Nella seconda omelia, dedicata al «Commento del Vangelo di Giovanni», Agostino s’interroga ancora sul vero significato delle parole: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio», il quale non può essere compiuto dall’uomo a causa della sua finitezza. «Il Verbo è così come è da sempre, e non può mutare: semplicemente è»; ecco spiegata l’immutabilità dell’essere, il quale, essendo profondamente se stesso, si rivela nella sua incognita (all’uomo) maestosità, poiché è posto al di là del tempo e dello spazio, nell’Oltre. L’uomo vive nel mondo, egli sembra figlio del mondo e delle sue regole, le quali prevedono la consunzione del corpo fino al suo dissolvimento in energia pura. Come può allora l’uomo meditare, contemplare il λόγος, che per le sue modalità è (e deve essere) in netto contrasto colle modalità umane? E’ forse l’essere, l’X, che trascende tutto ciò che è mutevole, e quindi lontano dal fenomeno, dall’apparenza, dal visibile. L’uomo in sé desidera riappropriarsi di quella dimensione, che abbiamo intitolato X in modo simbolico, perché ne immagina la forte struttura indeteriorabile.
«Verso la fine della notte Egli venne verso di loro camminando sul mare1»: perché Cristo cammina sulle acque? Egli è in grado di camminare sulle proprie passioni dominandole, ha la capacità di essere stabile, saldo sulla propria spina dorsale e così indica all’uomo il percorso da svolgere, al fine di giungere pienamente all’incorruttibilità dell’Essere.
Agostino invita l’uomo a cercare la Divinità nelle sue opere, perché a causa della caduta egli è cieco, così si è fabbricato degl’idoli e dei feticci (primo fra tutti l’idolo di sé), che non gli permettono la chiara visione trascendentale, di cui è propriamente capace. Dio non è nelle sue opere, ma le opere sono nella sua mente; e l’uomo, al fine di rintracciare l’Assoluto, può contemplare le opere create, riconoscendo che esse sono proiezione, raggi, emanazioni del Principio.
Dio è la luce vera che illumina, mentre ogni feticcio è pieno di luce che non può illuminare. Giovanni, l’illuminato, fu inviato tra gli uomini, perché gli uomini capissero che avrebbero potuto diventare simili a lui: luce ognuno di se stesso.
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(1) Matteo, 14 – 25