«Anni affollati» di Giorgio Gaber

La canzone è tratta dal disco omonimo del 1981.

Anni affollati di idiomi, di idioti

di guerrieri e di pazzi, anni di esercizi.

Anni affollati di arroganza e di stucchevole bontà

di tentativi disperati

anni affollati di qualsiasi forma di incapacità.

Anni affollati, per fortuna siete già passati.

Ho fatto indigestione, la mia testa è piena

dall’Africa all’America al mio letto

non c’è rimasto niente che non so.

Io sono così pieno da neanche ricordare

il giorno in cui lasciai una donna

o in cui una donna mi lasciò.

Anni affollati, per fortuna siete già passati.

E quanti ne ho mangiati di domani e di destini

e poi gli spazi aperti, le donne solidali

erbe dopo i pasti, l’orgasmo a tutti i costi.

Con l’ARCI non si è soli, famiglia meneghina,

gli amici della Francia.

A scuola imparerò a ballare…

Mi vien da vomitare.

Anni affollati degli ultimi dieci anni

non riesco più a smaltirvi, c’è troppo poco oblio.

Anni affollati di gente che ha pensato a tutto

senza mai pensare a un Dio

anni di gente informata e noiosa

vi sbiadiranno gli anni che sbiadiscono ogni cosa.

Anni affollati di paure, ricatti, di impossibili guerre

anni affollati di mani sentenziose che maltrattano le chitarre.

Anni affollati di spunti divertenti

che il giorno dopo diventano idiozie

anni di terapie.

Anni affollati, per fortuna siete già passati.

Anni affollati, di disperati, senza dignità

di mendicanti un po’ arroganti e senza fisarmonica

di chi rovescia tutto e poi si arrende alla domenica.

La Cina è un po’ scaduta,

Chan Ching l’han condannata

ma forse lo dovevano fare.

Mi vien da vomitare.

Anni affollati degli ultimi dieci anni

non riesco più a smaltirvi, c’è troppo poco oblio.

Anni affollati di gente che ha pensato a tutto

senza mai pensare a un Dio.

Di troppe cose non so cosa farne

per me che avrei bisogno di poche immagini ma eterne.

Anni affollati.

Anni affollati.

Anni affollati, per fortuna siete già passati.

Anni affollati, per fortuna siete già passati.

E’ un uomo annoiato, che canta. Sta vivendo senza alcuna illusione i caotici anni Settanta, pieni di fantasia (anche troppa), di novità ad ogni costo, di speranza, che diedero luogo a neologismi, spesso partoriti da mente idiote.

In fondo, a tanta voglia di dimostrare di esser diversi, partecipi, empatici poi non corrispose un effettivo cambiamento nei rapporti umani. Ci si mostrava buoni, per nascondere l’arroganza di chi può; ci si mostrava buonisti, iniziatori del politicamente corretto, in base al quale nulla si può dire per ciò che è.

Anni affollati, per fortuna siete già passati.

Iniziarono proprio in quegli anni la necessità di essere sempre informati, esperti di tuttologia con la testa nel mondo, per sfamare la più innocente richiesta di conoscenza, frutto solo di apparenza.

In fondo, l’uomo non era affatto pronto ad un cambiamento così repentino e poi l’uomo comune, immerso nei problemi del reale, non poteva essere compreso da quella falsa rivoluzione, che mirava a porre in mostra solo chi dalla comunità poteva estraniarsi.

Anni affollati, per fortuna siete già passati.

Eppure la bulimia d’informazione politica sovrastò l’uomo, preso dalla nevrosi imperante, che descriveva mondi impossibili. Pensare il futuro, pensare al futuro, scaraventare l’uomo di oggi in un futuro possibile, in cui avrebbe trovato degli spazi aperti, dove poter parlare; delle donne solidali, colle quali dialogare inutilmente sulla società che mai sarebbe cambiata; si sarebbe ribadito il diritto a drogarsi: in fondo cos’è uno spinello?

E quante inutili proposte, perché avrebbero spostato l’attenzione dell’uomo su tutto ciò che stesse al di fuori, così non avrebbe pensato ai suoi guai, ubriacandosi nella danza di gruppo, vile esorcismo per scacciare via falsi demoni.

Mi vien da vomitare.

Ma in fondo, questi anni hanno avuto delle simpatiche radici molto tempo prima, cosicché di cose inutili se ne dicono da troppi anni e poi non c’è mai tempo, per svuotarsi del tutto e magari ricominciare a rimpinzarsi d’inutili distrazioni.

In tutti questi anni, la dimensione spirituale non è stata trattata; anzi, in fondo cosa si può fare con un Dio? Perché ridurre l’uomo ad una sostanza così volgare come laspiritualit? I tristi protagonisti di questi anni inutili spariranno nel lungo sbadiglio del tempo.

E son pochi ricordare quali conseguenze, di fronte a tanto nulla, si è trovato l’uomo, immerso nella paura, condannato a combattere inutili guerre. E la musica? Mamma mia, che frastuono, che rumore, anzi forse solo rumore: neanche un suono nella dolce silenzio della notte. Tutti i fenomeni, che hanno apparecchiato quegli anni, si sono dimostrati idioti; in fondo ciò che raccontavano non aveva alcun senso. Il trionfo della psicanalisi; tutti sul lettino ad affabulare, a riempire le stanze di parole.

Anni affollati, per fortuna siete già passati.

Alla fine, quanti disperati, che si attaccavano al nulla per sopravvivere. Mancando il pensiero, mancava l’intellettuale ed il falso intellettuale era alla fine un mendicante del pensiero, un saltimbanco della cultura, che non c’era nella sua testa se non vuota ipocrisia.

Mao Tse Tung che aveva conquistato orde di folli tramutati in folle, che veneravano in suoi pensierini falsamente ingenui era fuori gioco

Mi vien da vomitare.

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