«Ti bacio tutta quanta, furiosamente ti bevo tutta quanta». Lettera di Gabriele D’Annunzio a Barbara Leoni

«Sono stato a S. Vito. La mia commozione è tanta che non potrò raccontarti nulla stasera.

Ti parlerò, quando ti avrò vicina, tra una carezza e l’altra, sul medesimo guanciale. Ti racconterò mille cose delicate e appassionate che tu comprenderai, senza molte parole. E sogneremo un poco, confondendo le pulsazioni delle nostre vene.

Son partito stamani, all’alba.

Come ti dirò, anima dell’anima mia, come ti dirò il tumulto interiore che ha suscitato in me la vista del nostro mare, della nostra collina, del nostro cielo? Ho il cuore gonfio. Vorrei raccontarti tutto, non trascurare né pure le più minute particolarità, esprimere le più fuggevoli sensazioni, tutti i miei tremiti, tutti i miei palpiti, tutte le mie ansietà. Oh, io darei metà del sangue per venire a te stasera, per parlarti, per singhiozzare, per gridarti la mia passione e il mio dolore, per vederti impallidire di delizia e d’ambascia.

Era un mare tutto bianco, sotto un cielo velato. Tutto il fascino della primavera nascente pareva raccolto in quei luoghi. Un vapore di sogni, fluttuava sulle cose. Un tepore voluttuoso emanava dalla terra, come un respiro femminile.

Io camminavo per la viottola che i tuoi piedi hanno calcato; io posavo lo sguardo su le cose che i tuoi occhi hanno guardato. Inesprimibile sensazione – una tenerezza infinita, che si spandeva da me come un flutto, una specie di raccoglimento religioso, come in luoghi santificati dal passaggio di una persona divina.

Mi pareva ad ogni passo di ritrovarti. Mi pareva, ad ogni passo, di sentire penetrare da uno de’ tuoi fascini onnipossenti.

Un romore, una voce, un colore, un raggio, un profumo, una qualunque apparenza bastava a suscitare in me un’agitazione vasta e violenta co me una tempesta. Poi tutti i romori, tutte le voci, tutti i sussurri sono scomparsi nella grande parola del mare.

Il mare mi ha suggerito, ad uno ad uno, tutti i ricordi della nostra intimità. Il canto del mare non fu inseparabile dalla nostra vita, come il nostro sangue, come il nostro respiro? Ogni atto del nostro amore aveva quel soave e profondo accompagnamento.  E il mare ha raccontato, di nuovo, tutto all’anima mia. e io ho creduto di venir meno, di struggermi, di morir. Io non so esprimere la grande, quasi sovrumana poesia di quell’ora.

Addio, addio. Ti bacio tutta quanta, furiosamente ti bevo tutta quanta.

20 aprile 1890»

Ripercorrere da soli i luoghi, visitati con l’amata; quale dolcezze, tanta struggente malinconia, che riesce a strappare un sorriso timido, appena accennato. Lei non è con me. Allora, il Poeta raccoglie tutte le emozioni vissute, per custodirle in un angolo tranquillo della sua memoria, onde presentarle come un originale regalo alla sua Lei. Tra una carezza e l’altra, parlando a pochi attimi dalla labbra di lei, le teste appoggiate sul medesimo cuscino; sussurrare, bisbigliare, ben scandendo il sentimento dell’amore. Ella capirà, perché gli amanti non comunicano attraverso le parole. Così, dopo tanto parlare nel silenzio; il sogno invade le menti fondendole, unendole.

Con quali parole poter esprimere quel nodo terribile allo stomaco, che sembra attorcigliarsi su se stesso, quando gli occhi sono invasi da tanta bellezza unita allo splendore della donna amata? Ancora quei luoghi, testimonianza di un amore, che sembra non abbia mai fine. Il desiderio è la condivisione, per testimoniare quanto grande sia l’amore, che si prova per l’altra; per offrirle un estremo olocausto di se stessi.

Quanto sarebbe bello, se fosse possibile ora, in questo momento vederci: il viaggio più bello della vita, andare da lei, dalla sua lei. Quando egli si mostrerà così pieno di passione, ella potrà solo impallidire di gioia, di felicità e nello stesso momento rimaner sgomentata davanti a tanta dimostrazione d’ineffabile, dolce desiderio.

Il cielo mostrava un velo leggero, sopra un imbiancato mare; i colori tenui, dolci della nascente primavera e tutta la natura sembrava, a poco a poco, risvegliarsi al ritorno di Persefone dall’Ade.

Rintracciare i suoi passi, come alla ricerca delle sue orme; guardare laddove ella aveva posato lo sguardo, perché quel luogo era così diventato parte di lei. tutto ciò rimane irraccontabile all’uomo, che lo vive dilaniato nell’anima: i ricordi a volte sono belve ruggenti. Eppure, tutto ciò si sposava col risveglio, portato da Persefone, ed ogni luogo spirava tenerezza, che si manifestava attraverso un’onda di profumi avvolgenti l’uomo.

La sensazione era di averla, presente, nel respiro dell’aria. Tutto si sarebbe trasformato in una forte agitazione, che si sarebbe placata alla vista del mare, il depositario di ogni segreto e palpito degli amanti. Il mare quale confidente suggeritore di ricordi e passioni, che furono con esso condivise. Ed in una stanza, la gioia dell’amplesso, il trionfo dell’unione della carne; ed il mare quale unico testimone benedicente quel sacro atto.

Tutto sarebbe trasumanato, oltre l’umano, oltre il divino.

Ti bacio tutta quanta, furiosamente ti bevo tutta quanta.

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