12 aprile 2013. Visita alla Galleria d’arte Kukje di Seul

L’ampia zona, che costeggia il maestoso palazzo di Gwanghwamun, che fu sede, fino ai primi anni del Novecento della corte, è ricca di gallerie e piccoli musei. Frequentare questa zona, si diventa “in”, alla moda, perché le prime “personali”, spesso di artisti stranieri, sono ospitati in questi atelier, che aprono le porte al pubblico importante, che fa tendenza e che conta, poiché, il giorno dopo, apparirà su qualche giornale. Così, per sentirmi “in” ed alla moda, questa mattina mi sono recato alla Kukje galleria, che ospitava una personale di un’artista americana, piuttosto eccentrica a giudicare dai lavori esposti: Sterling Ruby. Poco prima d’arrivare alla Galleria, vedo squadre d’infaticabili operai, che stanno lavorando alacremente, per consegnare, in breve tempo, un nuovo museo alla città di Seul, che, dal punto di vista culturale, cerca di rincorrere le altre piazze orientali, incamminate, da molto tempo, verso ambiti assai riconosciuti a livello internazionale. Un punto molto chiaro del nuovo governo è l’impegno, che le istituzioni dovranno promuovere nel mondo della Cultura. Ecco! Quanto sarebbe bello che anche il nuovo Governo, che (chissà se) vedrà la luce in Italia, avesse al primo punto la Cultura! La Cultura, bisogna fare attenzione, è una cosa molto e forse troppo seria per la nostra classe politica.
In una sala molto grande, quattro grandi quadri  e due sculture nel centro.  Come sempre trovare il filo di questi lavori non è per me facilissimo.  Intanto i quattro quadri sono accomunati da una stessa tecnica: l’artista ha infatti “attaccato qualcosa”, che via via scoprirò,  sopra le tele, lasciandone solo una piccola parte scoperta. 
La tela nera lugubre, triste, “sporca”, qua e là, con una lunga riga (esattamente quelle che usavamo a scuola per i compiti di educazione tecnica), un rettangolo verde spento è la lettura, che posso dare del primo quadro. 
Pochi passi e mi trovo davanti ad un altro lavoro, firmato dalla nostra artista.  Sopra la tela, stavolta non c’è stoffa, ma cartone per imballaggi, anche strappato in qualche parte. Sulla parte sinistra il nome dell’artista e dei numeri.
Il terzo quadro invece, è interamente nero con chiazze di vernice bianca, che sembrano siano state tirate “a caso” sul lavoro; punti di venice marrone chiaro e tre rettangoli verde, nero bordato di avana e, in fondo a destra, bianco, sembrerebbe quasi la federa di un cuscino.
Quarto quadro ritroviamo il nostro cartone per imballaggi con delle impronte diverse: piedi più piccoli, più grandi e delle fasce rosse verso la fine, forse messe lì per tenere insieme il lavoro.
Le due sculture alquanto ardite sono di pietra.  Sembrano delle ciambelle di grande diametro con delle pietre nero all’interno, adagiate senza particolare cura.
L’altra scultura è policromatica, con una preponderanza per il rosso; la solita ciambella vuota, con dentro tanti cilindri colorati, che non so cosa vogliono significare.
Mentre completo la visita alla prima sala, una deliziosa hostess m’invita a salire appena un piano, per continuare; sono un poco imbarazzato, ma penso che per me, oggi, può bastare così

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