Bonifacio VIII: lo schiaffeggiato di Anagni

Celestino V (1215 – 1296)

Dopo le dimissioni di Celestino V, esecutive il 13 dicembre 1294, il conclave elesse dopo undici giorni di sede vacante il cardinale Benedetto Caetani, che assunse il nome di Bonifacio VIII, nato ad Anagni nel 1230 circa.

Dante Alighieri (1265 – 1321)

Sicuramente fu eletto per simonia, come testimoniò Dante:

Se’ tu sì tosto di quell’aver sazio

per lo qual non temesti tòrre a ’nganno

la bella donna, e poi di farne strazio?1».

Gelasio II (1060 ca. – 1119)

Apparteneva alla nobiltà campagnola, discendente di papa Gelasio II (1060 ca. – 1119), si rivelò uomo colto ed al tempo stesso ambizioso, energico ed assai attento agli affari. Era membro del collegio cardinalizio sin dal 1287, dopo aver esperito le sue capacità diplomatiche in Inghilterra ed in Francia. Si diceva che fosse indottrinato di alchimia e magia, scienze contrarie al credo cattolico, e negasse l’immortalità dell’anima. La sfrenata ambizione decise che avrebbe dovuto rinsaldare i poteri della sua famiglia su tre indirizzi: la Campagna, la Marittima e la Tuscia, per cui realizzò l’acquisto di casali e consorzi appartenenti a famiglie nobiliari decadute. In breve tempo, il potere della famiglia Caetani s’ingigantì, diventando una delle casate più influenti di Roma, già divisa tra famiglie nobiliari. Gli Orsini detenevano ponte S. Angelo ed il rione relativo; i Colonna abitavano in parte della via Flaminia; al di là del Campidoglio, iniziava il dominio della famiglia Caetani, ultima per formazione nobiliare. Essa cominciò coll’elezione di Benedetto quale principe della Chiesa, il quale, divenuto pontefice, insediò i familiari presso l’isola Tiberina.

Al contrario di quanto avvenne per Pietro da Morrone, l’elezione del Caetani al soglio non suscitò commozione tra il popolo, tantoché, abbandonata Napoli nel gennaio del 1295, per trasferire la sede petrina nuovamente a Roma ed affrancarsi dall’influenza di Carlo II, durante il viaggio si sparse la falsa notizia dell’improvvisa morte del neoeletto. Il popolo napoletano festeggiò l’improvviso evento.

 Il neo pontefice si fermò nella natia Anagni, ricevuto con orgoglio dai concittadini, per poi proseguire verso l’Urbe, per essere incoronato solennemente il 23 gennaio 1295. Al termine della pomposa funzione, ricevette i maggiori rappresentanti delle famiglie nobili romane, quindi – secondo quanto riferito da Iacopo Stefaneschi sull’Opus metricum – attraversò, riccamente addobbato, a cavallo di una chinea bianca la Città, con le briglie tenute da Carlo II e dal figlio, Carlo Martello. Preso possesso della sede lateranense, partecipò ad un sontuoso banchetto, servito dai vassalli napoletani. Presso i fedeli era ancora viva l’immagine di Celestino V, sicché il neo eletto ne ordinò l’arresto, eseguito il 16 maggio 1295, poiché un ex papa non poteva esser libero, e la conduzione presso la rocca – prigione di Fumone, dove avrebbe trovato presto la morte il 19 maggio dell’anno dopo, probabilmente ucciso su ordine del Caetani.

 Iniziò allora ad accentrate il potere nelle sue mani, svuotando così il Sacro Collegio di ogni prestigio e indirizzo decisionale. L’opposizione alla politica oltranzista del pontefice fu guidata dai cardinali Colonna, i quali furono ricondotti a più saggi consigli dal senatore Pandolfo Savelli. Ma l’ostracismo continuò con la denuncia, da parte di Giacomo e Pietro, sull’irregolare elezione del pontefice, perché non valida l’abdicazione di Celestino V. Il 10 maggio del 1297, fu pubblicato il Manifesto di Lunghezza, col quale si dichiarava decaduto il pontefice e s’intimava ai fedeli di negargli l’obbedienza. La reazione del pontefice fu affidata alla bolla In excelso throno, in cui si attaccavano i Colonna, perché ritenuti avversari dello Stato e perturbatori dell’Urbe. A causa delle risentite rimostranze degli accusati, il papa ne ordinò la confisca dei beni, che sarebbero stati assegnati alla famiglia Caetani ed agli Orsini, mentre il fiancheggiatore, Jacopone da Todi, fu imprigionato in un convento e scomunicato. I Colonna allora ripararono presso Filippo di Francia, dalla cui corte avrebbero potuto continuare l’opposizione.

La spietatezza dimostrata mal si conciliò colla proclamazione dell’anno giubilare, indetto il 22 febbraio del 1300, (dal quale i Colonna furono espunti) e retroattivamente valido dal 25 dicembre precedente, grazie al quale sarebbe stata possibile, previa confessione e comunione, la remissione della pena per i peccati commessi. Anche Dante Alighieri avrebbe partecipato all’importante evento, soggiornando – sembra – presso l’albergo di fronte a castel S. Angelo, da cui avrebbe forse visto

[…] i Roman per l’essercito molto,

l’anno del giubileo, su per lo ponte

hanno a passar la gente modo colto2,

Senza dubbio, la proclamazione dell’anno giubilare suscitò sentimenti assai positivi tra i romani ed i pellegrini, che arrivarono numerosissimi nell’Urbe. L’idea della perdonanza nacque, probabilmente, dal passaggio avvenuto nel secolo precedente di un gran numero di pellegrini, che cercavano di purgarsi dai reati commessi, visitando la tomba di Pietro. Un’altra possibile causa di nasconderebbe nel significato del lemma Giubileo, dall’ebraico Jobel, speciale tromba con cui i fedeli israeliti sono chiamati a convegno per ricorrenze religiose speciali. L’inizio del secolo XIV, in cui, secondo le previsioni di Gioacchino da Fiore, si sarebbe verificato un profondo mutamento in seno alla Chiesa, avrebbe spinto il papa a promuovere un atto così importante. Il forte successo economico dell’evento offrì al pontefice un ulteriore rafforzamento di posizione nei riguardi dei Colonna.

Per stabilire un nuovo indirizzo, Bonifacio VIII cassò tutte le bolle emanate dal suo predecessore, tra cui il perdono aquilano, che si sarebbe dovuto tenere ogni mese d’agosto.

Sempre in linea colle novità, che avrebbero configurato il campo culturale, il papa agì sulla città di Roma, determinando – secondo il giudizio di Dante – gli eventi più importanti.

Nel secolo XI e XII, fiorì il diritto comune, che fece nascere in Italia l’amore per la giurisprudenza in seno alle università, spesso fondate sulle preesistenti scuole vescovili. Fu cura del pontefice, la fondazione di un archiginnasio romano, destinato allo studio del diritto civile e canonico, forte degli studi giuridici affrontati. Pubblicò la sua raccolta di decretali, Liber Sextus, nel quale espresse il suo sentito parere per l’elaborazione del diritto. Inviato alle università allora esistenti in Italia ed in Francia, fu indicato quale libro per i tribunali ecclesiastici, che avrebbero dovuto servirsene in iudiciis et in scholis. La solida preparazione bonifaciana si saldò con la costituzione dell’università la Sapienza, luogo deputato alla diffusione della scienza, colla bolla In supremae preheminentia del 20 aprile 1303. Il nuovo ateneo non avrebbe attratto degl’insegnanti illustri, ma, garantendo la serietà, la continuità e l’approfondimento scientifico, si sarebbe posto quale certezza culturale nell’ambito dell’affidabilità e della trasmissione del sapere.

Filippo IV il Bello (1268 – 1314)

La rinascita dell’amore per lo studio di confermò con la bolla del luglio 1303, Conditoris omnium, con cui riordinò l’università di Avignone. Un mese più tardi, prese provvedimenti contro l’ateneo parigino, per sottrarlo a Filippo IV il Bello, che intendeva punire per il forte atteggiamento antiromano, sospendendo la facoltà di diritto e di teologia di Parigi, sotto l’influenza del re francese. Il provvedimento sarebbe stato sospeso, solo quando la Francia sarebbe stata ricondotta sotto la completa influenza romana colla corresponsione della decima, proveniente dalla chiesa francese, atta all’organizzazione della Crociata, per la liberazione della Terra santa.

Intanto l’8 settembre 1303, il papa, che si trovava nella natia Anagni, preparò una bolla di scomunica contro il re di Francia, reo di aver convocato, nel precedente mese di giugno, gli Stati generali, per accusar il pontefice di essere l’assassino di Celestino V e di praticare la sodomia. La bolla sarebbe stata pubblicata l’8 settembre, ma il giorno precedente scoppiò un complotto, che ne impedì la pubblicazione. Guglielmo di Nogaret, che si trovava sin dalla primavera in Italia, allacciò rapporti coi Colonna, per organizzare una congiura, che avrebbe interessato anche larga parte della borghesia di Anagni. La mattina del 7 settembre, i congiurati spinsero gli abitanti ad assalire il palazzo pontificio, che sarebbe caduto la sera stessa, mentre il papa rimaneva orgogliosamente seduto sul trono, indossante la tiara, in attesa degli assalitori. Gli fu imposto di reintegrare i due cardinali Colonna, quindi di abdicare e consegnarsi prigioniero, ma il vicario di Cristo sdegnosamente rifiutò, dichiarandosi pronto a morire. Non si hanno certezze sul famoso schiaffo da parte del Nogaret; possiamo tranquillamente credere che il papa fu forse trattato molto male, tantoché anche Dante vivacemente se ne lamentò:

eggio in Alagna intrar lo fiordaliso,

e nel vicario suo Cristo esser catto.

.

Veggiolo un’altra volta esser deriso;

veggio rinovellar l’aceto e ‘l fiele,

e tra vivi ladroni esser anciso3.

Nacque allora una diatriba tra Nogaret, che voleva condurre il papa dal suo re, e Colonna, che, invece, si opponeva, e grazie al contrasto, Bonifacio VIII ebbe salva la vita, ma fu condotto in carcere, da dove fu fatto fuggire appena tre giorni dopo per intervento del popolo. Affidatosi alla protezione degli Orsini, il papa tornò a Roma in condizione psico – fisiche assai precarie, dove trovò la morte l’11 ottobre del 1303.

Giotto – Bonifacio VIII indice il Giubileo (San Giovanni in Laterano, Roma)

Fu indubbiamente l’ultimo papa, che intese esercitare l‘idea della Chiesa dominatrice del mondo. La sua grandezza si manifestò anche nel mecenatismo e nel culto della personalità, per cui si fece immortalare in un gran numero di statue in marmo e bronzo, e nell’affresco, realizzato da Giotto, in S. Giovanni in Laterano, in cui proclama l’Anno santo. E così, Bonifacio VIII interpretò il ruolo di servus servorum Dei.

.

(1) DANTE ALIGHIERI. Inferno, Canto XIX, vv- 57 – 59.

(2) Op. cit., Canto XVIII, vv. 28 – 30

(3) DANTE ALIGHIERI, Purgatorio, Canto XX, vv. 86 – 90.

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