Odoardo Farnese fu Duca di Parma e Piacenza dal 1624 al 1646; l’11 ottobre del 1628 celebrò in Firenze le sue nozze con Margherita De’ Medici, figlia primogenita del Granduca di Toscana, Cosimo II, per cui furono ordinati fastosi festeggiamenti. Incaricato di organizzare gli eventi, il Marchese Bentivoglio pensò già dall’agosto 1627 propose a Claudio Monteverdi di musicare Teti e Flora su testo di Claudio Achillini, cinque Intermedi di Ascanio Pio di Savoia ed infine di comporre le musiche per il torneo Mercurio e Marte, composto anch’esso dall’Achillini, che il musicista accettò immediatamente
Il 10 settembre 1627, Monteverdi scrisse al Segretario della Corte di Mantova, Alessandro Striggio, la seguente lettera.
«Il Sig.r Marchese Bentivoglio molto mio Sig.re per molti anni passati, mi scrisse già un mese fa adimandandomi se io gli havrei posto in musica certe sue parole fatte da sua Eccellenza per servirsene in una certa principalissima comedia che si saria fatta per servitio di nozze da prencipi, et sarebbero statti intermedi; et non comedia cantata; essendo molto mio particolar signore gli risposi che haverei fatto ogni possibile maggiore per servire alli comandi di S. E. Ill.ma mi replicò un particolar ringratiamento et mi disse che se ne haveva da servire nelle nozze del Seren.mo di Parma, gli risposi che haverei fatto ciò che si fosse degnato comandarmi. Ne diedi parte subbito a quelle Altezze Seren.me et hebbi per risposta che dovessi impiegarmi in tal bisogno così di subbito mi mandò il primo intermedio et di già l’ho fatto quasi mezzo, et lo farò con facilità perché sono quasi tutti soliloqui le quali Altezze mi honorarno molto con tal comando havendo io inteso che vi erano da sei o sette che facevano instanza per haver tal carico, con moto proprio si sono voluti dignare quei Sig.ri di eleggere la persona mia, tal è statto il negotio.
Venezia gli 10 settembre 1627».
Ricevuto il primo Intermedio, il compositore risponde così al Bentivoglio:
«Heri che fu alli 9 del presente dal curriere ricevei un plicco di V. E. Ill.ma nel quale vi era un Intermedio et una lettera di V. E. Ill.ma piena d’infinita humanità et honore verso la persona mia, et insieme una copia d’un capitolo di una lettera della Ser.ma Sig.ra Duchessa di parma scritta a V. E. Ill.ma nel quale si degna honorarmi di comandarmi con il mezzo di V. E. Ill.ma ch’io ponga in musica quello che da V. E. Ill.ma sarà comandato. Appena ho potuto leggiere due volte ill detto Intermedio l’occasione del scrivere hauta essendo giorno che si parte il curriere, ho però visto tanto di bello che in verità son rimasto dedicatissimo con l’affetto a così bell’opera. Et si ben è statto poco il tempo, non per questo son statto indarno in tutto, perché di già gli ho datto principio come ben ne farò vedere qualche poco d’efferro per mercore venturo a V. E. Ill.ma havendo di già visto che quattro generi d’armonie saranno quelli che anderanno adoperati per servitio del detto intermedio; l’uno che incomincia dal principio, e seguita sino al principio delle ire, tra Venere et Diana, et tra le loro discordie, l’altro dal principio delle ire sono finite le discordie, l’altro quando entra Plutone a metter ordine et quete, durante sino dove Diana si incomincia ad innamorare d’Endimione, et il quarto et ultimo dal principio di detto innamoramento sino alla fine. Ma mi creda V. E. Ill.ma che senza il delicato suo aiuto vederà che ci saranno lochi che mi porterebbero non poca difficoltà, dei quali mercore nhe darò più minuto ragualio a V. E. Ill.ma
Altro per hora non intenderò fare che rendere prima gratie a Dio che mi habbi fatto degno di poter ricevere così alti comandi da così alti Signori et Padroni, pregandolo insieme che mi facci degno così degli effetti come del affetto qual sicurmente cercherà di servire a padroni con ogni maggior potere che saperà rendendo infine gratie a V. E. Ill.ma di cotanto favore, pregando insieme Dio che sempre in bona gratia di V. E. Ill.ma operi supplicandola a rendere per me quelle gratie maggiori che si può alle bone gratie di quelle A. Ser.me alle quali faccio Humil.ma e profonda riverenza obbligandomeli per suo humill.mo ser.re et a V. E. Ill.ma ne l’inchino e gli bacio la mano.
Da Venezia gli 10 Sett.re 1627
di V. E. Ill.ma
Ser.re Devotiss.mo et obblig.mo
Claudio Monteverdi».
Nonostante i buoni propositi espressi, il compositore ebbe ulteriori incarichi presso la Corte di Mantova, cosicché il Marchese fu costretto a richiami sempre più stringenti presso il sommo virtuoso, il quale risponde:
«Supplico V. Ecc.ll.ma non si meravigliare se per l’ordinario di Mercore passato non ha datto risposta all’humanissima lettera di V. E. Ill.ma che la causa è stata che l’Ecc.mo Sig.re Procuratore Foscarini mio Singolare Signore havendo un suo Sig.r figliuolo Podestà in Chioggia e quel Sig.re volendosi prevalere della persona mia in una certa funtione di musica, mi trettenni in Chioggia un giorno di più in quel che mi credevo che fu lo stesso giorno della partenza del Corriere et ritornato io la giobbia et non in mercore prossimo passato et ricevuto il plicco di V. E. Ill.ma con dentro un Intermedio bellissimo et la carissima insieme che io dovessi trovarmi in Ferrara hieri che fu alli 24 del presente, ed havendo visto del mio mancamento, mi credda V. E. Ill.ma che ne ho sentito particolar afflitione all’animo, come tuttavia sentirò persino che non si sia degnata V. E. Ill.ma di novo avviso della sua sodisfatione, essendo dunque scorso questo poco di tempo contro il mio volere vorrei supplicar V. E. Ill.ma che si degnasse farmi gratia che io possi restare in Venetia sino alli 7 del venturo mese possiaché il Ser.mo Doge, in tal giorno processionalemente se ne va a Santa Justina per rendere gratie a Dio N. S. della felice vittoria navale, et vi va con tutto il Senato insieme et si canta solenne musica, che subbito fatto tal funtione mi porrò in barca col Corriere et verrò ad ubbidire ai comandi di V. E. Ill.ma et sarà cosa cauta l’andar a vedere il Theatro in Parma per poterli applicare più che sia possibile le proprie armonie decenti al gran sito, che non sarà così facil cosa (secondo me) il concertar le molte et variate orationi che veggo in tali Intermedi, frattanto anderò facendo et scrivendo, per poter mostrar a V. E. Ill.ma altra cosa et maggiore che mi ritrovo. Et qui facendo Humilissima riverenza a V. E. Ill.ma da Dio N. S. gli prego con tutto il core il colmo d’ogni maggior felicità.
Venetia gli 25 settembre 1627
di V. E. Ill.ma
Ser.re Humill.mo et obblig.mo
Claudio Monteverdi».
Ottenuto dalla Serenissima, per intercessione di Odoardo Farnese, venti giorni di licenza, si trasferì a Parma, ove il 30 settemreb spedì la seguente missiva al Bentivoglio:
«Vengo a far riverenza a V. E. Ill.ma, et insieme a renderle quelle gratie maggiori che so et posso per hl’honori particolari e straordinari ricevuti da Madama Ser.ma et Ser.mo Prencipe, quali Signori non solamente hanno datto commissione ai Sig.ri Ministri che mi sia datto ogni comodità, ma essi medesimi in voce m’hanno certificato di tal singolar gratia. L’Ill.mo Signor Majordomo poi punto non è restato ad eseguire la bona volontà de’ padroni, ma la gentilezza di Sua Sig.ria Ill.ma ha completo anco maggiormente di più siché altro ora non mi manca ricevere che la man di Dio che effetti in me, non dirò in tutto che non sarebbe possibile, ma in parti corrispondenti alle cotante et signalate gratie. Il riverente affetto in me non è già mancante punto; perché in verità ardo di desiderio di far cosa che sia grata et alle Ser.me Altezze Loro, et al delicato gusto di V. E. Ill.ma la qual colla sua presenza se fosse qui spereri ancpo di far maggiormente.
Et per quanto alla mente di Madama Ser.ma creddo che teneva che V. E. Ill.ma fosse venuta a Parma, perché nel presentarLe la lettera di V. E. Ill.ma mi disse – e quando sarà a Parma il Sig. Marchese? – Mi trovo haver fatto il primo intermedio, qual è quello di Melissa et Bradamante, et non quello di Didone, ma sarà il secondo. Son dietro al terzo, ill qual finito, comincerò a provar qualche cosa. Fra il qual tempo de le prime prove finirò piacendo a Dio anco il quarto. Il quinto per anco non l’ho avuto, ma creddo che mi sarà datto quanto prima. Né ho mancato sino ad hora di far qualche cosa per il Torneo ch’è stabilito se non in tutto almeno la maggior parte. Vorrei haver gratia di poter andar a Venetia per servire alla Chiesa di S. Marco per la notte di Natale, la cui solennità è la più grande che faccia il Maestro di Cappella in tutto l’anno, e poi di subbito ritornarmene a li comandi di queste Ser.me Altezze, e di V. E. Ill.ma. Del tutto che ho fatto e vado facendo ne ho datto parte alle Altezze loro et al Sig. Majordomo, et hanno mostrato essere restati gustati, del che ne ho ringratiato Dio, qual insieme prego con ogni caldo affeto sempre feliciti et conservi V. E. Ill.ma alla quale humilmente inchinandomi bacio,e riverentemente la mano.
Da Parma gli 30 ottobre 1627
di V. E. Ill.ma
l’Humill.mo et Obbligat.mo
Claudio Monteverdi».
Al termine dei venti giorni, concessi dalla Serenissima, il musicista dovrebbe rimpatriare a Venezia, un nuovo intervento del Duca gli permetterà di prolungare il soggiorno a Parma per l’intero mese di novembre. Anche Claudio in una lettera indirizzata al Farnese spiega i motivi del procrastinare la sua permanenza nella città del Bentivoglio.
«Venno da V. E. Ill.ma pigliar licenza per qualche venti giorni per potermi transferire sino a Parma addimandato da queste Ser.me Altezze, havendomi honorato di comandarmi ch’io li mettessi in musica certa bona quantità di versi per servitio d’una bellissima commedia che fanno fare: et credendo, veduto il Theatro e datto conto alle loro Altezze, dell’ordine che tenevo di mettere in canto le dette parole, potermene di subito ritornare, ma quando sono stato giunto, l’Ill.mo majordomo mi ha fatto molta istanza che io resti fino a tanto che gli habbi fatto gli detti cinque intermedi per la commedia; essendovi ancora altre parole da compire: gli risposi che non haveva licenza de le V. Ell. Ill.me che per vinti giorni: esso Sig.re mi rispose che queste Ser.me Altezze havrebbero scritto per la licenza almeno per tutto il presente mese, nel qual tempo promisi de darlo fatto: et avrebbe scritto a VV. Ecc. Ill.me e a Sua Serenità: gli risposi che più saria stato di necessario che mi fossi potuto partire alla fine del presente mese per potermi trovare a tempo per la messa della Notte di Natale a Venetia: mi rispose che si certamente. Del tutto ne ho voluto dar parte a V. E. Ill.ma come parimenti ho fatto a Sua Serenità, atiò restino informati minutamente della mia persona: per la presentatione ordinaria mi ha certificato il Sig.r Majordomo che queste Altezze scrivono a Venetia soggiungendomi che la loro lettera conterà desiderio particolare che subito finiti li primo otto giorni di Natale mi lascino ritornar a Parma per mettere in esecuzione le opere fatte.
Et qui facendo humill.ma riverentia a V. E. Ill.ma da Dio N. S. gli prego ogni compita felicità.
Da Parma gli 8 Novembre 1627
di V. Sig.rie Ill.me
Servo Hum.mo et Obbl.mo
Claudio Monteverdi».
Il 9 dicembre, il Monteverdi riprendeva finalmente il viaggio di ritorno a Venezia, latore di questa lettera dal Duca di Bentivoglio al Doge.
«Serenissimo Principe
Supplicai Vostra Serenità li giorni passati a restar servita che il Monteverdi potesse trattenersi qua presso alle Feste del SS. Natale. Ora egli se ne viene per complire all’obbligo del suo carico; ed io la supplico umilmente a degnarsi di concedere al medesimo Monteverdi che passate dette feste, possa ritornarsene qua, dove è necessaria la persona sua per esecuzione di quello che con tanta amorevolezza egli con le virtù sue ha incamminato per le feste da farsi nelle mie nozze. Di questo favore ecc.»
Il Doge concederà un’ulteriore permesso al Monteverdi, che ne informò il 9 gennaio 1628 lo Striggio.
«Tra duoi giorni spero tornerò a Parma per metterle a queste Alt.ze Ser.me al ordine musiche per torneo et per intermedi di comedia che si haverà a recitare da di là se così gusterà darolle nova de la riuscita de le cose».
Sempre lo Striggio sarà informato dell’attività svolta dal Monteverdi a Parma, che non mancherà di complimentarsi per l’avvenuta creazione a Marchese del letterato.
«Qui in Parma si provano le musiche da me composte in pressa (credendo queste Ser.me Altezze che loro Ser.m si havessero a fare di gran lunga un pezzo prima di quello si tiene anderanno) et tali prove si fanno per trovarsi in Parma cantori Romani et sonatori Piacentini et altri che havendo visto queste Ser.me Altezze come rieschino per li lori bisogni et la riuscita che fanno et la sicura speranza al occasione in brevi giorni si metteranno al ordine si tiene che tutti se ne anderemo alle case nostre, sino al sicuro aviso del effetto qual si dice potrebbe essere a questo maggio et altri tengono a questo settembre saranno due bellissime feste l’una tutta comedia recitata con gli intermedi apparenti in musica et non vi è intermedio che non sii longo almeno tre cento versi et tutti variati d’effetto le parole le quali le ha fatte il Sig. ill.mo D. Ascanio Pii Genero del Sig.r Marchese Entio Cavaglier dignissimo et virtuosissimo: l’altra sarà un Torneo nel quale interverranno quattro squadriglie di Cavaglieri, et il mantenitore sarà il Ser.mo stesso.
Le parole di esso Torneo le ha fatte il Sig.r Aquilini, et sono più di mille versi, belli si per il torneo, ma per musica assai lontane, mi hanno datto estremo da fare; hora si provano le dette musiche d’esso torneo; et dove non ho potuto trovar variationi nelli effetti ho cercato di cariare nel modo di concertarle et spero che piaceranno.
Da Parma gli 4 febraio 1628
di V. S. Ill.ma
Serv.re Obbl.mo per sempre
Claudio Monteverdi».
La documentazione pervenuta non narra della retribuzione ricevuta dalla Corte farnese, certamente più generosa di quella dei Gonzaga, piuttosto imprecisa nei pagamenti. Le esecuzioni furono accolte con viva soddisfazione dal Duca Odoardo, che, nel 1641, incarcherà il Monteverdi di musicare il balletto Vittoria d’amore, eseguito in occasione della nascita del suo terzogenito, Ottavio.