«Dove sei? Senti il mio amore che veglia e che chiama?». Lettera di Gabriele D’Annunzio a Natalia De Goloubeff

«Dall’ora in cui posi i miei suggelli su le tue mani, su tuoi piedi, su i tuoi ginocchi, mi sembra di aver perduta la metà del mio cuore, la metà dell’anima mia. La bellezza infiammata della mia vita s’è spenta a un tratto. Sono qui malato di te, nella casa lugubre dove ancora si sveglia a quando a quando il tuo odore meraviglioso dandomi un gran sussulto di voluttà e di strazio. Mi sentivo soffocare, dianzi. Sono uscito solo, in automobile, a traverso la notte.

Hai tu guardata la notte nel tuo viaggio? Qui è d’una purità sublime, sul culmine dei cipressi.

Ho attraversata la città. Son passato pel lungarno, sotto i balconi dell’albergo. E non riescivo a domare il tremito del cuore.

Ah, amica mia, amica mia, come potrò vivere? Tutte le cose più dolci hanno artigli terribili per lacerarmi. Dianzi ho toccato le violette morte – quella della mano di Perseo -; e mi sembrava che i miei polsi non battessero più.

Dove sei? Dormi nell’orrendo rumore del treno? Pensi al tuo amico? Agonizzi anche tu? Senti il mio amore che veglia e che chiama?

Torna, torna a me, Donatella

12 novembre 1908»

Nel marzo del 1908, Gabriele D’Annunzio conobbe a Roma la signora Natalia «Donatella» De Golubeff, cantante lirica, nipote del medico dello zar Alessandro III, in occasione della rappresentazione de «La nave». Nacque presto una forte passione, nonostante la donna fosse sposa e madre di due figli e la grande differenza d’età: ventisei lei, quarantacinque lui. La relazione finirà nel 1915.

Lo Scrittore si trova a Settignano, alla Capponcina; Egli ricorda gli atti vissuti, che hanno donato emozioni agli amanti, soprattutto quando le mani posero i sigilli su alcune parti del corpo della giovane amata. Metà del cuore, dell’anima sembra disperso e forse ritrovato nel ricordo di Donatella, il quale avrebbe improvvisamente spento la vita del Poeta. S’immagina malato, in una casa triste, dove raramente sente nell’aria ancora il profumo del corpo femminile, gli odori seguenti all’amplesso, gli odori che porta l’amplesso.

La solitudine ha spinto Gabriele a mettersi alla guida della sua automobile, viaggiando di notte in una città forse deserta. Sotto i balconi di quell’albergo, dove fu consumato l’amplesso, è stata la meta del suo lungo giro, alla ricerca di emozioni appena trascorse. Il cuore ha sussultato e nulla può contro quei pensieri così soavi, ma provvisti di artigli, che graffiano la sua anima!

Il contatto con delle violette avrebbe provocato l’assenza del battito cardiaco; la magia della donna, ecco, forse spiegata.

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