Taddeo, un boscaiolo non particolarmente intelligente, fu incaricato dal padre di tagliare degli alberi di un bosco assai lontano. Egli s’accorse presto di intervenire su piante di una specie sconosciuta, sicché nonostante usasse l’ascia, non riusciva a dividerle. Smise così di lavorare, sedendosi presso un albero, da cui spuntò un ometto dalla barba bianca, che gli chiese di dividere il cibo, che stava consumando. Taddeo acconsentì ed i neo conoscenti non solo divorarono il formaggio ma svuotarono anche l’intero fiasco del vino. L’ometto, per ringraziarlo di così tanta gentilezza, gl’indicò un albero da tagliare, che si trovava al centro del bosco, per cui tutti gli altri sarebbero caduti da solo. Poi lo consigliò di porre estrema attenzione alle radici, perché avrebbe trovato un regalo magnifico. Taddeo ubbidì al consiglio del Mago del bosco, che nel frattempo era magicamente scomparso, e si recò al centro del bosco. Appena l’albero fu tagliato, scovò un’oca dalle piume d’oro. La prese con sé, avviandosi verso casa, ma, essendo ancora brillo, smarrì presto la via, cosicché capitò in un villaggio a lui sconosciuto. Entrò in un’osteria ancora aperta, chiedendo da mangiare per sé e per l’animaletto, ed una stanza per la notte. Presto lo strano personaggio attirò l’attenzione delle tre sorelle, che gestivano la locanda, colpite soprattutto dai riguardi, che l’uomo mostrava verso l’oca. Avviatosi verso la stanza, poco dopo essersi coricato, una delle sorelle vi s’introdusse furtivamente, per strappare delle penne d’oro dal corpo dell’oca. Appena la sua mano toccò la coda, vi rimase incredibilmente appiccata. Chiamò allora in sua salvezza le sorelle, la quale, a loro volta, rimasero impigliate. Il mattino seguente, Taddeo si accorse di quell’insolito spettacolo e senza alcun timore annunciò che sarebbe rincasato. L’insolito corteo passò davanti l’oste, il quale volle intervenire, unendosi anche lui alla fila; poco più tardi la processione si compose di un’anziana donna e di un prete. Poi fu la volta di un fornaio, mentre una guardia chiuse l’insolito corteo.
Nei pressi del villaggio, viveva un re, la cui figlia soffriva di una malattia, che le impediva di sorridere. Il sovrano allora aveva emanato un bando, in cui prometteva la mano della principessa, a chi l’avesse fatta sorridere.
Quel giorno, la carrozza della giovane passò di fronte a quel buffo corteo, e, sentendo i commenti della folla, scostò la tendina, scoppiando in un’irrefrenabile risata. Appena rincasò, il re, con sua grave sorpresa, vide la figlia sorridere. Intanto il Mago del bosco riapparve e sciolse la truppa, schioccando le dita tre volte e scomparendo qualche attimo dopo. Il sovrano fece rintracciare l’ingenuo Taddeo, che sposò la principessa, preparandosi a diventare re.
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La protagonista della fabula è un’oca, mito solare (e per ciò, in questo caso, d’oro), legata all’Elemento Aria, quindi all’intellettualità ed alle ancor più sublimi rarefazioni uraniche.
In ambito romano, Giunone, simbolo del Femmineo aveva a sé l’oca dedicata; ed è particolarmente interessante l’accostamento di un Elemento solare alla rappresentante della Maternità (la dea) a testimonianza del necessario riavvicinamento per fusione della Dualità.
La conquista di un animale d’oro indica la completezza dell’essere e quindi la via, che ogni uomo dovrebbe percorrere, al fine di diventare se stesso.
Il protagonista ascolta l’intuizione del suo Sé superiore (il mago del bosco), avviandosi verso quell’albero, da cui avrebbe potuto ricavare ciò di cui aveva bisogno.
Quand’egli si trova nella locanda, riunisce attorno a sé l’attenzione di tre sorelle, le quali sono abbagliate dall’oro e quindi dal valore monetario, fisico, prosaico, infero del metallo. Esse non guardano al valore simbolico, l’unico davvero capace di elevare l’essere umano, e così rimangono impigliate. Ciò testimonierebbe come l’attaccamento verso soluzioni infere comporti l’invischiamento dell’essere nelle pieghe di se stesso, del suo io, ormai incapace di liberarsene senza sforzo. Ecco il distacco dai metalli, operazione sempre non facile, poiché non è facile dimenticare le proprie incombenti necessità.
Il corteo presto s’ingrossa e s’allunga a testimonianza di quante possano essere le persone, le quali, formando una lunga fila, vivono un’esistenza esclusivamente orizzontale, versata sull’immediata soddisfazione delle proprie necessità fisiche.
Perché Taddeo rimane libero da ogni attaccamento?
Alla comparsa del mago del bosco, egli ha diviso ciò che possedeva, rivelandosi affatto legato e preoccupato del «pane quotidiano» e quindi alle necessità fisiche, le quali vivono nell’immediato, nell’oggi, nell’ora.
Gli altri anonimi personaggi non donano se stessi, non offrono sacrifici di sé, non rinunciano.
La fabula quindi insegna che, per conseguire beni spirituali, gli unici capaci ed atti a conseguire un effettivo, duraturo bene eterno, dobbiamo essere disposti alla rinuncia, all’abbandono, al distacco. E’ l’unica soluzione, per diventare re di se stessi.