Nel 1842, Giuseppe Verdi colse un clamoroso successo con Nabucco presso il Teatro alla Scala. Grazie alle opere, che sarebbero seguite, si ritagliò un ruolo da sicuro protagonista nel panorama operistico mondiale.
Nel 1844, il Maestro affrontò per la prima volta un lavoro di Victor Hugo, Ernani, soggetto che aveva attirato le attenzioni di Vincenzo Bellini, che, pochi mesi prima di morire, aveva incaricato Felice Romani di fornirgli il libretto.
Nel 1831, fu rappresentato a Parigi Ernani di Vincenzo Gabussi, mentre si annunciava lo stesso soggetto posto in musica da Alberto Mazzucato.
Gino Monaldi affermò che lo spirito rivoluzionario, che animava e accendeva la vita politica, intesa nel dramma dell’Hugo, aveva attirato il Bussetano, il quale non disdegnava le battaglie.
Per la composizione del libretto, fu incaricato Francesco Maria Piave, un giovane verseggiatore senza fuoco, ma, essendo dolce e duttile, si sarebbe responsabilmente posto (come fu) a servizio del Maestro. I problemi non mancarono, quando il libretto fu sottoposto al vaglio dell’occhiuta censura veneziana, la quale avrebbe desiderato tagliare la scena della congiura, una delle pagine più vive ed importanti dell’opera. La resistenza dei creatori fu così efficace che, alla fine, si mutò solo qualche verso e la scena fu salva.
La trama del libretto è piuttosto complessa, secondo l’ordine dei melodrammi dell’epoca.
Ci troviamo in Spagna, nel 1519. Ernani (don Giovanni d’Aragona), per vendicare l’uccisione del padre da parte dei reali spagnoli, si finge bandito, al fine di sollevare una rivolta contro il potere regale. Si reca presso il castello di Silva, grande di Spagna, per visitare la di lui nipote, l’innamorata Elvira, la quale è stata promessa allo zio. In precedenza, la giovane aveva respinto la corte del Re, il quale s’era presentato presso il maniero sotto mentite spoglie. Ernani entra nella stanza di Elvira, al fine di proteggerla dall’insistente corte del reale, il quale, riconosciutolo, lo invita a fuggire dal castello. Anche Silva si presenta, ma, alla vista del re, frena il suo furore, per omaggiare il sovrano. L’organizzazione della rivolta fallisce, così Ernani si presenta, travestito da pellegrino, alla fortezza, onde chiedere, ed ottenere, ospitalità. Silva annuncia le sue prossime nozze colla giovane Elvira; alla notizia, il bandito offre la sua testa come dono di nozze. Giunge al castello il Re, che era sulle orme di Ernani, nascosto per volontà del grande di Spagna. Silva conosce da Ernani che sua maestà è invaghito della futura moglie, allora i due uomini si uniscono, per vendicarsi. Al bandito, è consegnato un corno, se il grande di Spagna lo avesse suonato per tre volte, si sarebbe tolto la vita.
Nei sotterranei di Acquisgrana, il Re medita accanto al mausoleo di Carlo Magno, in attesa di conoscere l’esito del voto dei Grandi Elettori. Poco dopo giungono i congiurati, tra i quali la sorte designa Ernani assassino del sovrano. Il Re si salva dall’agguato e concede la grazia, benedicendo le nozze tra Ernani con Elvira. Silva medita l’estrema vendetta.
Mentre si prepara la festa nuziale, Ernani sente il corno suonare per tre volte: è il segnale convenuto, secondo il quale dovrà togliersi la vita. Prega inutilmente Silva di risparmiargli almeno la prima notte di nozze, quindi si toglie la vita, seguito dalla donna.
L’opera fu posta in scena da Verdi il 9 marzo 1844 presso il Teatro La Fenice di Venezia, dove riscosse un successo strepitoso, comunicato l’indomani dallo stesso Compositore alla nobildonna, Giuseppina Appiani, mentre la Gazzetta privilegiata di Venezia così commentò:
«La musica dell’opera ha fatto una così viva impressione che, fin da domenica, la gente, uscendo dal teatro, cantarellava già molti motivi di essa».
L’opera fu poi rappresentata a Vienna sotto la direzione di Gaetano Donizetti, al quale il Maestro inviò la seguente lettera:
«Mi fu grata sorpresa leggere la di lei lettera scritta a Pedroni in cui gentilmente mi offre di assistere alle prove del mio Ernani. Non esito punto ad accettare la cortese offerta con la massima riconoscenza, certo che alle mie note non può derivarne che utile grande, dal momento che Donizetti degna di prendersene pensiero. Posso così sperare che sarà interpretato lo spirito musicale di quella composizione. Pregola volersi occupare sì della direzione generale, come delle puntature che potranno abbisognare, specialmente nella parte di Ferretti (il protagonista). A Lei, signor cavaliere, non farò complimenti. Ella è nel picciol numero degli uomini che hanno davvero ingegno e non abbisognano di una lode individuale. Il favore che Ella mi comparte è troppo distinto perché possa dubitare della mia gratitudine.
Con la stima più profonda, dev.mo servo
G. Verdi»