26 marzo 2013. Visita al tempio Haedong Yonggungsa di Busan

Ho preso il taxi per recarmi al tempio Haedong Yonggungsa. Di strada ne ho fatta tanta, quasi quaranta minuti di taxi, salendo stradine strette, arrampicate sulla montagna ed alla destra il mare calmo, tranquillo; in lontananza delle navi, che sembrano solcare l’orizzonte, sempre piu’ lontano. Uno spettacolo unico per colori e profumi, un viale di mandorli; rimango quasi impietrito di fronte a tanta irraccontabile bellezza.  Questo tempio si trova in un’ampia insenatura. Il taxi mi lascia proprio in prossimità del solito mercato di souvenir; tanti banchi, sui due lati della strada, cui è  vietato alle automobili entrare.

 Si vende anche del cibo e tanti immaginette del Buddha, strumenti per la preghiera, libri.

La folla di turisti, curiosi e fedeli è tanta, noto molti stranieri, che, forse quanto il sottoscritto, sono stati attirati da quest’oasi di spiritualità, che s’affaccia sul mare. Alla fine del mercato, un lungo viale con le statue dei 12 segni zodiacali cinesi, quindi l’ingresso per il Tempio.

Tanti gradini da salire, scendere, risalire e scendere ancora.

Su un lato, la statua del Buddha: colei che toccherà la sua pancia, quando rimarrà in stato interessante, genererà un figlio maschio.

 Sull’ultima roccia verso il mare, la statua del Buddha, meta di pellegrinaggio, ma anche luogo, dove vengono scattate tante foto: il Buddha con il mare alle spalle.

Una piccola processione di fedeli segue un bonzo, che, armato di un piccolo strumento di legno, percosso con un bastoncino, si ferma in prossimità dell’acqua, volgendo le spalle al Buddha del mare. Il bonzo è la persona più prossima all’acqua, mentre i fedeli, alcuni con le mani giunte, hanno disegnato un circolo, tenendosi a debita distanza. Il bonzo recita dei mantra, suonando lo strumento, che tiene ben  stretto tra le mani. La cerimonia andrà avanti ancora per molto.  
Lascio il Buddha alle mie spalle, mentre mi dirigo verso il Tempio, occupato da diversi fedeli, che, rannicchiati su dei larghi cuscini, più volte si inchinano, per poi rialzarsi: una sequenza che sembra infinita, stringono nelle mani il rosario e dirigono i loro sguardi verso le statue del Buddha, rassicuranti, serene, staccate per sempre dalla misera condizione di questa realtà. 

C’è un aspetto del buddhismo, che m’affascina: il sorriso del Buddha, riprodotto nello stesso modo in tutte le statue. E’ un sorriso che infonde speranza, fiducia, capacità di essere l’autori della propria realizzazione, di riuscire a superare le infinite prove, cui siamo sottoposti, forse per rinascere verso stati superiori del proprio essere e quindi essere in grado, un poco alla volta, di non subire eccessivamente gli “strani” movimenti della vita.    

E poi, quanta luce all’interno del Tempio, colori ovunque, accesi, forti, sgargianti, oserei pensare pieni di vitalità.  In fondo, ci troviamo nel luogo dove Siddharta si è realizzato, compenetrandosi nella perfetta stabilità di se stesso, nella perfetta realizzazione del proprio Io.      Il fedele rimane davvero sorpreso da quanta Luce trovi in questo spazio sacro. Tanto silenzio, tanta luce, tante preghiere bisbigliate, dette con la voce del cuore e quello sguardo rassicurante, che inonda di pienezza colui al quale si rivolge.

                       

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