Beato Angelico nacque forse nel 1395 e morì nel 1455.
Giorgio Vasari scrisse che «si fece valente pittore – essendo – allievo al principio di Gherardo dello Starnina, che fioriva ne’ tempi che questo venerabile uomo, ancor giovanetto e prima che Masaccio cominciasse a dipignere, anzi a vivere, si diede alla pittura; nella quale fece, quasi nella puerile età, e ne’ medesimi tempi dello Starnina, gran profitto».
Entrò nel Convento dei Padri predicatori di San Domenico in Fiesole in tenera età, «vestendo l’abito religioso nel 1417», dove iniziò la sua carriera di pittore.
Nel corso degli anni, studiò le opere di Masolino prima e di Masaccio poi, «ammorbidendo la sua maniera».
Nel 1432, fu incaricato dai Consoli dell’Arte dei Linaioli di Firenze di dipingere un «gran Tabernacolo di Maria Vergine, e nei portelli alcuni santi, i quali condusse egli egregiamente. E le parole, che si leggono nel partito di detti Consoli, esistente in un libro di memorie di dett’Arte non lasciano di porgere alcuno argomento del concetto, in che si aveva la di lui bontà. Dicono dunque così. “Allogorno a Frate Guido, vocato Frate Giovanni dell’Ordine di San Domenico di Fiesole, a dipignere un Tabernacolo di nostra Donna nella detta Arte, dipinto di dentro e fuori con colori, oro e argento variato, dei migliori e più fini che si trovino, con ogni sua arte e industria, per tutto e per sua fatica e manifattura, per Fiorini cento novanta d’oro, o quello meno, che parrà alla sua conscienza, e con quelle figure, che sono nel disegno”».
Nel 1441, dipinse presso il convento di San Marco la Crocifissione con Santi, «valendosi di una certa licenza, usata talvolta da’ pittori, per dimostrare la continua memoria avutasi a quel Sacrosanto Mistero di nostra redenzione degli stessi Santi, non già per far credere altrui, che i medesimi ritrovati si fossero in tal tempo ed in tal luogo a quel fatto. Sotto a questa grande opera dipinse in un lungo fregio diciassette teste con busto, con cui volle rappresentare Santi e Beati di sua Religione; tali sono: San Domenico, Fondatore dell’Ordine, il Beato Buoninsegna Martire, il Beato Remigio da Firenze, il Beato Nicola Provinciale, il Beato Giordano secondo maestro dell’Ordine, Santo Antonino Arcivescovo di Firenze, il Beato Paolo, il Beato Ugo Cardinale postillatore della Bibbia, il Beato Innocenzio V Papa, il Beato Benedetto XI Papa, il Beato Giovanni Domenico Fiorentino Cardinale, il Beato Pietro Parute Patriarca Jerosolimitano, il Beato Alberto Magno Alemanno, San Raimondo Terzo Maestro dell’Ordine, il Beato Claro di Firenze Provinciale romano, San Vincenzo Ferrero di Valenza Predicatore edil Beato Bernardo Martire».
Nel 1442, realizzò il Crocifisso con San Domenico, «in atto di abbracciare la Croce».
Nel 1453, lavorò presso la basilica della Santissima Annunziata di Firenze, costruita per volontà di Cosimo de’ Medici, per decorare i «portelli di un grande armario nella facciata a man dritta entrando in essa cappella, dove stavano anticamente le argenterie, che agli anni addietro fu levato, e posto in quel luogo un molto devoto Crocifisso in legno fatto da Antonio da San Gallo. I detti portelli tutti storiati di piccole figure, della vita, morte e resurrezione del Salvatore furono dai Frati di quel convento posti nel chiostro piccolo, che è avanti alla chiesa, credo io affine di esporlo a maggior venerazione de’ popoli».
Fra Giovanni si distinse anche quale miniatore «eccellentissimo». «Né meno starò a dire quanto scrivono intorno alla santità di lui Leandro Alberti in “De viris illustribus Ordinis Praedicatorum libri sex in unum congesti” ed il medesimo Vasari, e fra Serafino Razzi nella storia degli uomini illustri del Sacro Ordine dei Predicatori e larghissimamente ex professo il medesimo Fra Serafino nelle “Vite de’ Santi e Beati” del medesimo Ordine, non essendo al presente mio assunto lo scriver della vita dei Santi. Egli fu osservantissimo di tutti gli Ordini della sua Religione, e fornito di tanta semplicità cristiana, che lavorando in Roma nel Palazzo Pontificio con gran fatica di applicazione per papa Nicola V, il Pontefice compatendo la di lui incomodità, gli ordinò che per ristorarsi alquanto mangiasse carne; al che egli, che avvezzo era sempre ad ubbidire a’ suoi ordini religiosi, rispose non aver di ciò fare altra licenza dal Priore, e fu necessario che il Papa gli ricordasse esser la sua autorità, come Vicario di Cristo, superiore a tutte l’altre insieme. Non volle mai cavare altro utile dalle sue pitture, che il merito dell’obbedienza al suo Prelato, al quale e non a lui si domandavano le opere. Non mai altro dipinse che Immagini sacre, né senz’aver fatta prima orazione e nel farle sempre spargeva devotissime lacrime alle immagini di Maria Vergine e del Crocifisso, diede tal devozione che in ciò fu superiore a se stesso; e per questo e pel viver suo innocentissimo si guadagnò il nome di Angelico, poteva essere arcivescovo di Firenze, essendone dal papa riputato degno per la sua bontà, ma recusò di esserlo, proponendo in sua vece Frate Antonio Pierozzi da Firenze, che fu poi Santo Antonino, facendo in un tempo stesso ricco di merito e se medesimo, e felice e gloriosa la patria sua. Morì finalmente in Roma agli 18 febbraio 1455 e fu sepolto nella Minerva, chiesa del suo Ordine in un sepolco di marmpo col seguente epitaffio:
Non mihi sit ladi, quod eramo velut alter Apelles,
Sed quod lucra tuis omnia Christe dabaam
Altera nam terris opera sxtant, altera Caelo
Urbs me Ioannem Flos tulit Etrurae.
Angelico sarà egli glorioso, non solo per avere con grande studio e perfezione esercitata l’arte della pittura, ma per l’eccellenza di quei maestri, che da lui ebbero derivazione, conciossiacosaché egli l’insegnasse a Gentile da Fabriano e questi a Jacopo Bellini, padre e maestro di Giovanni Bellini, dal quale impararono Giorgione, il famosissimo Tiziano ed altri, dai quali derivò poi la non mai abbastanza celebrata maniera veneta».