«Alessandro nelle Indie» di Pietro Metastasio

Il libretto fu musicato da Leonardo Vinci e presentato a Roma presso il Teatro delle Dame il 26 dicembre 1729.

Leonardo Vinci (1696 – 1730)

L’opera narra della generosità di Alessandro Magno usata nei riguardi di Poro, re di Pauravas (India), vissuto nel IV secolo a. C, il quale, al fine di combattere, nel 331 a. C., le truppe di Alessandro Magno, si alleò con Dario III di Persia. La battaglia finale avvenne, cinque anni più tardi, sulle rive dell’Idaspe e grazie al coraggio dimostrato dal re sconfitto, il Macedone lo insediò nel suo palazzo, nominandolo satrapo di tutti i territori indiani, seppur sotto il comando del macedone Alessandro Nicea.

Comincia la rappresentazione della seconda disfatta di Poro.

INTERLOCUTORI

ALESSANDRO

PORO re di una parte dell’Indie, amante di Cleofide.

CLEOFIDE regina d’altra parte dell’Indie, amante di Poro.

ERISSENA sorella di Poro.

GANDARTE generale dell’armi di Poro, amante di Erissena.

TIMAGENE confidente d’Alessandro e nemico occulto del medesimo.

La scena è su le sponde dell’Idaspe, in una delle quali è il campo d’Alessandro, e nell’altra la reggia di Cleofide.

La scena si finge sul campo di battaglia dell’Idaspe, dove soffrono gli avanzi delle truppe sconfitte dall’esercito di Alessandro Magno.

Il Re Poro tenta, inutilmente, di evitare ai suoi uomini la disperata ritirata; maledice la vittoria riportata da Alessandro, a cui non vorrebbe donare l’ultimo e forse più prezioso regalo: la sua libertà; pensa allora al suicidio:

Ah! si mora, e si scemi

Della spoglia più grande

Il trionfo a costui…

Improvvisamente, la sua mente si rivolge alla sua dolce sposa, che potrebbe cadere nelle grinfie del trionfatore e quindi, riponendo l’acciaio nel fodero, convinto a più miti consigli, evita lo sconsiderato gesto.

Il generale Gandarte, capo delle truppe sconfitte, porge l’elmo al suo Re, in cambio della corona, al fine d’ingannare il nemico. Poro è colpito dalla devozione del suo soldato, a cui certamente non sarà salva la vita, ma Gandarte, in uno scatto d’orgoglio, gl’ingiunge di pensare all’India: solo Poro potrà davvero salvarla dal Macedone. Al ricordo dell’amor di patria, il Re cede il suo serto regale, per porlo con le sue mani sul capo del devoto soldato.

Sul tuo crine il mio serto. Ah, sia presagio

Di grandezze future.

Timagene, confidente di Alessandro, intima a Poro, ormai avviato verso l’uscita, a fermarsi ed a porgergli la spada, ma l’insana richiesta inorgoglisce il re caduto, il quale si rifiuta. Allora, un drappello di soldati si avventa sul capo dell’India, per essere disarmato; il Re cerca di difendersi brandendo colpi, ma sfortunatamente perde l’acciaio

Ah! stelle ingrate!

Il ferro m’abbandona.

Compare in scena Alessandro, che ordina ai suoi uomini di fermarsi, poiché troppi sono i cadaveri dei nemici rimasti sul terreno, quindi un’altra vittima non debba esserci.

Il Magno si rivolge al suo rivale, il quale riconosce i tratti di Alessandro, che lo interroga. Poro dichiara di essere nato sul Gange e di chiamarsi Asbite e, da convinto soldato, è devoto al suo Re. Alessandro, con fare indagatore, inizia ad interrogarlo sui costumi del suo re. Poro (di se stesso) risponde:

È degno

D’un guerriero e d’un re.

E sfrontatamente gli dichiara che un giorno sarà Alessandro a cadere vittima dell’esercito dell’India. Le parole suscitano nel Magno una così buona impressione, tanto da donargli la libertà:

L’antica pace

Poi torni a’ regni sui:

Altra ragion non mi riserbo in lui.

Poro non accetta l’atto di clemenza; Alessandro allora gli dona la sua spada:

Di Dario illustre spoglia,

Che la man d’Alessandro a te presenta;

E, lei trattando, il donator rammenta.

Poro risanato da quell’atto, promette che grazie a quella spada l’India sarà presto liberata dai Macedoni.

Appena allontanatosi, Alessandro torna ad ammirare il coraggio di quel soldato, così fedele al suo Re.

Davanti al vincitore è portata la sorella di Poro, Erissena, la quale piange disperatamente, temendo peggior sorte che la prigione. Quel cattivo suo stato suscita in Alessandro tenerezza e così la Principessa rincuorata da quel dolce incoraggiamento smette di piangere, quando il Macedone la rende completamente libera.

Tornino a Poro

Gl’infidi ed Erissena

Timagene allora cerca d’insinuare il dubbio nel suo Re, chiedendo che la Principessa, prezioso bottino di guerra, rimanga prigioniera, ma Alessandro non ascolta ragioni:

Io non venni insino al Gange

Le donzelle a debellar.

Ho rossor di quegli allori,

Che non han fra’ miei sudori

Cominciato a germogliar.

Rimasti soli Timagene ed Ersissena, quest’ultima mostra la sua incredulità per il comportamento di Alessandro:

Io mi credea

Che avessero i nemici

Più rigido l’aspetto,

Più fiero il cor.

Timagene le risponde che tutti i Greci sono della stessa indole e la donna gli manifesta, malinconicamente, come le sarebbe piaciuto nascere in terra ellenica. Timagene, colpito dall’insolite parole della bella, le offre il suo cuore:

son greco anch’io.

ma la giovane rifiuta con cortesia il garbato invito, ammettendo di esser rimasta sorpresa dal bel carattere e dalla personalità del Re macedone.

Timagene, rimasto solo, manifesta la sua rabbia, per essere stato rifiutato; un sentimento di vendetta invade il suo cuore: si muoverà contro il suo Re, aizzando le truppe indiane.

Ci troviamo in un tempio dedicato a Bacco, all’interno della reggia di Cleofide, regina delle Indie ed amante del Re, Poro.

La donna sprona i suoi seguaci a recarsi presso il campo di battaglia, al fine di trovare il Re, Poro, il quale – partite le squadre – le si manifesta, annunciandole la vittoria di Alessandro, da cui riceverà miglior ringraziamenti. La Regina è colpita dalle sue parole ed invita lo sconfortato Poro a fidarsi; ma lo sconfitto ribatte che anche il vincitore si fiderebbe della lealtà della donna. Chi, dunque, sarà ingannato? In passato, Alessandro fu conquistato

Coll’armi de’ tuoi vezzi, o finti o veri,

Hai le sue forze indebolite e dome.

Quindi, come potrebbe fidarsi del comportamento della donna, la quale tenta di scusarsi, risentita, ricordandogli come gli manifestò tutta la sua apprensione, quando seppe dell’avanzar dei Greci in terra d’India. Al fine di salvargli la vita, decise d’incontrare il conquistatore, circuendolo colle pratiche amorose, che non evitarono comunque lo scontro, in cui il Macedone ebbe la meglio. Quindi Poro trovò rifugio nella reggia di Cleofide, la quale sarebbe stata pronta ad allearsi coll’India, tradendo così l’amicizia con Alessandro. Poro, alle parole sincere della Regina, mostra comprensione:

Io ti prometto, o cara,

Che mai più di tua fede

Dubitar non saprò.

La donna non crede affatto alle vaghe promesse del Re, il quale si mostrò campione di gelosia. Poro intuisce che il momento supremo richiede un giuramento davvero grave:

A tutti i nostri dèi lo giuro.

Se mai più sarò geloso,

Mi punisca il sacro nume

Che dell’India è domator.

Cleofide e Poro mostrano tutto il loro stupore e la loro sorpresa nel vedere accompagnata da alcuni soldati macedoni Erissena, la quale confessa di essere stata oggetto di un atto di magnanimità da parte di Alessandro, verso cui dimostra tutta la sua riconoscenza. Quindi, Cleofide chiede ai militi macedoni di essere latori di un messaggio per il loro comandante:

quanto

Anche fra noi la sua virtù s’ammira;

Ditegli che al suo piede

Tra le falangi armate

Cleofide verrà.

Poro tenta di fermare la regina, rammentandole il dolore, che provocherebbe al popolo indiano simil decisione; ma Cleofide insiste nel suo proposito e lascia partire gli armati. Allora, dichiara tutto il suo amore per Poro, al fine di rassicurarlo sulle sue reali intenzioni; non desidera affatto amare Alessandro, cui è legata solo da incredibile riconoscenza.

Abbandonata la scena dalla Regina, Poro rimane intrappolato dai dubbi, sicché decide che Cleofide sia spiata.

Gandarte, amante di Erissena, avverte Poro che Timagene, confidente di Alessandro, è in realtà un occulto nemico del re macedone. Il re confessa che Cleofide lo ha abbandonato, al fine di recarsi al campo macedone, svelando in lui un’irrefrenabile gelosia e quindi, rimaste inascoltate le voci, tende i suoi passi verso la Regina.

Gandarte, rimasto colla sua amata, le esprime tutto il dolore provato durante la prigionia di costei. La donna sembra assente, il pensiero altrove; ed infatti ella confessa di essere attratta dal capo macedone!

Gandarte rimane solo. Egli è rimasto sinceramente colpito dall’inaspettata dichiarazione di Erissena. Il dolore è grande, perché, soprattutto, improvviso:

Ah, colei che m’arde il seno,

Se non m’ama, ah, finga almeno!

Un inganno è men tiranno

D’un sì barbaro candor.

Meglio fingere di essere amato.

La scena di muta. Siamo sulle rive del fiume Idaspe, dov’è accampato Alessandro col suo esercito, di fronte alla reggia di Cleofide.

Il capo macedone è in compagnia del falso amico, Timagene.

Timagene consiglia l’amico di professare amore per Cleofide, ma il capo macedone rifiuta:

Alessandro sì presto

Non si lascia agli affetti in abbandono.

Debole a questo segno ancor non sono.

Una flotta di piccole barche, alla testa della quale c’è quella sui cui si trova Cleofide, solca il fiume. Arrivata in prossimità della riva, gl’indiani trasportano dei regali per Alessandro, mentre la Regina incontra il duce dei macedoni, il quale dai suoi sudditi pretende fedeltà e non doni. Timagene è così invitato a restituire ogni prezioso regalo ricevuto, provocando l’improvviso pianto di Cleofide, che colpisce Alessandro, il quale la invita a restare. La regina indiana confessa il suo imbarazzo

In faccia ad Alessandro

Mi perdo, mi confondo; e non so come

Il dialogo è interrotto dall’annuncio di Teagene:

il duce Asbite

Chiede a nome di Poro

Di presentarsi a te.

L’improvviso arrivo di Poro (che si finge Asbite) molestia Cleofide, la quale dovrà essere presente all’incontro, secondo la volontà espressa dall’indiano.

Poro – Asbite nutre sentimenti di forte gelosia; egli si fine messaggero del suo re (quindi, di se stesso), il quale non vorrebbe rinunciare alla pugna. Alessandro sembra accettare i desiderata, quando la regina lo invita a ragionare, poiché forse Asbite non ha ben compreso i pensieri del suo re. Nasce un pericoloso alterco tra i due indiani e la regina, risoluta, al fine di porre fine all’increscioso diverbio, invita Alessandro a seguirlo nella reggia. Asbite mette in guardia il macedone dal seguire Cleofide, la quale in passato avrebbe già tradito il re dell’India; potrebbe ripetere l’insano gesto. Alessandro decide di seguire la regina.

Rimasti i due indiani soli, si confessano reciproca stima.

Nel Secondo atto, ci troviamo nei gabinetti reali.

Poro manifesta tutte le sue preoccupazioni a Gandarte sulle reali intenzioni di Alessandro, il quale dovrebbe attraversare il fiume Idaspe, per recarsi alla reggia di Cleofide. Qualora ciò avvenisse, le truppe indiane sarebbero pronte a tendere il mortale agguato al capo macedone. Gandarte assicura il suo re che Timagene, falso amico del generale, avrebbe conquistato alla sua causa diversi guerrieri macedoni pronti a tradire.

Erissena interrompe il dialogo tra i due, annunciando l’imminente arrivo di Alessandro ed i preparativi, cui si sta sottoponendo Cleofide, per riceverlo. Poro intima a Gandarte di porsi al comando dei soldati, mentre incontrerà la regina, per rinfacciarle il tradimento.

Un’altra volta almeno

Voglio dirle infedele, e poi son pago.

Mentre Poro abbandona la scena, Erissena si avvicina al fratello, perché le accordi il permesso di partecipare al corteo, che riceverà il capo macedone. Poro rifiuta:

A una real donzella

Andar così fra l’armi,

Come lice a un guerrier, non è permesso.

Rimasto solo, il Re conferma i suoi propositi di vendetta.

La scena muta. Sulle rive dell’Idaspe, sono state attrezzate delle tende, che ospiteranno Alessandro ed i suoi armati, i quali si stanno movendo alla volta della reggia di Cleofide.

L’incontro tra i due politici vorrebbe segnare finalmente la pace, dopo un periodo di pesanti perdite tra i due eserciti. Improvvisamente si odono avvicinarsi degli armati, con grande sorpresa anche della Regina, la quale sembra davvero sorpresa per l’inaspettato evento. Timagene informa Alessandro che Poro è a capo degli armati, vero i quali i Macedoni si portano spada in pugno, pronti allo scontro.

Poro si presenta davanti alla Regina, la quale gli protesta ardentemente il suo amore:

Io fida a Poro

Sposa or mi giuro: il giuramento ascolti,

Vindice e testimonio

il Ciel ne sia.

Nello scontro armato, i Macedoni hanno avuto la meglio, sicché l’arrivo improvviso di Alessandro getta nella disperazione la coppia d’indiani, la quale non ha intenzione alcuna di finir nelle grinfie del Macedone. Poro snuda la spada, per portare la morte alla sua amata e ad egli stesso, ma nell’atto di causare la tragedia finale, Alessandro irrompe in tempo, per disarmare la mano del re indiano. Chiede il motivo dell’insano gesto, Cleofide confessa che l’estremo atto è stato chiesto da Poro.

Timagene chiede al Macedone di parlare con le sue truppe, che reclamano a gran voce la testa della regina

ognun la crede

Rea dell’insidia.

Poro subitaneamente si accolla la responsabilità dell’accaduto. Il capo dei Macedoni ordina che sia occupata militarmente la città, preservata da qualsiasi atto incivile la regina, tratto in arresto il re (che egli crede ancora sia Asbite, fedele del re).

Timagene, rimasto solo con Poro, che crede Asbite, confessa che il complotto ordito contro Alessandro, non s’è potuto compiere, perché all’ultimo momento ci fu un cambio d’ordini da parte del Macedone, che sventò, a sua insaputa, la terribile trama a suo danno. Timagene, a testimonianza della sua fedeltà agl’Indiani, libera Poro dalle catene e dirà al suo duce, che il prigione si dié la morte. Quindi informa Asbite – Poro di aver inviato un foglio con delle istruzioni a Poro, che condurrà presso i giardini reali, dove troverà la morte Alessandro. Poro, allora, si tradisce, confessando che il suo re (egli stesso) non abbia ricevuto alcuna missiva. Timagene allora teme di aver consegnato nelle mani sbagliate la delicatissima ambascia; invita perentoriamente Asbite ad informare Poro.

Rimasto solo il capo indiano, riprende coraggio e forza.

La scena si muta negli appartamenti della reggia di Cleofide.

La Regina è in compagnia di Gandarte, il quale è invitato a scappare prima dell’arrivo di Alessandro in compagnia delle sue truppe; ma il soldato non ne vuol sapere:

Non sia

Mai ver ch’io t’abbandoni.

che allora, si celi allo sguardo del Macedone, il quale, al fine di salvar da sicura morte Cleofide, le chiede di sposarlo, quando, improvvisamente, appare Gandarte, il quale ha udito l’insana proposta, presentandosi quale il re Poro (in quanto Alessandro sa che il vero Poro non è altri che Absite, coraggioso guerriero indiano). Gandarte – Poro si accusa di ogni responsabilità, poiché

In me punir dovete

Le insidie, i tradimenti:

Son Cleofide e Asbite ambo innocenti.

Alessandro è assai stupito dalla fermezza di Gandarte; Cleofide, finalmente convinta dell’amore dell’uomo nei suoi riguardi. Il Macedone offre la sua pietà per Poro ed Asbite, mentre la regina, grazie alla

tua grandezza e l’amor tuo comprendo;

Onde a te (non so dirlo), a te la rendo.

I presenti sono colpiti dall’atto di estrema generosità del Generale, il quale promette che scioglierà da ogni impedimento fisico anche Absite.

Cleofide e Gandarte, rimasti soli, si rivelano vicendevolmente lo stupore per le scelte di Alessandro, mentre giunge Erissena in pianto accorato, annunciando il suicidio di Poro,

Si lanciò nell’Idaspe e si sommerse.

Cleofide maledice l’assenza degli dei, che favorì quell’atroce, estremo atto. Gandarte offre ad Erissena la via di fuga, ma la donna rifiuta l’offerta, abbandonandosi al desiderio degli dei, ed invocando la salvezza dell’India per mano di Gandarte.

Nel Terzo ed ultimo atto, la scena si finge nei portici dei giardini reali.

La regina Cleofide mostra assai insofferenza nei riguardi di Erissena, sorella di Poro, alla quale ripete che ormai sia costretta a sposare, quale vittima sacrificale, Alessandro.

Abbandonata dalla Regina la scena, Timagene si muove, non visto da Erissena; egli è giunto nel luogo dell’appuntamento con Poro, che sta ritardando. Intanto Erissena medita a voce alta sull’incontro con Cleofide, richiamando l’attenzione dell’uomo, il quale, al fine di non esser scoperto, medita d’uscire di scena, quando inaspettatamente irrompe Alessandro. Timagene non può rivelare il vero motivo della sua presenza, sicché manifesta al Macedone la volontà di ragionar con lui in assenza di Erissena, la quale è nuovamente informata della celebrazione delle imminenti nozze.

Rimasti solo, Alessandro manifesta tutto il suo disdegno, consegnando a Timagene un foglio, su cui scrisse che avrebbe ucciso Alessandro. Il traditore sbianca in volto e si dichiara pronto a ricevere la giusta vendetta, ma il Macedne invece gli chiede di tornar alleato, causando l’inginocchiamento dell’uomo, devastato dal ricordo del terribile errore commesso.

Poro si avvicina a Timagene, il quale invita Asbite – Poro ad allontanarsi; il Re è infatti giunto, perché Alessandro muoia, ma

Prima si versi

Quello di Timagene.

risponde il perdonato, il quale comunica di aver giurato eterna fede ad Alessandro.

Tramontato tristemente l’omicidio del Macedone, Poro non vede altro che il suicidio:

Ah! finisca una volta il mio martire.

ma l’arrivo improvviso della sorella, Erissena e del suo amante Gandarte, evita l’empio atto. I due sono ben felici di sapere Poro ancora in vita e non estinto nell’Idaspe, secondo il racconto infido di Timagene. Il re dovrà rassegnarsi nel veder l’amata Cleofide sposa ad Alessandro. Stavolta nessun dio riesce a fermare l’impeto di Poro, il quale decide di recarsi al tempio, al fine di uccidere la donna, per poi togliersi la vita.

Erissena chiede a Gandarte di seguire Poro, per evitare che compia del male; l’innamorato esegue gli ordini ben consapevole del pericolo dell’impresa:

Addio, mia vita.

Non mi porre in oblio,

Se questo fosse mai l’ultimo addio.

Se dovesse perire, vuole che la donna si ricordi indelebilmente dell’amore provato.

Rimasta sola la donna, da sfogo alla sua disperazione.

La scena muta: ci troviamo nella parte interna del tempio di Bacco, magnificamente illuminato; nel centro un magnifico rovo; Poro e Gandarte sono nascosti da un lato. Giunge lo sposo, Alessandro, mentre Cleofide è presso l’ara ad attenderlo. Improvvisamente Poro e si accorge della presenza di Gandarte e chiede conforto nella sua azione, atta ad impedire le imminenti nozze, ma Gandarte lo sconsiglia dall’atto: a causa della presenza, ed in gran numero, di molti guerrieri non solo non impedirà l’imeneo, ma perderà sicuramente la vita. Inutili e vani risultano le parole.

La cerimonia ha inizio: i due promessi si tendono la mano, quando la donna confessa ad Alessandro, davanti al corteo nuziale, che amò Poro e quindi merita solo di morire nel rogo.

Questo è il momento,

In cui si adempia il sacrifizio a pieno.

Alessandro le impedisce il gesto, ma la regina, sicura di darsi morte, impugna uno stiletto; Poro si scopre, offrendosi quale vittima insieme alla donna.

Il tuo Poro son io.

Il creduto Asbite finalmente si è rivelato quale Re; anche Gandarte si dichiara pronto a morire per l’India. Alessandro, colpito da tanto eroismo, dona pace e libertà, nominando Gandarte nuovo re dell’India, restituendo Cleofide al suo antico amore.

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