Dal Partito politico futurista ai Fasci di combattimento

Filippo Tommaso Marinetti (1876 – 1944)

Al termine della Grande Guerra, il Futurismo avrebbe desiderato ricercare una collocazione politica, che si attestasse su soluzioni pacifiste. Così nel febbraio del 1918, Filippo Tommaso Marinetti pubblicò il Manifesto del partito politico futurista, aperto a tutti quei cittadini, che avessero accettato i punti programmatici.

Il documento esprimeva il rinnovamento degli intenti delle fasce del combattentismo interventista, comprese fra i mussoliniani, i sindacalisti rivoluzionari, i Socialisti ed i Repubblicani di Sinistra, che avrebbero formato i Fasci di combattimento. Il neo partito avrebbe allargato al suffragio universale comprendente le donne, la socializzazione della terra con assegnazione ai reduci, la tassazione progressiva, l’abolizione del servizio di leva a proposito della professionalizzazione dell’esercito, la giustizia gratuita, libertà di sciopero e di stampa, limite di otto ore lavorative, contratti collettivi di lavoro, assistenza e previdenza sociali, introduzione del divorzio, «tecnicizzazione» del Parlamento coll’abolizione del Senato. Si sarebbero dovuti ridistribuire i seggi della Camera, per permettere la partecipazione di industriali, agricoltori, ingegneri e commercianti, avvocati e professori, abbassando il limite di età a 22 anni. A nostro avviso, l’abbassamento dell’età, per favorire una maggiore partecipazione dei giovani alla vita politica non sempre porta con sé inevitabili benefici. Si arguisce, comunque, la modernità e la giustezza di alcune scelte, che ritroviamo perfettamente integrate nel tessuto sociale contemporaneo.

Emilio Settimelli (1891 – 1954)
Mario Carli (1888 – 1935)

Al periodico Roma futurista, fondato da Marinetti, Mario Carli ed Emilio Settimelli, fu affidato il compito di trasmettere le nuove proposte.

«Roma futurista – scrisse Marinetti nel suo libro del 1924 Futurismo e Fascismonacque un anno prima dell’armistizio, cioè il 20 settembre 1918, e portava nel suo primo numero tre scritti importantissimi dei suoi tre direttori: Mario Carli, Marinetti, Settimelli», il quale, a sua volta commentò:

«Il Futurismo che fino ad oggi esplicò un programma specialmente artistico, si propone un’integrale azione politica per collaborare a risolvere gli urgenti problemi nazionali. Coloro che ci accusarono di squilibrio dovranno ricredersi. Il preconcetto di serietà pedantesca e quietista imposto alla vecchia Italia dai professori rammolliti, dai preti antitaliani e dagli affaristi giolittiani, cercò di svalutar la nostra genialità di giovani audaci e novatori. Ma la vera Italia non può rimanere e non rimarrà neppure parzialmente nelle loro mani incapaci. La guerra ha rivelato le vere forze italiane. Sono forze giovani, violente, antitradizionali e ultra italiane».

Secondo le intenzioni dei fondatori, il Partito doveva anche mostrare «una tendenza psicologica, una fusione di realtà e di sconfinamento, di praticità e di lirismo», al fine di creare un nuovo tipo d’italiano.

«Il Partito politico futurista che noi fondiamo e che organizzeremo dopo la guerra, sarà nettamente distinto dal movimento artistico futurista. Questo continuerà nella sua opera di svecchiamento e rafforzamento del genio creatore italiano. Potranno aderire al partito politico futurista tutti gl’Italiani, uomini e donne d’ogni classe e di ogni età. Questo programma politico segna la nascita del partito politico futurista invocato da tutti gl’Italiani, che si battono oggi per una più giovane Italia, liberata dal peso del passato».

Massimo Bontempelli (1878 – 1960)
Giuseppe Bottai (1895 – 1959)

Forte il numero delle adesioni: reduci della Guerra come Bottai, che avrebbe rivestito un ruolo importante nel regime fascista; lo scrittore Massimo Bontempelli, il quale auspicava di sostituire «la giovinezza alla vecchiaia nelle funzioni direttive», concetti che ritornano ciclicamente nell’agone politico, in nome di un cambiamento (chissà perché?) sempre positivo.

Benito Mussolini (1883 – 1945)

Nel dicembre del 1918, s’istituirono invece i Fasci politici futuristi, attivi e vitali rispetto alla macchina partitica soprattutto in alcune città del Nord Italia, che avrebbero costituito l’ossatura dei futuri Fasci di combattimento, fondati quattro messi più tardi da Benito Mussolini, in Piazza San Sepolcro.

Nel febbraio del 1919, si contavano già oltre venti Fasci futuristi concentrati nelle principali città italiane e presto gli Arditi, sotto la spinta propositiva del condirettore di Roma futurista, Mario Carli, sarebbero stati assunti, se non fossero stati precedentemente sciolti, perché accusati di provocare disordini sociali. L’iniziativa governativa ovviamente sarebbe stata poi aspramente criticata da Marinetti, che, sulle colonne del giornale, aveva appoggiato l’ingresso.

Il 30 settembre 1918, fu pubblicata un ulteriore approfondimento del progetto politico:

Volt (1888 – 1927)

«Sostituiremo il Parlamento con le rappresentanze dei sindacati agricolo – industriali ed operai. La rappresentanza sindacale sarà la base dello Stato tecnico futurista», senza specificare quale fosse detta rappresentanza ed in base a cosa sarebbe stata ritenuta tale. Il poeta futurista Volt provò a spiegare, diffondendo maggiori dubbi:

«Io credo non si debba tener conto del numero degl’iscritti al sindacato, ma dell’importanza della funzione economica che esso esercita nel Paese. Quali saranno i limiti posti all’esercizio del potere dell’assemblea eletta mediante la rappresentanza sindacale? La competenza dell’assemblea dovrà essere limitata alle questioni prevalentemente economiche, che sono del resto le più importanti in politica. Le questioni di famiglia, di politica estera dovranno esser risolte in parte mediante il referendum popolare diretto ed in parte attribuito alla competenza del potere esecutivo», con conseguente svuotamento del potere parlamentare.

L’anno 1919, vide il fiorire di una serie di periodici, fondati da alcuni appartenenti all’ormai sciolto movimento deli Arditi: il settimanale l’Ardito, edito dall’Associazione nazionale e condiretto da Ferruccio Vecchi e Mario Carli; I nemici d’Italia, pubblicò a Milano sotto la direzione di Armando Mazza; L’Assalto a Bologna, come voce dell’arditismo, diretto da Nanni Leone Castelli.

Gli Arditi rappresentarono così, nelle analisi di Marinetti, i futuristi politici, così come Mussolini trovò facili alleati ideologici nel sorgente movimento fascista.

Leonida Bissolati (1857 – 1920)

L’11 gennaio 1919, il futuro duce partecipò ad una serata futurista contro Leonida Bissolati, presso il Teatro alla Scala di Milano. Il successivo 23 marzo, Marinetti, in una riunione milanese a Piazza San Sepolcro, tenne un discorso davanti ad una folla di arditi e futuristi per la fondazione dei Fasci di combattimento.

Mussolini ripropose alcuni punti fondamentali del Partito futurista, quali l’abolizione del Senato, il suffragio universale, il sindacalismo nazionale, concludendo il suo intervento, in chiave futurista: «Noi conosciamo soltanto la dittatura della volontà e dell’intelligenza». Il comitato centrale, che fu eletto al termine dell’importante incontro per i destini d’Italia e del mondo, comprese anche la personalità di Marinetti e Ferruccio Vecchi. Il 1 aprile, il fondatore del futurismo e il futuro duce furono componenti della Commissione di lavoro nazionale per la propaganda e la stampa. Qualche giorno dopo, il 15 aprile, gruppi di futuristi, arditi e fascisti assaltarono la sede del quotidiano socialista Avanti, che non fu per nulla punita dall’intervento della forza pubblica. Ciò determinò il Proclama agl’Italiani ad opera di Vecchi e Marinetti:

«Nella giornata del 15 aprile avevamo assolutamente deciso, con Mussolini, di non fare alcuna controdimostrazione perché prevedevamo il conflitto e abbiamo orrore di versare sangue italiano. La nostra contro dimostrazione di formò, spontanea, per invincibile volontà popolare. Fummo costretti a reagire contro la provocazione premeditata dagl’imboscati. Col nostro intervento intendiamo di affermare il diritto assoluto dei quattro milioni di combattenti vittoriosi, che soli devono dirigere e dirigeranno ad ogni costo la nuova Italia».

Sempre nello stesso mese, Marinetti pubblicò Democrazia futurista per Facchi Editore, raccolta di articoli pubblicati da Roma futurista e che sarebbero stati ampiamente ripresi dal quotidiano l’Ardito, diretto dal Vecchi. Spiegò il fondatore del futurismo in un articolo:

«Vogliamo dunque creare una vera democrazia cosciente e audace che sia la valutazione e l’esaltazione del numero poiché avrà il maggior numero d’individui geniali. L’Italia rappresenta nel mondo una specie di minoranza genialissima tutta costituita d’individui superiori alla media umana per forza creatrice, innovatrice, improvvisatrice. Questa democrazia entrerà naturalmente in competizione con la maggioranza formata dalle altre Nazioni, per le quali il numero significa invece massa più o meno cieca, cioè democrazia incosciente.

Arturo Labriola definisce la democrazia come sentimento dei diritti concreti della massa sullo Stato e sull’economia; noi intendiamo la democrazia come massa d’individui geniali, divenuti perciò facilmente cosciente del suo diritto e naturalmente plasmatrice del suo divenire statale. La sua forza è fatta di questo diritto acquisito, moltiplicata dalla sua quantità valore, meno il peso delle cellule morte (tradizione), meno il peso delle cellule malate (incoscienti, analfabeti). La democrazia italiana è per noi un corpo mano che bisogna liberare, scatenare, alleggerire per accelerarne la velocità e centuplicarne il rendimento. La democrazia futurista è ormai pronta ad agire, poiché sente vibrare tutte le sue cellule vive».

Il 27 aprile 1919, ribadì Mario Carli su Roma futurista:

«Non è per l’ordine, non è in difesa dell’autorità costituita o della borghesia vile, non è in appoggo alla così detta benemerita che noi ci siamo battuti a Milano, e ci batteremo altrove, se se ne presenterà l’occasione. Ma è per un’idea, per un principio: è per l’idea di patria, è per il principio di progresso, che noi crediamo realizzabile con mezzi e con metodi opposti a quelli dei rivoluzionari russi».

Antonio Gramsci (1891 – 1937)

Al II° Congresso dell’Internazionale comunista, Antonio Gramsci difese i futuristi, considerandoli rivoluzionari; mentre Lenin commentava che «in Italia ci sono soltanto tre uomini che possono fare la rivoluzione: Mussolini, D’Annunzio e Marinetti».

Nel 1921, Gramsci tornava su Ordine nuovo a parlare di Marinetti e del movimento futurista:

«Distruggere in questo campo non ha lo stesso significato che nel campo economico…significa non aver paura delle vanità e delle audacie, non avere paura dei mostri, non credere che il mondo caschi se un operaio fa errori di grammatica, se una poesia zoppica, se un quadro assomiglia a un cartellone. I futuristi hanno svolto questo compito nel campo della cultura borghese, hanno avuto cioè una concezione nettamente rivoluzionaria. Quando i socialisti si sarebbero spaventati al pensiero che bisognava spezzare la macchina del potere borghese nello Stato e nella fabbrica, i futuristi, nel loro campo, nel campo della cultura, sono rivoluzionari: in questo campo, come opera creativa, è probabile che la classe operaia non riuscirà per molto tempo a far di più di quanto hanno fatto i futuristi!».

L’11 luglio del 1919, Marinetti, accompagnato da Ferruccio Vecchi, si recò a Montecitorio, prendendo posto nella tribuna. Alla fine dell’intervento del deputato socialista Lucci, gridò:

«A nome dei Fasci di combattimento, dei Futuristi, e del’intellettuali, protesto per la vostra politica e vi urlo: Abbasso Nitti! Morte al giolittismo! Dichiaro che non può sussistere il ministero dei sabotatori della vittoria, degli schiaffeggiatori degli ufficiali, un ministero che si difende coi carabinieri e coi poliziotti! Vergognatevi! La gioventù italiana, per bocca mia, vi urla: Fate schifo! Fate schifo!».

L’ospite fu quindi allontanato per mezzo dell’intervento dei carabinieri.

Gabriele D’Annunzio (1863 – 1938)

L’indomani ricevette un biglietto da Gabriele D’Annunzio:

«Mio caro Marinetti, bravo per il grido di ieri, coraggioso come ogni vostro atto. Vorrei vedervi. Se potete, venite. Il vostro Gabriele D’Annunzio».

Nel mese di settembre, anche gruppi di futuristi, parteciparono all’Impresa di Fiume; ed il mese successivo Marinetti partecipò a Firenze al Primo Congresso dei Fasci di combattimento, dove sarebbe intervenuto, dopo il discorso di Mussolini, ricordando ai presenti:

«Noi dobbiamo domandare, volere, imporre l’espulsione del papato, o meglio ancora, per usare un’espressione più precisa, lo svaticanamento».

Arturo Toscanini (1867 – 1955)

Nel mese di novembre, le elezioni generali videro il Blocco fascista composto, nelle prime tre posizioni, da Benito Mussolini, Filippo Tommaso Marinetti e Arturo Toscanini. Terminato lo spoglio elettorale, si verificarono degl’incidenti coi socialisti e così Marinetti, Vecchi e Mussolini furono arrestati coll’accusa di aver attentato alla sicurezzo dello Stato ed organizzazione di bande armate.

A Parigi, si organizzarono manifestazioni di solidarietà a cura di André Breton e Louis Aragon, direttori di Litterature, ed esponenti del dadaismo, che lentamente si stava muovendo verso il surrealismo.

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