Il 27 maggio 1592, Giordano Bruno fu tratto in arresto alle «3 ore di notte […] qual ho ritrovato in una casa in contrà de S. Samuel, nella quale habita il Clarissimo Ser Zuane Mocenigo; et l’ho carcerato nelle carceri del S. Offitio, e ciò ho essecuito di questo Santo Tribunale».
Fu quindi convocato l’editore Giambattista Ciotto, davanti al Tribunale dell’Inquisizione, il quale riconobbe «Jordano Bruni, Nolano; – descrivendolo – un uomo piccolo scarno, con un poco di barba nera, di età de circa 40 anni». S’incontrarono in Francoforte, dove entrambi alloggiavano presso il convento dei frati domenicani. Il Bruno si sarebbe presentato quale filosofo e si mostrò un grande lettore, infatti, quando risedette a Venezia, invitato dal Mocenigo, spesso ebbe a visitare la sua libreria.
Interrogato il Mocenigo, per confermare quanto affermato dal Ciotto, il conte dichiarò di aver invitato il Filosofo presso la sua famiglia, perché gl’insegnasse «li secreti della memoria et li altri che egli professa, come si vede in questo suo libro» (De monade, numero et misura).
L’Inquisitore chiese al Ciotti se conoscesse altri lavori del Bruno e questa fu la sua risposta: «Oltra il sudetto ho visto un altro libro intitolato «Li heroici furori» sotto il nome del detto Giordano stampato a Parisi; e un altro intitolato: «Dell’infinito universo et mondo», stampato in Inghilterra, come io credo».
L’interrogante chiese allora se fosse a conoscenza dell’interrogato di alcune pubbliche discussioni di filosofia del Bruno nelle città di Parigi ed in diversi luoghi della Germania; se il processando si dichiarò cattolico e vivesse da cristiano.
Il Ciotti confermò l’appartenenza alla religione cattolica del Bruno. Fu invece il Mocenigo a raccomandare all’editore, partente per Francoforte, di assicurarsi colà delle effettive capacità del Bruno e soprattutto «se è persona da potersi fidar di lui, e se attenderà a quel che lui mi ha promesso». Arrivato nella città tedesca, il Ciotti ottenne da diversi allievi del Bruno la conferma della sua «ben professione de memoria et d’haver altri secreti simili», ma, nello stesso tempo, di esser «tenuto per huomo che non habbi alcuna religione». Riferito, al suo ritorno in Venezia, il saputo al Mocenigo, seppe che sarebbe stato posto alla censura del S. Uffizio.
«Super generalibus recte et talis (est) annorum 29.
Et fuit sibi delatum iuramentum de silentio».
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Il 29 maggio 1592 fu interrogato Giacomo Bertano (Brictano) librario di Anversa, ma residente in Venezia.
Confermò di aver conosciuto Giordano Bruno a Francoforte, alloggiato presso i padri domenicani, dove si recò, al fine di conversare sulle opere scritte dal frate («laudate da molti»). quindi lo incontrò a Zurigo, in ultimo a Venezia, dove ebbe occasione di approfondire alcune tematiche care al Filosofo. Sia in Germania, che in Svizzera, il Bruno s’intrattenne in conversazioni con «dottori heretici perché in quella città sono heretici, parlando universalmente et in Surigo leggeva, per quanto lui mi disse, a certi dottori, non so che letioni, se fossero letioni di filosofia o d’altra scientia». Durante la permanenza a Padova, il Nolano intrattenne «certi scholari Todeschi – aggiungendo – non so manco che lezioni».
Interrogato sull’effettiva dimostrazione della sua cristianità, l’interrogato rispose di non poterlo affermare; ricordò di averne discusso col priore del convento dei carmelitani di Francoforte, il quale disse «che egli haveva bel ingegno, e delle littere, et era homo universale, ma che non haveva religione alcuna, per quanto lui credeva; soggiungendo, egli dice, che sa più che non sapevano gli Apostoli e che gli bastava l’animo de far se havesse voluto che tutto il mondo sarebbe stato de una religione».
L’Inquisitore chiese all’interrogato se fosse stato in grado d’indicare delle persone, che avrebbero potuto testimoniare sul Bruno.
Il Brictano rispose di non essere in grado d’indicare alcun testimone; dichiarò di conoscere il titolo di alcuni lavori del Filosofo, pur non avendoli mai letti. Da alcuni non dichiarati commentatori, disse che il Nolano scrisse «opere curiose, e di bell’ingegno». Avrebbe, in ultimo, consegnato al Tribunale tutte le opere in suo possesso, dono del Filosofo.
«Super generalibus recte, Etatis annorum 37; et fuit sibi
delatum iuramentum de silentio».