L’11 febbraio 1843, sarebbe andato in scena presso il Teatro alla Scala «I Lombardi alla prima crociata».
Il rapporto tra Giuseppina ed il Maestro si strinse sempre più:
«Venne da me Giuseppe Verdi, tenendo in mano un nuovo contratto (I Lombardi) del Merelli con la cifra in bianco. Mi ha fatto leggere il foglio, sedendosi alle mie spalle e attendeva con apprensione il mio responso. Mi sono sentita emozionata come per una dichiarazione. Quest’uomo, a tratti schivo e riservato, non credo domandi spesso consiglio a chicchessia e quindi mi fa segno di molta fiducia e considerazione. Dal canto mio gli dissi di approfittare della fortuna capitatagli, ma di non chiedere di più quanto ebbe Bellini per la sua Norma. Lui mi fece un sorriso di ringraziamento ed un inchino: il mio parere lo aveva ben apprezzato. Quel suo sorriso mi lasciò un vago senso di contentezza, per quel tratto di confidenza che mi piaceva. Mi ha trattato da persona fidata, e da parte mia lo considero più di un semplice amico». (lettera del 12 marzo 1842)
Da quest’ultima frase, evinciamo come il cuore di Giuseppina iniziasse a battere per il Maestro.
La carriera della Strepponi rischiava di terminare per annosi problemi di salute mai completamente risolti. Non aveva più ricevuto nuovi contratti, nuove scritture, e dovendo sostenere economicamente i numerosi membri della famiglia, scrisse ad Alessandro Lanari l’opportunità di contrarre matrimonio con un uomo, a patto che avesse risolto tutti i trascorsi. Scrisse all’impresario, chiedendo aiuti, che mai avrebbe ricevuto:
«Abbi in vista una madre di due figli e tutto il resto della famiglia, mettimi al mio posto e decidi come ti detterà il cuore. Se potrò ripigliare la mia carriera, e potrò rivivere a’ miei bei giorni, non mancherò occasione in altra epoca di mostrarti la mia gratitudine» (lettera del 27 marzo 1842). Chiosò con amaro commento:
«Che grande umiliazione dovermi giustificare di fronte a quest’uomo che per me, al momento attuale, non ha alcuna pietà e l’unica cosa a cui abbada sono i soldi, i soldi, i soldi».
Il 20 agosto del 1842, scrisse sul diario delle interessanti considerazioni sul Maestro, che dopo il formidabile successo raccolto col Nabucco era diventato l’ospite più gradito dei salotti più esclusivi.
«Vedo spesso Verdi che è diventato più mondano e salottiero di me. Laddove io non vengo quasi più accolta, egli invece riceve abbracci universali. Si portano i capelli alla Verdi, le cravatte si annodano alla Verdi, e qualche cuoco ha ideato dei manicaretti alla Verdi, che scommetto che Verdi non ha mai assaggiato! Così è il successo. E’ ricevuto in casa Maffei dove la crème della crème, dove non si ammettono stravaganze – quelle in casa Belgiojoso per esempio – e dove non entrano gli austriaci. Verdi è un alunno disciplinato quando gli spiego come e perché assumere un certo contegno, e apprende subito. Verdi mi viene a trovare abbastanza spesso per essere uno che deve cambiare nuovamente d’abitazione, che ha tanto daffare con le dame milanesi e che scrive pure musica. Lo dico perché sono gelosa. Ma a lui non voglio né dirlo, né farlo sospettare. Quando mi vede sola, abbattuta, debole allora rinasce in lui l’istinto del Cavaliere salvifico e mi protegge e mi blandisce e mi elargisce cure. Pare che stia lavorando a un’altra opera, I Lombardi alla prima crociata, sempre col Solera come librettista.
L’anno 1842, si chiude con l’ennesimo straziante dolore per Giuseppina, la scomparsa della figlia:
«Eterno riposo, mia Adelina, e veglia da Lassù la tua povera derelitta madre».