Chopin fu fondamentalmente un pianista – compositore; egli compone, pensando al pianoforte, anche quando si dedica a lavori orchestrali. Lo strumento a tastiera sembra l’unica fonte, dalla quale attingere abbondanti idee musicali da riversare in organici complessi, come l’orchestra.
Purtroppo, spesso è stato oggetto di una critica assai severa, perché pianista, che compone, pensando sempre e comunque al suo strumento. Il carattere pianistico l’ha erroneamente rivelato come un compositore, dotato di una tecnica compositiva limitata. Il comporre un preludio anziché un poema sinfonico non vuol sempre significare che una struttura oggettivamente più limitata nasconda minori insidie di quella manifestamente più complessa. Per comporre, è necessario conoscere approfonditamente «la tecnica dello scrivere»; conosciuta la tecnica, non avremo un compositore, ma un musicista in grado di leggere, in maniera scientifica, anche le più complesse partiture. Per comporre e creare, bisogna essere figli degli Dei: solo chi è in grado di cogliere la potenza dell’ispirazione, per tradurla in atto compositivo, trasmutandola in «concetto musicale» (attraverso una perfetta conoscenza della grammatica costruttiva), potrà definirsi compositore. A Chopin, fu rimproverato di non aver dato prova di essere costruttore di grandi forme (le sue Sonate per pianoforte, effettivamente, non risultano come lavori meglio riusciti), ma, al contrario, di essersi saputo muoversi, con una certa abilità, all’interno di piccole strutture, come i preludi per pianoforte.
Vincent D’Indy accusava il compositore di aver reso il «pianismo» prevaricante la stessa idea musicale; così come le tonalità sono scelte in base alle precipue difficoltà tecniche della tastiera.
La Sonata in si minore op. 58 è stata analizzata dal D’Indy; egli nota (e non a torto) come molti passi siano versificati per un fine puramente edonistico e non funzionali alla stessa idea di struttura musicale. Nel secondo tema, abbondano gli ornamenti melodici, che distraggono dal naturale sviluppo tecnico – compositivo; insomma, il rigore è sacrificato sull’altare di certe figurazioni melodico – ritmiche tipiche dei salotti del suo tempo. Durante lo sviluppo (la parte centrale della Sonata, in cui il Compositore rielabora le idee musicale precedentemente esposte), sembra concepito al di fuori di qualsiasi logica compositiva, mentre nella Ripresa (la parte finale), Chopin si «dimentica» d’introdurre l’elemento cardine: il primo tema.
D’Indy non sbaglia a muovere le severe critiche, che abbiamo sinteticamente riassunto; la Forma – Sonata non è un modello cristallizzato e che si consegna nelle mani di chi la usa, ma – al contrario – forma viva e palpitante, per cui soggetta a continue trasformazioni da parte di chi la usa. Il lungo cammino della forma compositiva più importante vede il suo trionfo strutturale nelle Sonate di Beethoven, la sua apoteosi in César Franck (maestro di Vincent D’Indy). Il modello della Forma – Sonata ideale per Chopin è quella usata da Mozart e si accosta al verbo beethoveniano nella fondamentale importanza della costruzione melodica, saldata su una robusta struttura armonica. Egli sviluppa l’idea di Beethoven, per cui nella Sonata devono emergere con chiarezza contrasti netti tra l’elemento melodico e quello ritmico e qui sorge la difficoltà legata alle strettoie asfittiche dell’armonia tonale, cui era rimasto vittima Beethoven. Chopin lo risolve a suo modo: mettendo in contrasto il tono maggiore e minore, rifugiandosi così in una soluzione di modalismo romantico.
Abbiamo visto come Chopin nella Sonata in si minore si sia «dimenticato» di riproporre il Primo tema nella Ripresa; sappiamo bene che non tanto di una dimenticanza si tratti, quanto di una scelta dichiaratamente deliberata, per cui la funzione del Primo tema debba essere considerata esaurita nella rielaborazione melodico – armonica durante lo Sviluppo.
In tutte le Sonate troviamo che il Primo tema è proposto in tono minore (si minore); il Secondo tema nel relativo maggiore (re maggiore). Durante lo sviluppo, esplodono sapientemente incontrollati tutti i contrasti possibili, che determinano oltremodo un significativo allontanamento dal tono originale ed ecco, finalmente, la Ripresa, la cui funzione è quella di ristabilire il tono d’impianto, dopo tanta instabilità tonale. Chopin invece di far riascoltare nel tono originale il secondo tema (da re maggiore a si minore), lo presenta in si maggiore, ponendo così il contrasto tra tono minore e tono maggiore.
In un altro importante lavoro, le Variazioni op. 2, Chopin rivela completamente la sua straordinaria capacità nell’elaboratissima ed innovativa fattura compositiva.
Vero monumento alla ricerca ed alla sperimentazione sono i Preludi per pianoforte.
Perché sceglie la forma del Preludio?
Perché è la forma più libera nella costruzione; in Bach il preludio è composto da svariate risoluzioni, il cui fine è quello d’introdurre poi la Fuga; in Chopin, il Preludio smette la funzione introduttiva, per appropriarsi di una sua dimensione propria nella più completa libertà di proporre idee musicali. Organizza i preludi, collegandoli attraverso le tonalità. Parte da do maggiore, cui segue un preludio in la minore; quindi sposta la tonica da do a sol e presenta il terzo preludio in sol maggiore, cui segue il suo relativo minore, sulla scala di mi.
(26 aprile 2017)
(continua)