Il 30 giugno 1592, il Tribunale dell’Inquisizione veneziana interrogò nuovamente Giordano Bruno.
Il Giudice ribadì che a causa della manifesta apostasia nelle opere e nei fatti, l’interrogato dovesse «espurgare la vostra conscientia». Il Bruno rispose che di non aver «data mediocre sospitione de heresia» e di aver provato «rimorso nella conscientia e intentione di riformarmi, benché cercava col più facile modo e sicuro di effettuar questo riffuggendo ancora di ritornare alla strettura dell’obedienza regolare e circa questi tempi io metteva in ordine alcune cose per farmi grato a Sua Santità, onde potesse impetrare di vivere più liberamente, che se potesse in stato catholico et religioso, di sorte che per le cose allegate et altre che si potrebbero conoscere tegno per fermo che non si discoprirà dispregio della Religione Catholica più tosto che timor del rigore del S. Offizio e amore de libertà».
Il Giudice insistette nel constatare come il Bruno, nonostante la manifesta volontà di ritornare in seno alla Chiesa, non abbia poi agito conseguentemente, poiché «non havete pensato di trattare con alcun prelato […] e tanto più che venuto in Venezia non solo non havete scoperto simil dispositione, ma insegnato ancora dogmi e dottrine false et heretiche».
Il Bruno ribatté di averne discusso con «Monsignor Vescovo di Bergamo Nuntio in Francia, al qual fui introdotto da Don Bernardin Mendoza Ambasciator Catholico conosciuto da me nella corte d’Inghilterra e non solamente ragionai con Monsignor Nuntio del caso mio ma soggiungo hora che l’ho pregato e ricercato instantemente che ne scrivesse a Roma a sua Beatitudine e impetrarmi gratia, che fosse ricevuto nel grembo della Chiesa Catholica e che non fosse astretto a ritornar nella Religione e vivendo all’hora Sisto V, il nuntio diffidava ottenere questa gratia e non volse scrivere offerendose però che volendo io tornar nella Religione haveria scritto, e aiutatomie poi m’indiriciò ad un padre gesuita che mi son ricordato che ha nome il Padre Alons Spagnuolo il quale vivendo ve ne potrà far fede e con esso trattare il caso mio e lui mi ressolse che era necessario che la procurasse l’assolutione dalle censure del Papa e che non si poteva far di meno che io non tornasse nella religione e fui ancora avertito da lui che essendo scommunicato non potevo assister alli divini Offitii, ma che potevo bene andar a udir le prediche e dir le mie Orationi in Chiesa».
Ribadì che a Venezia non insegnò nulla che fosse in contrasto con gl’insegnamenti di Santa Romana Chiesa, limitandosi a delle proposizioni filosofiche, biasimando «quanto è occorso raggionare di Germania e d’Inghilterra», biasimando lo stato irreligioso di quei popoli, così come fu confermato da alcuni scritti. Fu suo personale desiderio scrivere un libro sulle Sette arti, per dedicarlo al Papa regnante, Clemente VIII, per «gratificarmi e operar che con qualche modo straordinario fosse ricevuto nel grembio di S. Chiesa in modo che potesse ancor viver nel secolo religiosamente extra claustra, acciò ritornando tra Regolari nella mia Provincia, non mi fosse rinfacciato che io fossi stato Apostata e così disprezzato tra tutti».
Il Giudice chiese al Bruno d’essere certo che non vi fossero testimoni in Venezia dei suoi insegnamenti a carattere ereticale e non filosofico?
Il Bruno confermò che l’unico accusatore fosse «il Sig. Zuane Mocenigo figlio del Claris.o mes.r Antonio».
Allora il Tribunale chiese in quali luoghi e con chi – soprattutto – il Bruno avesse «trattato della professione di lettere»
Il Bruno ammise di aver «ragionato di lettere nell’Accademia che si fa in casa del Claris.o Sig.r Andrea Morosini, che credo stia a S. Luca sopra Canal Grande nel qual convenivano molti gentiluomini e litterati, e ho ragionato ancora ad alcune librarie, ma non ho conosciuto le persone particolari, perché non ho conosciuto chi fossero».
Il Giudice invitò allora il Bruno a ricordare con maggior precisione gli eventi, poiché «di molti anni siete stato Apostata sottoposto a censure e pratticato per lochi di eretici, onde facilmente potresteesser Reo in altri articoli e ationi oltra quelli espressi nelli altri vostri constituti, però disponetevi a farlo per espugnar debitamente la vostra conscienza».
Il Bruno ammise che probabilmente abbia «errato e deviato dalla S. Chiesa in altre maniere di quelle che ho esposto e che me trovi ancora illaqueato in altre censure, ma se bene io et ho pensato molto sopra non però le riconosco, ho confessato e confesso hora li errori miei prontamente, e son qui nelle mani delle Signorie Vostre Illustrissime per ricever rimedio alla mia salute del pentimento de’ miei misfatti, non potrei dir tanto quanto è, né esprimere efficacemente come desiderarei l’animo mio.
Postquam genuflexus dixit — Domando humilmente perdono al Sig. Iddio e alle Signorie Vostre IIlus.me di tutti li errori da me commessi e son qui pronto per eseguire quanto dalla loro prudentia sarà deliberato e si giudicherà espediente all’anima mia. E di più supplico che mi diano, più tosto castigo che ecceda più tosto nella gravità del castigo che in far dimostrazione tale publicamente dalla quale potesse ridondare alcun disonore al sacro abito della religione che ho portato e se dalla misericordia d’Iddio e delle vostre Sig. IIlus.me mi sarà concessa la vita, prometto far riforma notabiledella mia vita, che ricompensino il scandalo cheho dato con altro et tanta edificatione».
Tunc Sanctum Tribunal acceptatis et mandavi ipsum reponi ad locum suum animo
Relectum confirmavit