatore, è dedicato al vino; quindi un segmento è dedicato al cibo:  cornetti, alcuni tramezzini e delle pizzette. Ancor piu avanti finalmente il bar, dietro il cui bancone armeggiano due giovani camerieri. Osservo il lento e continuo scorrere del caffe, che dalla macchina attraverso un sottile beccuccio riempie via via la tazzina bianca. Ora la tazzina è stata posta davanti a me dal giovane e barbuto cameriere. Mentre preparava il caffè, costui non ha mai smesso di ridere e scherzare con una collega, cui divide il banco da lavoro; hanno parlato con una certa acrimonia di una collega, che, a loro dire, non sarebbe un monumento all’onestà professionale. Il caffè è davvero ottimo. 
Mentre ritorno nello spazio, dove ho depositato i bagagli da viaggio, noto che la cinquantenne se n’è andata. Al posto delle sue borse, una poltrona vuota in attesa del prossimo viaggiatore. ore 10,30. Sono nell’aereo. L’hostess di bordo mi ha consegnato un pratico e simpatico borsello nero, contenente una crema per mani, un lucidalabbra e un eau de toilette “Attimo” per uomo di Salvatore Ferragamo. 
Il mio posto si trova alla destra dello stretto corridoio.  Lentamente l’aereo si popola di passeggeri, in larga maggioranza orientali, pur essendo la conpagnia di bandiera del Qatar.  Le hostess sono bassine. Indossano un cappellino grigio, come i pantaloni ed una camicia color crema. Un bellissimo e variopinto foulard completa la divisa.  L’assistente si chiama Fatima; sta ora recando a dei passeggeri, che si sono accomodati dietro di me, un bicchiere di latte e dell’acqua. Dall’oblò, che si trova alla mia destra, osservo degli automezzi fermi, tra cui un camioncino Alitalia, dal quale scende un robusto autista, che, immediatamente, si preoccupa d’indossare il largo cappuccio, per coprirsi dalla pioggia e si avvia con passo lungo verso l’aereo.  All’interno dell’aereo intanto le hostess, su un carrellino, recano dei quotidiani.  Una fortissima grandinata improvvisamente mi scuote!  Ora anche un tuono!  Mi sembra il tempo ideale, per mettersi in viaggio. Ore 11,30: si parte. Appena la grandine inizia a scemare, l’aereo inizia la sua lenta manovra verso la pista: siamo ormai pronti a decollare. 
Prima di arrivare alla giusta quota, qualche vibrazione di troppo scuote l’abitacolo; vedo dall’oblò le nuvole, che ora delicatamente attraversiamo, tanto simili a zucchero filato, sopra le quali splende un sole d’oro!  Abbiamo lasciato, forse ed in modo definito, il brutto tempo alle spalle. 
Fatima mi chiede di prestar attenzione al menù di bordo.  E’ conservato all’interno di una fodera marrone scuro con lo stemma, in bella mostra, della Qatar airways. Aprendolo, nella tasca sinistra, il menu dei vini, nella destra il pranzo. Per primo piatto scelgo in piatto arabo: classic arabic mezzo,

a seguire dei tortellini ricotta e spinaci (con mia grande sorpresa, i tortellini conterranno solo ricotta, mentre gli spinaci sono adagiati sul lato sinistro del piatto).

Segue il piatto di formaggi e la frutta.

Rispettoso delle antiche tradizioni romane, mi concedo una “pennichella!. Ore 18,30: arrivo a Doha (Qatar)   Appena sceso dall’aereo, mi colpisce violenta un’aria molto calda. Alcuni lavoranti, infatti, indossano delle leggere camicie bianche a maniche corte ed un fratino giallo. Ai piedi della scaletta, un piccolo pullman è già pronto, per trasportarci verso il Terminal, cui dovrò aspettare l’aereo per Seoul.
Fortunatamente all’interno del veicolo, l’aria condizionata è alta! 
Pochi minuti e sono arrivato.  Una hostess diligente e molto carina, c’invita a seguirla: mi trovo all’interno del controllo passeggeri; ennesimo spogliarello poco simpatico.  Un baffuto poliziotto m’invita anche a togliere la cinta dei pantaloni ed a sistemare le scarpe in una scatola, che mi consegna, contestualmente a delle pantofole. La taglia, però, non l’ha azzeccata! Sono un po’ troppo piccole. 
Passo sotto il metal detector, che rimane muto.  C’è anche una poliziotta, che indossa un burqua quasi integrale: la pistola è ben visibile da un lato.  Dietro di me, un’occidentale sulla quarantina, che, invece del burqua, ha una gonna corta e leggera, che svolazza sulle belle gambe. Chissà cosa penserà l’occhiuta poliziotta!
Attraverso una scala mobile, vado al primo piano, dove potrò accomodarmi nella bella lounge dell’aeroporto di Doha (Qatar).

La lounge somiglia ad una bella e grande hall di un albergo internazionale.

Vicino all’ampie vetrate ed il lato, che da sull’esterno dell’aeroporto, ci sono dei lettini, provvisti di coperta.  Un corridoio divide la zona –  riposo dalla zona – ristorante. 
Non ho resistito ai dolci, che erano lì e sembravano che aspettassero proprio me!
Molti i camerieri, che girano per l’ampia sala, riordinando i tavoli, sistemando le poltrone. 

Delle hostess, invece, si preoccupano di reclutare i viaggiatori “in partenza per”. 
Sono quasi le 19 (in Italia le 17); la lounge non è particolarmente affollata. 
Tre signorotti molto alti, vestiti alla “Caravan Petrol” attirano la mia attenzione. Parlano piano tra loro, attorniati da altrettanti signori vestiti all’occidentale. Ancora qualche ora e partirò alla volta di Seul!

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