Il sonetto fu scritto il 28 settembre 1830; ed ubbidisce alla formula ABAB ABAB CDC DCD
Narra della morte di un povero cristiano di nome Titta l’imponente, il quale per non aver curato le conseguenze di una febbriciattola, si è ritrovato nel letto dell’ospedale Santo Spirito, dove non è riuscito a sconfiggere il male, che lo aveva colto. E la moglie, Caterina (Nina)? Qualcuno l’ha vista già sotto braccio ad un altro amico.
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Hai sentito eh? ppovero Titta er greve
Povera nuu zia l’anima! ha spallato.
Ma! un giuvenotto da potesse bbeve
Drento in un bicchier d’acqua, eh? O che ppeccato!
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Inzinenta dar giorno de la neve,
Se portava un catarro marcurato.
E Ssan Giacinto te l’anno a rriceve
In d’un fonno de letto, ggià appestato!
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Da ‘na gnàgnera a un’ antra, stammatina
In zanitate rospite, bz, è mmorto
Pien de decupis dereto a la schina.
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A quinisciora fanno lo straporto
Der corpo in forma-papera: e ggià Nnina
Se fa vvede a bbraccetto co’ lo storto
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(Hai sentito, eh? Povero Titta l’imponente / Povera non sia l’anima sua ! E’ morto / Ma! Sembrava ancora un giovane / in piena salute, eh? Oh, che peccato)
(Fin dal giorno che nevicò / si portava le conseguenze di un raffreddore. / E nella corsia di Sa Giacinto (dell’ospedale Santo Spirito di Roma) l’hanno ricoverato / mettendolo in un letto ch’era stato occupato da un altro ammalato)
(Da una febbriciattola ad un’altra, stamattina / all’improvviso, è morto / pieno di decubiti sulla schiena)
(Alle ore 15 provvederanno al trasporto / del cadavere in forma pauperum: e già la moglie, Caterina / è stata vista sottobraccio ad un altro uomo)