L’11 ottobre 1534, il collegio cardinalizio fu chiamato a nominare il successore di Clemente VII De Medici, scomparso il 25 settembre. Già durante i primi incontri, s’impose il nome del cardinal decano, Alessandro Farnese, raccomandato da chi lo aveva preceduto sul soglio petrino in virtù delle doti intellettuali, spirituali ed organizzative. Il 13 ottobre il Conclave lo elesse successore di Pietro.
Il neoeletto apparteneva ad una famiglia nobile originaria del viterbese. Alessandro, nato il 29 febbraio del 1468 a Canino, stava compiendo gli studi a Roma, sotto la guida dell’umanista Pomponio Leto, quando fu chiamato, col fratello Bartolomeo, a dover dirimere dei contrasti d’interesse con la madre, Giovannella Caetani, che fu rinchiusa all’interno di uno dei castelli di proprietà dei Farnese. Innocenzo VIII intervenne contro i due fratelli, imprigionando il sedicenne, Alessandro, in Castel S. Angelo, da dove sarebbe evaso, riparando in Firenze, presso la corte di Lorenzo il Magnifico, e avrebbe terminato gli studi presso l’Università di Pisa.
Solo nel 1491, riuscì ad essere ammesso presso la Curia coll’incarico di Protonotaro apostolico, nel regno di Alessandro VI Borgia, che si accompagnava con Giulia Farnese, sorella di Alessandro, e moglie di Orsino Orsini. La ascesa fu rapida: nel 1493, fu nominato cardinale diacono dei Santi Cosma e Damiano, legato del patrimonio di S. Pietro in Tuscia, e nel 1499 amministratore della diocesi di Corneto e Montefiascone. Grazie alla nomina di legato della Marca di Ancona, raggiunse un’importante posizione economica, grazie alla quale acquistò maggior potere in Curia. Memore della vita svolta in Firenze, si circondò, quale principe rinascimentale, d’intellettuali e artisti.
Nel 1495, acquistò il palazzo dagli Agostiniani sito in Campo de Fiori, realizzando in breve tempo una delle dimore più lussuose di Roma. Si accompagnò ad una dama, che lo rese padre, nel 1503, di Pierluigi e, dopo un anno, di Paolo, legittimati da Giulio II; nel 1509, ebbe da un’altra dama, Ranuccio, e più tardi Costanza, legittimati da Leone X. Nonostante amasse la vita mondana, si applicò scrupolosamente agli uffici ricevuti e, così gli fu affidata la Diocesi di Parma, che lo vide impegnarsi anche sul piano spirituale, auspicando una seria riforma dei costumi. Fu il passo decisivo verso il sacerdozio, la cui ordinazione avvenne nel 1519; dopo la consacrazione a vescovo, nel 1524 suggerì inutilmente a Clemente VII severi provvedimenti contro il malcostume regnante tra i sacerdoti della Diocesi di Ostia. Legato alla politica del Pontefice regnante, fu costretto alle trattative in occasione del Sacco di Roma, finendo per una seconda volta in prigione.
L’elezione al soglio, preannunciatagli dall’astrologo Luca Ganrico, fu salutata con molto affetto dal popolo di Roma, che si manifestò soprattutto il 1 novembre 1534, data nella quale si tenne la Messa dell’incoronazione, a cui seguì uno sfarzoso banchetto. Si circondò di parenti ed amici intimi, che furono introdotti in Curia, i quali erano incaricati di allietare le serate coll’organizzazione di spettacoli teatrali anche licenziosi, nonostante le vibrate proteste da parte degli ecclesiastici più rigorosi. Si rinnovò l’attività teatrale in città grazie alla rappresentazione di commedie classiche ed in parte ispirate ai greci.
Assunse Michelangelo Buonarroti tra i suoi familiari, nominandolo nel 1535, architetto, scultore e pittore del palazzo pontificio, assicurandosi il Giudizio universale e gli affreschi per la Cappella Paolina.
Paolo III adottò immediati provvedimenti politici, tesi a collocare in posizione neutrale la Santa Chiesa dopo il disastro del 1527, al fine di favorire la pace in Europa, combattere il pericolo turco, ed indire un concilio ecumenico. Si dedicò alla riorganizzazione della città di Roma, grazie ad una buona amministrazione, all’aumento del gettito fiscale.
Favorì la nascita delle Accademie, dove si sarebbero coltivate le arti, e durante il suo pontificato Annibale Caro tradusse l’Eneide, Giangiorgio Trissino concluse la sua opera critica sulla poesia e sulla retorica, il cardinale Pietro Bembo, già segretario di Leone X, stabilitosi a Roma nel 1539, pubblicò le Prose della volgar lingua, con cui stabilì la lingua letteraria italiana sul modello toscano.
Il cardinale Alessandro Farnese, protettore dell’Università romana, introdusse Giorgio Vasari, che iniziò a scrivere Le vite de’ più eccellenti, pittori, scultori e architetti.
Nel 1535, Paolo III partecipò al finanziamento della spedizione in Africa, organizzata da Carlo V d’Asburgo, che conquistò Tunisi, lasciando Algeri a Khayr al-Din Barbarossa, da cui avrebbe riorganizzato le forze, per conquistare l’Europa. L’imperatore sbarcò a Trapani, dove fu accolto da Pierluigi Farnese, inviato dal papa, per trattare alcune questioni italiane. Durante il ritorno in patria, a Napoli ricevette i più importanti principi italiani. Alla fine dell’anno, si apprestava a giungere in Roma, che subì per ciò importanti opere di urbanizzazione.
Il 3 aprile 1536, un gruppo di cardinali visitarono Marino, al fine di ricevere l’imperatore; ed il giorno 5 l’imponente corteo imperiale, si mosse da San Paolo fuori le mura alla volta di Piazza San Pietro, dove Carlo V rivolse i suoi omaggi al Pontefice, che lo attendeva nel portico. Dopo la cerimonia religiosa, si celebrò l’incontro nella Sala Regia, da dove l’imperatore si congedò, per ritirarsi negli appartamenti a lui riservati. L’indomani fu rinnovato il convegno, durante il quale si trovò l’accordo per la proclamazione del concilio ecumenico nella città di Mantova.
Paolo III, preoccupato per le azioni belliche turche, ordinò allora la costruzione di diverse fortificazioni in territorio pontificio, affidando la direzione dell’esercito al figlio, Pierluigi, e la vigilanza costiera a Gentile Virgilio Orsini. Strinse una lega con l’Impero e Venezia, al fine di riunire la cristianità contro i turchi, mentre lavorava ad una profonda riforma interna della Chiesa, perché risultasse compatta ed efficiente nella lotta contro l’eresia.
Nel 1538, celebrò le nozze in forma assai fastosa del nipote Ottavio Farnese e di Margherita d’Austria, organizzando banchetti, balli, luminarie, sfilate di carri allegorici.
Arricchì il Sacro Collegio di uomini probi e di profonda dottrina, come Giovanni Pietro Carafa ed il laico Gaspare Contarini, nominati membri della Commissione pontificia, che avrebbe dovuto provvedere ad una severa riforma dei costumi ecclesiastici. Il documento avrebbe rappresentato uno dei testi probanti nel Concilio tridentino; in esso si denunciava l’eccessivo potere papale, appoggiato da compiacenti canonisti, il pericolo dell’insegnamento di dottrine ereticali, e la diffusione di libri non allineati, anticipando l’Indice dei libri proibiti, che sarebbe stato pubblicato per la prima volta a Venezia nel 1549 da Giovanni Della Casa. Il Papa desiderava sottomettere i luterani con la forza delle armi, mentre una parte del Collegio, appoggiata da Carlo V, si schierava per la ricerca di soluzioni diplomatiche. Gaspare Contarini fu incaricato di avviare delle trattative con gli scismatici, che fallirono miseramente a causa del radicarsi di posizioni ideologiche. Paolo III avviò una serie di importanti riforme, che coinvolsero tutti gli uffici curiali; nel 1542, fu riformata l’Inquisizione, affidandone la responsabilità del Santo Uffizio ai cardinali Carafa e Juan de Toledo, al fine di soffocare ogni tendenza ereticale.
Il Pontefice diede impulso agl’ordini religiosi, approvando le Angeliche e le Orsoline, trovano un fedele e decisivo alleato in Ignazio di Loyola, che nel 1534, aveva fondato in Parigi l’Ordine dei Gesuiti, per la sottomissione e la conversione degli eretici e dei pagani. A Roma, fu fissata la principale residenza, dove i Padri si distinsero per la vita ascetica praticata e l’attività assistenziale in favore degli emarginati e degli infermi, riservando un ospizio per i catecumeni ebrei ed un asilo per le peccatrici redente in Via delle Convertite. Reputando indispensabile il processo d’alfabetizzazione, organizzarono una scuola gratuita nei pressi del Campidoglio, quando, nel 1540, ricevettero formale approvazione pontificia coll’aggiunta ai tre voti di castità, povertà e obbedienza un quarto voto, che prevedeva la totale obbedienza al capo della Chiesa, simbolo di sovranità assoluta e d’infallibilità.
Avendo sempre a cuore l’organizzazione di un concilio, Paolo III inviò dei fidi messaggeri presso le corti europee, al fine di sondare i commenti e scoprire il pensiero dei vari popoli in merito al cattolicesimo.
Il Concilio fu annunciato per il 27 maggio 1537 a Mantova, ma la sede fu fermamente respinta da Francesco I, poiché in territorio imperiale, mentre i protestanti attaccarono nuovamente ed a più riprese la decisione dei Cattolici. Roma iniziò attivamente la preparazione, ma a causa delle esorbitanti richieste del Duca di Mantova, la cui guarnigione avrebbe dovuto preoccuparsi della vita dei padri conciliari, la data fu differita in novembre e poi nel maggio 1538, spostando la sede in Vicenza. La convocazione fu evasa, cosicché il Papa emanò una terza bolla, per fissare un’ulteriore proroga, ma a causa delle intolleranze protestanti, le ostilità che s’erano aperte tra Spagna e Francia, non fu possibile riunire il concilio. Le trattative ripresero di buona lena, e nel 1542 fu decisa la sede di Trento, ma si dovette attendere la firma della pace di Crepy, avvenuta il 18 settembre 1544, da parte di Francesco I di Francia e Carlo V d’Asburgo, che pose fine alle guerre italiane.
Nel 1545, giunse a Roma Tiziano Vecellio, accolto dal papa, che lo ospitò in Vaticano; il pittore visitò la città in compagnia del Vasari e di Sebastiano Del Piombo, e frequentò Michelangelo.
Intanto, Il 15 dicembre, il concilio fu aperto solennemente coll’esclusione della parte luterana, le cui tesi furono severamente condannate. Si aprì un dissidio tra Paolo III e Carlo V, non soddisfatto per l’andamento dei lavori, sicché la sede conciliare fu spostata a Bologna, fin quando fu sospeso dal papa, per evitare un possibile scisma, minacciato dall’imperatore asburgico, il quale pretendeva l’interim di assumere il governo della Chiesa.
Paolo III morì il 10 novembre 1549.