Gabriele D’Annunzio e l’amore per il mare

Gabriele D’Annunzio terminò i suoi studi presso il collegio Cicognini di Prato nel 1881; quindi si trasferì a Roma, quando giunse la notizia della sua improvvisa scomparsa a causa di una caduta da cavallo. Il giornalista, Salvo Fleres, scrisse l’elogio funebre sul Capitan Fracassa, rilevando la preziosa scomparsa di una sicura speranza dell’arte italiana. D’Annunzio inviò una lettera al Fleres, smentendo la clamorosa notizia e presentandosi, qualche tempo dopo, presso la redazione del giornale, autentico cenacolo della nuova letteratura nazionale.

Cesare Pascarella (1858 – 1940)
Giosuè Carducci (1835 – 1907)

La sede si trovava in Via del Corso: quattro stanze in tutto, divise tra la redazione e l’amministrazione e la famosa sala gialla, dove sostavano gl’intellettuali in attesa di esser ricevuti. Il bohèmien Cesare Pascarella, versato nella pittura, era entrato nel mondo della letteratura, dopo aver partecipato ad uno spettacolo per beneficenza presso il Teatro Costanzi di Roma a favore delle vittime del terremoto di Casamicciola del 1883. Si dilettava nel comporre dei sonetti in dialetto romanesco, quando gli fu chiesto di recitarne alcuni. All’immediato diniego del poeta, seguì poi la conversione, in nome della solidarietà, e così si presentò al pubblico. I suoi versi colpirono per la bellezza, il fine umorismo e così fu aggregato al Capitan Fracassa coll’incarico di pubblicare nel numero della domenica le sue composizioni, che furono accolti dalla benevolenza dei lettori e suscitarono le lodi di Giosuè Carducci. Cesare Pascarella si unì così al feroce critico teatrale Edoardo Scarfoglio ed Angelo Sommaruga, con mire anche di editore, formando un trio di eccezionale qualità.

Edoardo Scarfoglio (1860 – 1917)

Gabriele D’Annunzio fu introdotto nella famosa sala gialla da Carmelo Errico, autore del Convolvoli, e presentato al direttore, Gennaro Minervini, al quale il Poeta ricordò la triste avventura dell’elogio funebre.

In breve, Gabriele si unì al famoso trio ed incontrò alcuni amici di vecchia data, come lo Scarfoglio ed altri abruzzesi quali Francesco Paolo Tosti e Francesco Paolo Michetti. Iniziò a collaborare guadagnando poche lire; la Cronaca bizantina di Angelo Sommaruga, il Fracassa, la Ca’ d’oro furono i quotidiani, attraverso i quali si diffuse ampiamente la fama di Gabriele. Le novelle della Terra vergine e le poesie del Canto novo nacquero nella redazione dei giornali.

Nel 1882, Edoardo Scarfoglio, in compagnia di D’Annunzio e di Cesare Pascarella, compì un viaggio in Sardegna, che recensì sulle pagine del Fracassa.

«Eravamo in due, ed ora siamo in tre. Ed ecco come andò la cosa. D’Annunzio venne ad accompagnarci alla stazione col suo eterno bastoncino di loto in mano. Per via, nessuna speranza di persuaderlo. Pascarella lo veniva arringando con la sua eloquenza trottorellante per indurlo ad accompagnarci. Ma l’argomento che lo vinse fu scovato da lui stesso: “Stanotte è la prima notte di maggio e siamo quasi nel plenilunio: il mare deve essere meraviglioso”. La spedizione possedeva in tutto un cappotto e il piccolo scialle di Pascarella. D’Annunzio, colto alla sprovvista, era partito come si trovava, senza nemmeno un camice di ricambio».

La cronaca del viaggio si rivelò interessante per le tante corrispondenze inviate,soprattutto dallo Scarfoglio al Fracassa.

Gabriele si sentì felicemente ispirato ed ebbe a scrivere La spendula (la cascata in lingua sarda)

Dense di celidonie e di spineti

le rocce mi si drizzano davanti

come uno strano popolo d’atleti

pietrificato per virtù d’incanti.

Sotto fremono al vento ampi mirteti

selvaggi e gli oleandri fluttuanti,

verde plebe di nani; giù pei greti

van l’acque della Spendula croscianti.

Sopra, il ciel grigio, eguale. A l’umidore

della pioggia un acredine di effluvi

aspra esalano i timi e le mortelle.

Ne la conca verdissima il pastore

come fauno di bronzo, su ‘l calcare,

guarda immobile, avvolto in una pelle.

Al ritorno, Gabriele trovò la prima edizione del Canto novo, le cui bozze aveva corretto in Sardegna, esaurita. Un anno prima della pubblicazione, Gabriele scriveva al padre:

«Roma 1 Aprile ‘82

Mio caro, caro babbo

Ti scrissi ieri sera a lungo, ma ti riscrivo oggi per augurarti con gran cuore di figliuolo felicità più splendida e più lunga ch’io abbia mai sognata per te.

Quello di domani sarà per me un giorno di raccoglimento e di pensiero. Ti rammenti quando ero bimbo e venivo la prima mattina in camera tua tutto scintillante di gioia e ti portavo i fiori? Allora ero un fiore anch’io crescente al sole degli affetti familiari e nessuna ombra di nube turbava mai la mia lietezza, e nessun desiderio vivo mi tormentava l’anima.

Ora non più fiore, ma quasi uomo, con forti nervi, con passioni ardenti, con ideali disperatamente agognati; ora non più fiore, ma quercia giovine e libera e con audacia sfidante i venti aspri della vita.

Arriverò alle ultime vette dell’arte e della Gloria? O cadrò combattendo a mezzo del sentiero?

Io mi auguro un’immensa superba vittoria, io mi auguro di porgerti la fronte raggiante a un bacio sublime.

E augurandomi questo, io so di fare anche a te, o mio buono, o mio nobile, o mio più caro amico, so di fare anche a te un augurio divino.

Centomila baci con tutta l’anima

Tuo tuo sempre

Gabriele»

E la vittoria arrivò con Canto novo, che divenne il canto di tutta la gioventù italiana.

In un Taccuino del 1881 – 82, Gabriele annotò delle impressioni, che avrebbe riversato nel Canto novo ed in Terra vergine:

«L’acqua corrente tra i pioppeti dilaga, acqueta le ire, poi seguita il viaggio tra i cespugli di celidonia gialla e d’ortiche. Si specchiamo i pioppeti nell’acqua, il rivo ha freschissimi murmuri; scendo un bove grigio a bere. A fronte di queste ombre fatate s’ergono d’intorno le rocce aridissime, bruciate dal sole, prendendo stupendi riflessi dorati e d’argento. Ciuffi di menta odorosa sulle rive. Un coro lontano: è il meriggio. E il rivo passa con murmuri freschi suadendo i sonni pagani. Sopra, l’azzurro tenere limpidissimo».

«La Pescara dappresso è un nembo di spume… dilaga precipitando da piccole rocce muscose. I pioppi d’intorno stan come giganti verdi sognanti al murmure soave. Volan le carolaie candide di tra le foglie – s’alzano altri gruppi di ortiche coi fiori rosso violetti. Mancan le Najdi ne’ voli azzurri. Che splendidi sogni! Che freschezza lucente di fogliami!»

«Che nembo di spume meraviglioso. Dà le vertigini! Lanciarsi là e sparire! Le rocce traforate dall’acqua si ergono. Sale polvere acquosa a rinfrescare il viso. Valanghe valanghe di spuma».

«Questo delirio si sole, di spume, di viti fiorenti, d’aridità disperate!

Filoni, arterie immani, valanghe d’argento sui monti bruciati. Dall’altra parte squarci di velluto biondo – rovine di pagode – si caccia l’acqua sotto l’erbe inaridite – palpitano l’erba come il ventre d’un gigante sommerso. Si divide l’acqua in cento cascatelle che traversano i giunchi, le ortiche, le fratte rosse, buca la roccia…sbuca per cento vie.

Selvaggia santissima Natura! Si rinfrangono l’acque sulle rocce spugnose, traforate, ricamate. Sale su al mio viso ardente una freschezza di pulviscolo acquoso che ricade a scintilla tra l’erbe, giuoca nell’aria come una miriade d’insetti d’argento. Tutte queste ire strapotenti quaggiù; lassù nel monte la calma superba e il giro silenzioso dei falchetti nell’aria. Che odore selvatico! I monti gialli, biondi, a strisce di velluto. La piccola valle gialla d’un giallo caldo

Di fronte altri monti biancastri arroventatissimi e la freschezza susurrante della Pescara che precipita via.

Boschetto di salici fresco; passa la Pescara tranquilla verde senza riflessi nel silenzio. Sopra guarda il castello diruto del monte giallastro baciato dal sole morente. Che pace, che verdura, che freschezza divina.

Passa placida l’acqua verde con un fruscio fra mezzo a le piante acquatiche che ondeggiano melissimamente e palpitano come vive. Lampi d’argento qua e là. Archi muscosi ricamati d’ellera; alti pioppi; dall’altra parte una linea violetta di colline. Io disteso sul tappeto morbido dell’erba sotto una cupola fresca di pioppi fra cui giuoca il sole meravigliosamente. Il cielo opaco di vapori bianchi. Le foglie dei salici nel sole sembrano s’argento. L’acqua smeraldina passa presso. Viene di fra i salci. Che follia, che gioia, che ebbrezza di verde! Ondeggiano l’erbe alte con un bisbiglio ampio. Solitudine verde, ove canta il vento ne la tua musa, o Teocrito, e sento volare sul vespro l’esametro tuo mollissimo greco. Il vento agita in ampia tempesta l’erbe. Che onda! E verde e verde e verde!».

(Popoli, 8 settembre, ore 5 ½ pomeridiane).

«Il fiume che passa – entra una barca rossa alla foce – dall’altra parte la riva col sale bianchi agitati dal vento – passa la barca veloce con rumore – un gabbiano biancastro aleggia sull’acqua».

«Stan su la riva sparsi i lini bianchi – in fondo alla foce la linea verde del mare sparso di punte rosse e gialle che sono paranze lontane e il rumore dei fiotti. Sole di ottobre calma, scirocco. Una gran barca s’affatica ad entrare – un nuvolo di gabbiani bianchi turbina nell’aria, si tuffa nell’acqua. Il fiume delirante di sole, e vengono vele; una innanzi rossa, arancione accesa al sole, un fuoco di colori, che sbatto sull’acqua azzurrina placidissima del fiume – placide le barche – una gialla e rossa – un’altra rossa a zone nere – sembrano di velluto – colori febbrili – E’ un incendio di sole – viene uno sciame di vele – cadono le vele ammainate – è una febbre, ho la febbre del colore, ho proprio la febbre – l’acqua incendia, s’arrabbia di riflessi, il foco rossissimo. E’ una disperazione!

Paiono zone di sangue, paiono cetacei dalle umani ferite che versino sangue ei fiumi. Splendido! Splendido! Dal Gran Sasso vengono torrenti interminati di luce abbaglianti. E le vele vengono ancora innanzi. Siamo in Oriente!

Che sintonia, che gridi, che squilli, che tuoni di colore! Tra il verde caldo, autunnale delle rive. C’è il rosso bruno; le vele si afflosciano e si chiudono come ali stanche, ondeggiano, si aggrinzano.

E’ proprio uno stormo, in ordine lungo feroci, taglienti sopra il cielo chiaro di perla opale».

D’Annunzio viveva impregnato in quell’azzurro di cielo e di mare, di cui sarebbe stato impregnato il Canto novo di un’anima tutta vibrante di giovinezza.

O Mare, o gloria, forza d’Italia,

alfin da’ liberi tuoi flutti a l’aure

come un acciar temprata

la Giovinezza sfolgori1!

Egli affidava al mare i suoi amori ed i suoi sogni

A ’l mare, a ’l mare, Lalla, a ’l mio libero

tristo fragrante verde Adriatico,

a ’l mar de’ poeti, a ’l presente

dio che mi tempra nervi e canzoni2!

.

(1) GABRIELE D’ANNUNZIO. Canto novo. Canto del sole

(2) Op. cit.; Libro secondo, I 44

.

Sulla vita di Gabriele D’Annunzio

L’eroe di guerra

https://ale0310.blogspot.com/2021/06/gabriele-dannunzio-eroe-di-guerra.html

L’Impresa di Fiume

https://ale0310.blogspot.com/2021/06/gabriele-dannunzio-limpresa-di-fiume.html

La fine dell’Impresa di Fiume

https://ale0310.blogspot.com/2021/07/gabriele-dannunzio-la-fine-della.html

Tra Sinistra e Destra

https://ale0310.blogspot.com/2021/08/gabriele-dannunzio-tra-sinistra-e-destra.html

Gabriele D’Annunzio e la Marcia su Roma

https://ale0310.blogspot.com/2021/08/gabriele-dannunzio-la-marcia-su-roma.html

La fine dell’impegno politico

https://ale0310.blogspot.com/2021/09/gabriele-dannunzio-la-fine-dellimpegno.html

Il nume della patria

https://ale0310.blogspot.com/2021/09/gabriele-dannunzio-il-nume-della-patria.html

Il Vittoriale degli italiani

https://ale0310.blogspot.com/2021/09/gabriele-dannunzio-il-vittoriale-degli.html

Il declino

https://ale0310.blogspot.com/2021/10/gabriele-dannunzio-il-declino.html

L’ultima Crematilde

https://ale0310.blogspot.com/2021/10/gabriele-dannunzio-lultima-crematilde.html

Gabriele D’Annunzio: morte di un poeta

https://ale0310.blogspot.com/2021/11/gabriele-dannunzio-morte-di-un-poeta.html

.

La presa di Fiume nell’analisi della stampa dell’epoca

https://ale0310.blogspot.com/2021/07/la-presa-di-fiume-nellanalisi-della.html

«La Pisanelle» di Gabriele D’Annunzio nelle critiche dei giornali parigini dell’epoca

https://ale0310.blogspot.com/2021/06/la-pisanelle-di-gabriele-dannunzio.html

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