Giuseppe Parini librettista

L’abate Giuseppe Parini fu l’autore dell’ode La musica ed In morte di Antonio Sacchini, oltre a varie poesie in onore di cantanti celebri, mentre il lavoro più importante fu l’Ascanio in Alba, «festa teatrale da rappresentarsi in musica per le nozze di Ferdinando Arciduca d’Austria e delle serenissima Arciduchessa Maria Beatrice d’Este, principessa di Modena».

Molteplici furono le manifestazioni in onore del figlio dell’imperatrice, Maria Teresa, e della Principessa estense, che si tennero nella metropoli lombarda; il Metastasio risolse nella composizione di un dramma, Ruggero ovvero l’eroica gratitudine, musicato dall’Hasse, mentre la festa teatrale pariniana fu affidata ad un giovane quindicenne: Wolfgang Amadeus Mozart.

Leopold, che accompagnava il figlio a Milano, più volte sollecitò il letterato, perché inviasse il testo, che finalmente arrivò nelle mani del giovane musicista il 31 agosto ed in un solo mese fu posto in musica.

Venere (in cui è personificata l’imperatrice Maria Teresa) scende dal carro nel luogo, ove sorgerà la città di Alba, accompagnata dal figlio Ascanio (Ferdinando Arciduca d’Austria)– il cui padre è Enea -, che dovrà sposare una fanciulla del luogo, Silvia (Maria Beatrice d’Este).

Al termine dell’Ouverture in re maggiore, composta dall’autore prima che ricevesse il libretto, la scena si apre con Venere ed il suo corteo, cui è dedicato un inno, che presenta delle parole particolarmente allusive nei riguardi dell’imperatrice:

Se gode un popolo

più dolce imperio

del tuo favore,

cercar non sa:

con fren sì placido

reggi ogni core,

che più non bramasi,

la libertà.

Venere mostra ad Ascanio le spiagge visitate con il marito Enea, annunciandogli ufficialmente che, con la sua promessa sposa, Silvia, regnerà, poiché quattro anni prima, Amore le apparì in sogno sotto le sembianze del futuro marito, facendola innamorare. Ascanio vorrebbe conoscere la bella Silvia, ma Venere gli proibisce di mostrarsi, al fine di valutare l’effettivo amore e l’esercizio della virtù da parte della bella e probabile futura regina.

Rimasto solo, Ascanio si lamenta per il sacrificio impostogli:

Cara, lontana ancora

la tua virtù m’accese,

al tuo bel nome allora

appresi a sospirar.

Invan ti celi, o cara:

Quella virtù sì rara

nella modestia istessa

più luminosa appar.

Giungono dei pastori del luogo, che precedono la venuta di Silvia, cosicché Ascanio si finge straniero e chiede al gruppo campestre di unirsi; Fauno gli risponde, interpretando il volere di Venere:

[…] que’ beni

che Natura ne diè, cura, difende

gli addolcisce, gli aumenta. In questi campi

semina l’agio e seco

l’alma fecondità. Ne le capanne

guida l’industria e in libertà modesta

la trattien, la fomenta. Il suo favore

è la nostra rugiada e i lumi suoi

pari all’occhio del sol sono per noi.

Segue, quindi, l’aria, Se il labbro più non dice.

Silvia finalmente giunge, accompagnata dal Gran Sacerdote, Aceste, di cui Fauno declama la virtù e la bellezza, cui risponde un Coro di pastori:

Hai di Diana il core,

di Pallade la mente.

Sei dell’Erculea prole

saggia donzella, il fior.

Aceste annuncia ai pastori:

dell’indigete Enea

la sospirata prole

vostra sarà pria che tramonti il sole.

predicendo:

qui novella città sorger vedrete

de la Diva e del Figlio opra sublime,

e nell’aria, Per la gioia in questo seno, annuncia le imminenti nozze tra Ascanio e Silvia, la quale confessa al Gran Sacerdote di essere innamorata di un altro uomo:

d’un altro amore

sento la fiamma in petto

e l’innocente affetto

solo a regnar non è.

nel narrargli l’apparizione di un giovane (Amore), per cui s’accese la fiamma, che ora le divampa in seno, poiché

da un lato Ascanio

la cui sembianza ignota,

ma la virtù m’è nota,

meraviglia e rispetto al cor m’ispira:

dall’altro poi l’immaginato oggetto

tenerezza ed amor mi desta in petto.

Aceste allora, vedendo il turbamento, di cui è preda la bella, svela il mistero, che accende òa gioia nel cuore di Silvia (Come è felice stato). Ascanio, constatata l’assoluta purezza di cuore della promessa, chiede alla madre, Venere, di scioglierlo da quel terribile laccio, significando il suo amore per Silvia (Ah di sì nobil alma). Venere trattiene il figlio, per condurlo a sé su un colle, dove vedrà il suo radioso futuro di re e di amante. Quindi, nell’aria Al chiaror di quei rai, miracolosamente la città di Alba inizia a prender forma.

La seconda parte si apre con un’aria di Silvia (Spiega il desio le pene), in cui svela l’intero desiderio di conoscere il suo promesso, che, appena si rivela, ne riconosce il sembiante di Amore. I due giovani amanti esitano nello sciogliere in un abbraccio i loro sentimenti, sicché Silvia sviene, raccolta dalle braccia delle Ninfe, mentre Ascanio sfoga l’affanno:

Al mio ben mi veggio avanti,

del suo cor sento la pena

e la legge ancor mi frena.

Ah si rompa il crudo laccio,

abbastanza il cor soffrì!

Egli intende partire, fermato da Silvia:

ferma, aspetta, ove vai? Dove t’involi?

sfogando i suoi dolori

Infelici affetti miei,

sol per voi sospiro e peno

Ascanio si avvicina alla bella, che, ritenendolo Amore, gli confessa di essere promessa ad un altro (Ascanio, appunto), mentre il coro delle Pastorelle commenta:

Che strano evento

turba la vergine

in questo dì?

No, non lasciamola

dove sì rapida

corre così.

Ascanio, rimasto solo, pregusta le gioie di un amore così puro e sincero.

Nell’ultima scena, Aceste, in compagnia della teoria dei pastori tiene per mano Silvia, che la invita ad attendere il volere della Dea. Invocata la discesa di Venere, ella appare in mezzo alle nuvole, per unire i due giovani e vaticinare sulla città di Alba, che sorgerà potente e si coprirà di gloria, mentre Aceste esprime i migliori ringraziamenti da parte del popolo, e così la dea scompare.

Il libretto del Parini s’inserisce perfettamente nella forma metastasiano del dramma, composta da Recitativi, in cui mostra la potenza del verso ed Arie, maggiormente manierate. Rileviamo che le figure dei personaggi sono state efficacemente delineate e con acuta finezza di osservazione è stata condotta l’analisi psicologica dei sentimenti.

L’Ascanio in Alba fu rappresentato a Milano il 17 ottobre 1771 presso il Teatro Ducale (non essendo stato ancora costruito il Teatro alla Scala); esecutori furono il castrato fiorentino Giovanni Manzuoli (Ascanio), l’evirato Adamo Solzi (Fauno) ed il tenore Giuseppe Tibaldi (Aceste), Maria Girelli Aguilar (Silvia) ed infine Geltrude Falchini (Venere), i balletti furono coreografati da Giovanni Favier e le scene composte dai fratelli Galiari.

Dalle lettere di Leopold, dedurremmo che la Serenata avrebbe eclissato la precedente rappresentazione del Ruggero di Hasse, mentre il Parini commenta:

«Se la rappresentazione teatrale della sera precedente era riuscita magnifica e grandiosa, questa seconda incontrò pure il gradimento de’ Principi e del pubblico per la sua nobile e variata semplicità. I cori di geni, di pastori, di ninfe e i piccioli balletti ad essi obbligati che interrompevano di tanto in tanto il corso de’ Recitativi e delle Arie, formavano nello stesso tempo un continuo e vario legamento d’oggetti, atto a conciliare alla scena nobile vaghezza. La decorazione poi tutta e la pittura della scena specialmente molto adattate al soggetto ed al carattere pastorale del dramma davano, non meno delle altre cose, grazioso risalto alla rappresentazione».

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo:
search previous next tag category expand menu location phone mail time cart zoom edit close