Per salvare Pasolini bisogna abbandonarlo, non trasformarlo in un feticcio pop

Domenica 27 febbraio 2022, è stato pubblicato sul sito www.ilriformista.it un articolo, a firma di Lucrezia Ercoli, sulla figura di Pier Paolo Pasolini, di cui ricorre il centenario della nascita.

L’articolo si apre con un interessante e drammatico ammonimento del Poeta, che avrebbe dovuto esprimere durante l’intervento al congresso del Partito Radicale, celebrato nel novembre 1975.

«Contro tutto questo voi non dovete fare altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare».

Pasolini invitava quindi a non riconoscersi, ad esercitare anzitutto il distacco soprattutto da se stessi e dalle proprie convinzioni, al fine d’essere «eternamente contrari», esattamente come tutta l’esistenza e la produzione del Poeta, il quale mai si riconobbe diacono di alcuna chiesa.

Fu egli interprete autentico delle contraddizioni, e quindi al di fuori di qualsiasi classificazione. Così la sua opus dovrebbe essere interpretata e non venerata, criticata e non accettata dogmaticamente, al fine di scorgere la sua anima d’intellettuale senza padroni.

L’articolista rimprovera la santificazione in atto, provata da adepti al (non) credo pasoliniano, tendenti a smorzarne il potente messaggio profetico. Ripudiare soprattutto l’atteggiamento di coloro che, volendolo malamente imitare, parlano male del mezzo televisivo, salvo essere ogni giorno in tv; contestano sui social l’uso dei social, dimostrandosi retorici e benpensanti, quindi ben lontani dal Poeta delle Ceneri.

Negli Scritti corsari, Pasolini evidenziò il modo, con cui salvarsi dal «fascismo degli antifascisti», dal «conformismo degli anticonformisti» e dalla vuota critica, dimostrando solo l’inutilità di un atteggiamento senza sostanza.

Indagando sulle cause della sua morte, probabilmente l’Intellettuale fu ucciso, perché l’«intellighenzia» dell’epoca mal sopportava l’omosessualità; quindi fu un delitto soprattutto a sfondo morale.

Morì un Poeta, l’unico capace di «fornirci altre lenti con cui guardare il reale» illuminandole, ma anche l’unico capace di ricercare e provocare lo «scandalo evangelico», come ebbe a confessare ad Antonio Ghirelli. La «pietra d’inciampo», che interrompe l’agire del nostro pensiero; così come la rappresentazione della figura del Cristo, nel «Vangelo secondo Matteo», «urticante, estremo», riluttante ad ogni compromesso e perciò maggiormente affine al mistero del sacro.

Pasolini scandalizzò ogni volta nel segno della contraddizione, propria di una «natura eretica ed anarchica». Forse, per salvarlo, bisognerebbe abbandonarlo (?)

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