Il 3 giugno 1592 riprende l’interrogatorio.
L’interrogato ribadisce di aver frequentato le adunanze degli eretici, seguendone anche lo stile di vita, in aperta contraddizione con le regole cattoliche. Egli partecipò alla riunioni, perché attirato dalle curiosità e la scelta di vivere al di fuori delle regole non fu dettata da alcun disprezzo per gl’insegnamenti della Chiesa.
Ribadisce, ancora una volta che «Christo sia figliuol di Dio et nato della beata sempre Vergine et tutto il resto pertinente alla persona di esso Gieùu Christo non ho dubitato»; l’unico dubbio nutrito è sull’incarnazione, perché «la divinità natura infinita e la humanità finita, quella eterna et questa temporale, non mi pareva proportione tale che facesse sì fattamente un supposito che la humanità così fosse gionta alla divinità alla costitutione d’un soggetto com’è giunta l’anima humana col corpo proportionalmente et in somma dove se parla della Trinità eterna, et in una semplicità apprehensibile la detta humanità intendeva come una cosa adita di sorte che fosse come un quarto subsistente». Egli si rimette al giudizio della Chiesa, la quale «intendeva che la Divinità esistesse all’humanità di Christo».
Il comportamento degli Apostoli fu il maggior strumento di conversione presso i popoli rispetto a ciò «che si vede alli tempi presenti».
Ammette di aver studiato l’astrologia, al fine di verificarne l’autenticità, ma di non averne praticato l’uso.
L’interrogante torna, nuovamente, sui rapporti con gli eretici, chiedendo semmai abbia avuto modo di lodarli. Il Bruno risponde che «non li ho lodati come heretici, ma solamente per le virili morali che loro havevano, né li ho mai lodati come religiosi et pii».
Nel libro «De la causa, principio et uno», nominò Diva la regina d’Inghilterra «non per attributo di Religione, ma per un certo epiteto che li antichi ancora solevano dare a Principi et in Inghilterra, dove all’hora io mi ritrovava e composi quel libro».
Alla richiesta semmai avesse intrattenuto rapporti con Enrico III Re di Navarra, il Nolano risponde di non averlo mai «veduto e di lui occorendomene a parlar ho detto, che non lo tenevo per Calvinista, et heretico se non per necessità di regnare, che se non professasse l’heresia non haveria chi lo seguitasse, dicendo di più che speravo che ottenendo lui pacifico il regno di Francia haveria confirmati li hordini del Re passato, e io haveria avuto da lui quelli favori, che io haveva havuti dal Re passato, circa le lettioni publiche».
Sempre col Re, il Bruno avrebbe riferito che anche la religione cristiana avrebbe necessitato delle giuste riforme, perché caduta in eresia presso Dio. Il Frate nega tale accusa; poi confessa di voler abbandonare tutte le possibili eresie abbracciate «et ne sono pentito d’haver fatto, tenuto, detto, creduto o dubitato di cosa che non fosse catholica et prego questo sacro tribunale, che conoscendo le mie infermità vogli abbracciarmi nel grembo di S. Chiesa provedendomi de’ rimedii opportuni alla mia salute, usandomi misericordia».
Il Tribunale chiede ancora se in passato le teorie del Bruno sono state oggetto di processi e quale sia stata l’eventuale conclusione. Il Bruno dichiara di aver «deposto l’abito» nel 1576 e che fu sottoposto ad un processo da parte del Provinciale, di cui non furono specificate le accuse. Sebbene ricordi un particolare della sua vita sacerdotale, quando, stando in comunione con altri confratelli, affermò che gli eretici, pur essendo fuori la Chiesa, «dichiaravano però la loro intentione comodamente e come facevano li Padri antichi della Santa Chiesa, dando l’esempio della forma dell’heresie d’Ario che gli scolastici dicono che intendeva la generatione del figlio per atto di natura, e nondi volontà, il che medesimo si può dire con termini altroche scolastici riferiti da S. Agostino, cioè che non è di medesima substantia il figliuolo et il Padre e che procedacome le creature dalla volontà sua onde bastarono quelli Padri con dire che io difendeva li heretici e che voleva che fossero dotti, altro non so, ne mi posso imaginar che sia stato processato».
Quibus habitis cum hora esset tarda fuit remissus ad
locum suum, animo etc. cum monitione etc.