Il mito di Poseidone

Dopo la deposizione di Crono, per mezzo dell’estrazione di un cartiglio da un elmo, fu affidato a Zeus il dominio del cielo, a Poseidone quello del mare e ad Ade l’oscuro Oltre, mentre la terra sarebbe stata dominio di tutti.

Poseidone decise d’innalzare un sontuoso palazzo nei pressi di Egea, in Eubea, dedicando le stalle a dei bellissimi cavalli con zoccoli di bronzo e criniere d’oro, ed a un cocchio aureo, il quale aveva il potere di far cessare le tempeste.

Il dio corteggiò la nereide Teti, ma, saputo che il figlio avrebbe riscosso maggior successo del suo, vi rinunziò, lasciandola al mortale Peleo. Rivolse allora le sue attenzioni su Anfitrie (il mare, nei poemi omerici), la quale lo respinse, nascondendosi sul monte Atlante, immediatamente inseguita e raggiunta da tre messi del dio, tra cui Delfino, che riuscì a convincerla.

Così si organizzarono le nozze, e, mentre l’artefice dell’imeneo fu posto nelle stelle del firmamento, la Nereide avrebbe concepito: Tritone, Roda e Bentesicima, sopportando gl’innumerevoli tradimenti con dee e donne di Poseidone. Anfitrie sentì enorme gelosia per Scilla, che trasformò in un mostro a sei teste e dodici zampe, per mezzo di alcune erbe magiche gettate nella fontana, in cui la fanciulla si bagnava.

Il dio, non contento del dominio sul mare, avanzò pretese sull’Attica, scagliando il tridente nell’acropoli di Atene, che provocò l’apertura di un pozzo d’acqua marina, nei pressi del quale Atena, durante il regno di Cecrope, piantò un ulivo, importato dalla Libia. Ciò causò una forte reazione da parte di Poseidone, che lanciò la sfida alla pretendente, subito ritirata grazie al decisivo intervento di Zeus, che li chiamò davanti al tribunale divino, per ascoltare le dichiarazioni di Cecrope. Tutti gli dei appoggiarono Poseidone, ma la spuntarono per un solo voto le dee, schieratesi dalla parte di Atena, che fu nominata governatore dell’Attica. Poseidone allora allagò la pianura triasia, dove sorgeva la città di Atene, costringendo la dea a trasferirvi. Al fine di placare l’ira di Poseidone, le donne rinunciarono al diritto di voto e agli uomini fu proibito di scegliere, come accadeva, il nome della madre.

Poseidone contese ad Atena anche il possesso di Trezene, cosicché Zeus stabilì che fosse divisa in due parti, non soddisfacendo il dio del mare, che, più tardi, tentò di strappare l’isola di Egina a Zeus, e Nasso a Dioniso.

Quando rivendicò la città di Corinto, gli fu concesso l’istmo, mentre Elio si assicurò l’acropoli.

Tentò allora d’impossessarsi dell’Argolide, dominata da Era, rifiutando di presentarsi davanti al consiglio degli dei, pronti a punirlo. Zeus allora affidò al giudizio dei fiumi il futuro della regione, che rimase nella sfera di protezione di Era. Poseidone si vendicò prosciugando i fiumi durante il periodo estivo, ad eccezione del Lerna, a cui si abbeverava la danaide Amimone, di cui era innamorato.

Il dio istituì le corse con i cocchi, ed il cavallo gli fu consacrato, perché inseguì Demetra, che era in cerca della figlia Persefone. Si narra che la dea, stanca di tanto vagabondare, si fosse trasformata in giumenta, pascolando tra gli armenti di proprietà di Onceo, nella regione arcadica. Poseidone assunse le sembianze di uno stallone e nacquero la ninfa Despena, ed il cavallo Arione.

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