Muzio Clementi nacque il 23 gennaio 1752 a Roma da Niccolò, orafo, e Maddalena Kaiser, forse di origine svizzera e sua seconda moglie.
Iniziò gli studi musicali con Antonio Buroni, allievo di Padre Martini, proseguendoli con l’organista Giovanni Cordicelli; studiò contrappunto con Gaetano Carpani e canto con l’abate Giuseppe Santarelli, sopranista della Cappella pontificia.
Fu anch’egli un talento assai precoce, rivelatosi all’età di dodici anni, vincendo un concorso quale organista della Congregazione di Santa Cecilia, di cui era guardiano dei maestri di cappella il suo maestro, Giovanni Cordicelli. Nello stesso anno (1764), compose l’oratorio Martirio de’ gloriosi santi Giuliano e Celso, andato perduto, come risulta dal libretto stampato a Roma di Alessio Galli. L’anno appresso, compose l’unica sonata per clavicembalo (20 sonata per cembalo di Muzio Clementi composta nell’anno 1765), che abbiamo, prima della sua partenza per l’Inghilterra.
A quattordici anni, fu nominato organista presso la basilica di San Lorenzo in Damaso, incarico che avrebbe lasciato il 14 settembre 1766, come risulta dai documenti storici, che attestano l’assunzione di un altro organista, «essendo andato in Inghilterra il S.r Muzio».
Peter Beckford, facoltoso viaggiatore inglese, compì un lungo viaggio nel nostro Paese, sostando a Roma, per recarsi nelle basiliche, dove si eseguivano i lavori dei compositori romani. Partecipò a diverse accademie private, dove ascoltò il giovane Clementi, intuendone le larghe capacità, tanto da convincere la famiglia, perché potesse occuparsi della sua istruzione musicale. Fu stipulato un contratto, che stabilì come il giovane Muzio sarebbe rimasto sotto la sua giurisdizione fino al compimento del ventunesimo anno d’età.
Probabilmente Peter portò con sé il musicista romano in Inghilterra gli ultimi mesi del 1765 o, forse, i primi mesi del 1766; purtroppo non abbiamo certi documenti, che attestino cosa accadde precisamente in questo arco di tempo della vita di Clementi. Un certificato di stato libero fu rilasciato dal cardinal vicario di Roma nell’aprile del 1765, perché Muzio desiderava sposarsi, in cui è scritto che risedette fino al mese di giugno 1767 in Roma.
La permanenza in Inghilterra si protrasse fino al 1773, all’interno della proprietà di Fonthill Abbey nel Dorsetshire. In questi importanti anni di formazione, sviluppò la tecnica pianistica e si realizzò nella composizione di musiche per pianoforte, strumento che era stato creato intorno al 1700 da Bartolomeo Cristofori, intuendone per primo le grandi capacità espressive. Rispetto al clavicembalo, Muzio intuì che si dovesse passare ad una scrittura nutrita, al fine di esplorare le grandi capacità del nuovo strumento: dilatò la tastiera, che era ancora di sei ottave; usò frequentemente le terze, le seste e le ottave; rinunciò agli abbellimenti settecenteschi ad eccezione del trillo; introdusse scale ascendenti e discendenti, generando il pianismo virtuosistico.
Clementi entrò a contatto con le composizioni dei musicisti operanti in Londra, dove trionfava Johann Christian Bach, le sonate di Carl Philip Emanuel Bach, Domenico Scarlatti. La capitale inglese si riconosceva quale importante centro musicale europeo e Clementi ricevette indubbie influenze, pur conservando un preciso indirizzo stilistico, chiamato clementino.
Immediato fu il successo delle «Sei Sonate per pianoforte op. 2», pubblicate nel 1771 e dedicate a Peter Beckford, anche se mostrano uno scarso rilievo espressivo.
Nel 1773, iniziò la carriera di didatta, che ebbe facilmente successo, per cui i proventi delle lezioni avrebbero rappresentato la voce più cospicua delle entrate.
Il 3 aprile 1774, diede il suo primo concerto con l’arpista Edward Jones, l’oboista John pare ed il violoncellista Giacomo Cerveno. Divenne amico del celebre sopranista Gaspare Pacchierotti. Crescendo il successo di esecutore ed insegnante, fu scritturato presso il King’s Theatre in Haymarket in qualità di maestro al cembalo, l’attuale maestro concertatore e direttore d’orchestra.
Nei primi giorni di giugno 1780, prese la via di Parigi, incoraggiato anche dal Pacchierotti, che inaugurerà una serie di lunghi viaggi in tutta Europa. Seppe stringere interessanti accordi economici cogli editori, che risiedevano nelle città, dove si sarebbe esibito e, grazie ad un’accorta esperienza imprenditoriale, poté facilmente accumulare, nel corso della vita, un notevole patrimonio.
A Parigi, suonò per Luigi XVI e la moglie, Maria Antonietta, che lo presentò attraverso una lettera al fratello, l’imperatore Giuseppe II. Clementi si recò alla corte del principe Massimiliano di Due Ponti a Strasburgo, quindi a Monaco (il 21 novembre 1781), alla corte del principe Carlo Teodoro, impartendo lezioni ed esibendosi. Giunse, infine a Vienna il 19 dicembre, come risulterebbe da una lettera, che inviò il 24 dicembre al babbo:
«Sono arrivato da cinque giorni e questa sera avrò l’onore di essere presentato alla granduchessa che desidera ascoltarmi al cembalo».
La sera della Vigilia di Natale avvenne il famoso confronto virtuosistico fra Clementi e Mozart, per volontà dell’imperatore Giuseppe II, come raccontò Wolfgang in una lettera al babbo, Leopold, il 16 gennaio 1782:
«Veniamo a Clementi. E’ questi un bravo clavicembalista e con ciò è detto tutto. Ha molta speditezza nella mano destra, i suoi passaggi favoriti sono le terze. Per il resto, non ha un briciolo di gusto e di sentimento: un puro virtuoso».
In una lettera del 7 giugno 1783, Mozart tornerà a parlare di Clementi:
«Chiunque suona o ascolta questa composizione capisce di persona che essa non ha alcun significato. Fatta eccezione per le seste e le ottave, in essa non vi sono passaggi notevoli o particolarmente interessanti, ma anche con questi brani prego mia sorella di non dedicarvisi assolutamente più del necessario, pregiudicando quella mano che deve stare continuamente tranquilla e immobile e col pericolo di perdere la naturale levità, articolazione, sveltezza. Del resto che ci si può cavare? Seste e ottave dovrebbero essere eseguite con estrema velocità – ciò che nessuno potrà mai fare, nemmeno Clementi in persona – e alla fine dei conti lei non avrebbe in mano che un’orribile merlettatura e nient’altro. Clementi è un ciarlatano, come del resto tutti gli stranieri! Su una Sonata egli scrive «Presto» e addirittura «Prestissimo» e «Alla Breve» e poi i quattro quarti delle battute vengono eseguiti a tempo di «Allegro». Questo lo so perché io l’ho sentito! Ciò che egli eseguisce in maniera veramente impeccabile sono i passaggi di terza: ma ha sudato a Londra giornate e nottate intere. All’infuori di questo, egli non ha nulla, assolutamente nulla: nemmeno il minimo sentore del gusto, e quanto al sentimento, ancora meno».
Durante quel celebre incontro – scontro, Clementi eseguì la Sonata op. 24 n. 2 e la Toccata op. 11 in sib maggiore, che abbonda di passaggi di terza e sesta, e la cui fattura musicale non si rivela un capolavoro, dando così luogo allo spietato giudizio di Mozart, il quale, comunque, nella Sonata in do minore k 457 e nella Fantasia in do minore K 475, composte nel 1784 e nel 1785, abbonderà anche lui nell’uso di terze, seste ed ottave
Questo giudizio così risoluto su Clementi era anche causato dalla celebre acrimonia, da parte del Salisburghese, contro gli stranieri, o per meglio dire degli italiani, che avevano imposto la loro presenza egemonica nella capitale austriaca.
Anche Clementi espresse il suo giudizio sull’incontro con Mozart, in una lettera ad un allievo:
«Fino a quel momento non avevo mai udito nessuno suonare con tanto spirito e tanta grazia. Mi sorpresero soprattutto un «adagio» e parecchie delle sue variazioni».
Clementi introdurrà immediatamente lo spirito e la grazia, nelle sonate pubblicate da Artaria tra il 1782 ed il 1784.
Il 9 maggio 1782, partì alla volta di Lione, dove tenne un concerto il 24 maggio e impartì delle lezioni alla sedicenne Maria Victoire, figlia del Presidente della Società filarmonica Académie de Beaux Arts, innamorandosene. In breve, ne chiese la mano, ma la domanda di matrimonio fu respinta, così da indurre Clementi, due anni dopo, ad organizzare un rapimento. Purtroppo la coppia fu raggiunta a Berna dal babbo della ragazza e l’esperienza s’interruppe. Nella città svizzera, rimase durante l’estate del 1784, dove compose i Tre Duetti op. 14 e le Sonate op. 15, che sarebbero stati pubblicati a Londra nel 1786.
A causa della morte della mamma, il Compositore tornò a Roma all’inizio del 1785, tornando poi a Londra alla fine del mese di maggio, dove visse una forte crisi spirituale, che lo stava conducendo ad abbandonare la musica, per abbracciare l’astronomia e la fisica. Fortunatamente, la crisi rientrò.
Nella costruzione compositiva delle opere per pianoforte, Clementi si distinse nel ratificare la forma sonata quale mezzo strutturale, al fine di ricondurre l’ispirazione ad un’unica matrice, seguendo l’indirizzo di Haydn nella differenziazione di una più palese indipendenza tra gli elementi tematici. Tale procedimento fu applicato, per la prima volta, nella Sonata n. 9 op. 2, in cui entrambi i temi non si rivelano in un’evidente e chiara contrapposizione, ma piuttosto raccolti in una compostezza classica, quale rivelazione tra il Settecento illuministico e l’Ottocento rivoluzionario.
Egli fu senz’altro tra i compositori più importanti, ma la fama fu quasi sommersa dalla contemporanea produzione di Haydn, Mozart e Beethoven. Percorse gli afflati politici dell’assolutismo, delle rivoluzioni, della restaurazione ai primi moti liberali, preservando un linearità, una costanza invidiabile di coerenza musicale, che lo pose al riparo dalle influenze della cultura illuministica e dei nuovi fermenti romantici.
Fino al 1802, risedette a Londra, applicandosi assai nella didattica, annoverando tra i suoi discepoli Johann Baptist Cramer, John Field e Carl Czerny, i cui nomi brilleranno nell’universo pianistico; il Cramer, in particolare, si distinguerà per un eccellente metodo strumentale, tutt’oggi usato nelle scuole di pianoforte.
Nel 1790, pubblicò i Preludi ed esercizi, in cui impostò lo studio delle scale, che riteneva assai importante; le esperienze maturate sarebbero confluite quindi nel Méthode pour le Piano – Forte, pubblicato a Parigi da Pleyel nel 1801. Il testo riscosse un larghissimo successo, tanto da essere presentato a Londra, quindi a Vienna; la prima edizione italiana fu del 1830 a Bologna. Scrisse l’autore nella Presentazione:
«[…] mio scopo si è quello d’indicare alle persone che si dedicano all’insegnamento del medesimo (il pianoforte) la miglior strada da seguirsi, onde rendere lo studio più facile e più gradevole ai loro allievi».
Egli fu anche il creatore della Sonatina, dalle dimensioni meno importanti della Sonata e dotata di difficoltà tecniche ridimensionate. Nelle Sei Sonatine op. 36, rivela larga applicazione l’uso del legato, dello staccato, delle diteggiature e della contrapposizione dei diversi livelli di sonorità.
Spicca particolarmente la Sonata op. 13 n. 6, intessuta di notevole spirito drammatico, mentre nelle Sonate op. 12 è evidente un beethovenismo ante litteram, grazie alle intuizioni del valore fonico dello strumento, al tentativo di indagare ogni sezione della tastiera, in una ricerca quasi orchestrale delle varie sonorità.
Dopo le Sonate op. 13, si affacciò, per la prima volta, nella vita del compositore un declino d’ispirazione, sicché, staccatosi dal pianoforte, si diresse nella creazione di cinque sinfonie per orchestra, che furono eseguite il 6 e l’8 febbraio 1786 agli Hannover Square Great Professional Concerts.
Nel 1790, Haydn era sciolto da ogni impegno contrattualistico con gli Esterházy, sicché poté accettare l’offerta dell’impresario Johann Peter Solomon. Fu l’occasione perché i due musicisti divenissero amici, infatti, partirono da Vienna il 5 dicembre 1790, per recarsi a Londra, dove arrivarono, il 1 gennaio 1791. Le sinfonie dei due compositori furono eseguite nello stesso periodo; Haydn presenterà le Dodici Sinfonie Londinesi. Clementi fu gettato in una profonda crisi d’ispirazione, che si accentuò colla conoscenza dei lavori orchestrali di Beethoven.
Negli anni successivi, Muzio iniziò l’attività di costruttore di pianoforti ed editore. Si associò a Frederick William Collard per la produzione di strumenti musicali, e, per un certo periodo, si creò delle rivalità con i noti Broadwood, ma nel 1800, la ditta dovette ammettere il fallimento, per cui Clementi si mise immediatamente in cerca di altri soci, al fine di proseguire l’attività. Nel 1802, riuscì a vendere i suoi pianoforti in tutta Europa e pubblicare le sue composizioni con Artaria, Pleyel, Breitopf & Härtel, dedicandosi anche alla pubblicazione di opere di altri compositori, fra cui Haydn, Dussek, Beethoven, Mozart. Di particolare importanza storica, fu la diffusione a mezzo stampa della riduzione per canto e pianoforte, curata da Clementi, della Creazione di Haydn, avvenuta subito dopo la prima esecuzione del 27 aprile 1800.
Le Sonate fra l’op. 14 e 23 furono accompagnate da violino, flauto o violoncello e furono destinate ai dilettanti. La Sonata op. 26 n. 2 incontrò il favore di Beethoven, integrata dalla confluenza della scrittura polifonica assieme ad uno sviluppo contrappuntistico.
Gli sforzi, per rendere sempre più interessante le composizioni, culminerà nella Sonata op. 40 n. 1, dove, nel terzo tempo, abbiamo un canone all’ottava per moto retto e poi moto contrario, modulante al relativo minore.
Nel mese di dicembre 1802, Clementi lasciò Londra, trasferendosi in diverse città europee, tra cui Mosca, in cui avrebbe dato lezioni ad importanti membri delle diverse famiglie aristocratiche ed impiantato un negozio per la vendita di pianoforti. Nell’estate del 1803, era a Berlino, dove impartì delle lezioni al giovane Meyerbeer; quindi a Dresda per stipulare accordi coll’editore Christoph Härtel. Fino alla primavera del 1804, fu a Vienna, per raccogliere composizioni vocali e strumentali sconosciute, che avrebbe raccolto nel Selection of Pratical Harmony e nei cinque volumi del Vocal Harmony. Alla fine di giugno del 1804, prese accordi in Lipsia, coll’editore Breitkopf & Härtel per la pubblicazione delle sue Oeuvres Complettes.
Il 18 settembre fu a Berlino, per sposare la figlia diciannovenne del maestro di S. Nicola e direttore del coro all’Opera Reale di Berlino, Carolina Lehmann, conosciuta l’anno prima. Con la moglie, si recherà poi in Italia. Purtroppo, dando alla luce il figlio Carlo, la donna trovò la morte: era l’8 agosto 1805. Il piccolo fu affidato ai nonni materni berlinesi, poi nel 1818 raggiunse il babbo a Londra. Il giovane dimostrò uno spiccato talento musicale, ma purtroppo rimase ucciso accidentalmente intorno al 1830, maneggiando una pistola.
Alla fine del 1805, Clementi partì per la Russia, in compagnia dei discepoli Ludwig Berger e August Alexander Klengel; quindi si spostò a Riga, all’inizio del 1806 ed, infine, a Vienna. L’improvvisa morte del fratello, Gaetano, avvenuta il 21 settembre, anch’egli musicista, lo condusse a Roma, come avvisò Härtel:
«Ho avuto ultimamente la disgrazia di perdere mio fratello a Roma, per la qual cosa fra quattro o cinque giorni partirò per recarmi colà, ove rimarrò per un tempo indeterminato».
Il 12 novembre 1806 tornava a Vienna, per incontrare Ludwig Van Beethoven. Scrisse sull’incontro al socio Jean Philippe Collard:
«Caro Collard, con po’ di abilità e senza compromettermi io ho fatto finalmente la conquista della “superba bellezza”. Beethoven, per primo, ha cominciato in posti pubblici a sorridere e a civettare con me, e naturalmente io non ho fatto niente per scoraggiarlo. Poi ci siamo messi a chiacchierare familiarmente, finché un giorno, incontrandolo per caso per la strada, mi disse: “Dove abitate?” Io diedi il mio indirizzo. Due giorni dopo ho trovato sulla mia tavola il suo biglietto da visita, e portato da lui stesso come ho potuto capire dalla descrizione fattami dalla cameriera delle sue aggraziate forme. Questo basta, ho pensato. Tre giorni dopo egli ripassa di nuovo e mi trova in casa. Pensa alla gioia comune di un tale incontro! Ho naturalmente badato a piegare le cose a favore della nostra “casa”. Perciò appena la decenza lo ha permesso e dopo aver lodato molto calorosamente alcune delle sue composizioni, gli dissi:
“Siete impegnato con qualche editore a Londra?”
“No”, egli rispose.
“Facciamo conto quindi che Voi preferite me?”
“Con tutto il mio cuore”.
“E’ fatto. Che cosa avete pronto?”
“Vi porterò un elenco”.
In breve io mi sono messo d’accordo con lui per prendere in manoscritto tre quartetti, una sinfonia, un’ouverture ed un concerto per violino che è bello e che, dietro mia richiesta, egli adatterà al pianoforte, e un concerto per pianoforte. Per tutto gli pagheremo 200 sterline. La proprietà tuttavia è solo per i Domini britannici. La sinfonia e l’ouverture sono meravigliosamente belle così che io credo di aver fatto un ottimo affare. Che ne pensi? Io l’ho anche ingaggiato per comporre due sonate e una fantasia per pianoforte, che egli venderà alla nostra casa per 60 sterline (ricordati che io ho trattato con sterline, non ghinee). In breve, egli mi ha promesso di non aver rapporti con nessun altro eccetto me per i Domini».
I lavori pubblicati furono i tre Quartetti op. 59, dedicati a Rasumowsky, la Sinfonia n. 4 op. 60, il Concerto per violino e orchestra op. 61, l’ouverture Coriolano op. 62 e il Concerto n. 4 op. 58 per pianoforte orchestra.
La notizia del contratto, Beethoven la comunicò a Franz Brunswich insieme alla soddisfazione per il compenso pattuito:
«Clementi mi ha anche offerto altre commissioni, così io posso sperare, attraverso di esse, di raggiungere la dignità di un vero artista ancor giovane».
Il 20 marzo 1807 un incendio incenerì la fabbrica londinese di pianoforti Collard – Clementi, provocando una gravissima crisi economica ai proprietari; Muzio riprese, allora, ad insegnare pianoforte. Nel 1810, poté tornare finalmente a Londra, grazie al Trattato di Schönbrunn, firmato da Napoleone e Francesco II, che avrebbe posto fine alle ostilità belliche tra Francia e Austria.
Essendo rimasto vedovo, trovò consolazione in Emma Gisborne, di ventitré anni più giovane; i due convolarono a nozze il 6 luglio 1811; dalla felice unione sarebbero nati ben quattro figli.
Nel 1813, fu tra i soci fondatori della Philarmonic Society insieme all’amico Collard ed all’allievo Johann Baptist Cramer. Si immerse nuovamente nella composizione di sinfonie, che faticò a pubblicare, davanti alle opere di Mozart, Haydn e Beethoven, pur presentandole diverse volte al pubblico europeo.
Il valore intrinseco dei lavori per orchestra di Clementi è di lodevole fattura, per essendo state scritte in un periodo dominato dalle grandi figure del sinfonismo tedesco. Anche se confinato nel mondo illuministico, non mancano episodi di carattere schumanniano, impulsi chiaramente romantici, ben saldati nell’arco della ragione. Egli fu senz’altro nutrito dalla cultura illuministica, ma, nello stesso tempo, particolarmente attento a catturare tutti gli stimoli essenziali esterni. In questo contesto, egli può giustamente rappresentare l’anello tra il Settecento illuministico e l’Ottocento rivoluzionario. In lui convivono felicemente il progresso ed il conservatorismo; egli fu tra Mozart e Beethoven, attore principale, inquadrato nella propria, forte personalità.
Il 24 dicembre 1814, fu nominato membro dell’Accademia Reale di Musica svedese, in sostituzione dello scomparso Grétry.
Nel 1817, pubblicò il Gradus ad Parnassum, cui seguì il secondo volume nel 1819 e l’ultimo nel 1826, in cui Clementi raccolse tutte le esperienze tecniche, compositive e stilistiche di didatta, esecutore e costruttore di pianoforte. Ogni problema tecnico è sviscerato; ed egli si dimostra anche anticipatore nel proporre all’allievo esercizi sulle note ribattute, quando ancora non era stato inventato il doppio scappamento, che avrebbe permesso una miglior e più facile risoluzione dell’intervento tecnico. Nei tre volumi, trova largo uso la tecnica polifonica, espletata nelle nove fughe, due fugati, sei canoni ed in alcuni esercizi di carattere contrappuntistico.
Nel 1821, pubblicò i Due Capricci in forma di sonata op. 47 e le Tre Sonate op. 50 dedicate a Luigi Cherubini, rappresentazione della sintesi del pianismo di Clementi. Nelle Sonate, si nota l’intenso uso di un’armonia fortemente modulante
Continuò a viaggiare, ma dall’autunno del 1827, si stabilì definitivamente a Londra.
Il 25 febbraio 1828, comparve per l’ultima volta in pubblico, suonando il clavicembalo in un concerto per la Philarmonic society. Nel 1830, si ritirò dalla ditta costruttrice di pianoforti ed il 2 gennaio del 1831 vergò il testamento. Quindi, colla famiglia, si spostò a vivere nel Worcestershire, dove morì il 10 marzo 1832 e riposò nel chiostro dell’Abbazia di Westminster.