Atena era la vergine guerriera. Per gli ateniesi, rappresentava il simbolo dell’inespugnabilità della città di Atene.
La dea si distinse nell’invenzione del flauto e della tromba; del vaso di terracotta, del rastrello, del giogo per i buoi, della briglia per i cavalli; del cocchio; e della nave. Inventò altresì l’arte della cucina.
Nonostante fosse anche la signora della guerra, non portò mai le armi con sé, lasciandole in potere del padre, Zeus.
Durante la guerra troiana, ritenne necessario l’uso degli armamenti bellici, ma non riuscì ad ottenerli dall’Olimpico, che si era dichiarato neutrale; fu allora costretta a ricorrere ad Efesto, che le fabbricò gratuitamente il necessario, dichiarandosi d’operare per amore. Quando fu giunto il momento di ritirare l’armamentario, la dea si recò presso la fucina, dove il dio l’attendeva bramoso. Il comportamento scellerato del dio dei fabbri nacque da un terribile malinteso: Poseidone gli preannunciò l’arrivo della dea col consenso di Zeus, il quale auspicava che i due dei si unissero. La vergine non fu fortunatamente deflorata, ma Efesto sparse il suo seme sulla coscia della dea, che lo raccolse disgustata con della lana, che poi precipitò nel vuoto. Il gettato cadde presso Atene, dove fecondò Gea, che si trovava in quei paraggi. Il figlio sarebbe stato rigettato da Madre Terra, sicché Atena fu costretta ad occuparsene. Lo chiamò Erittonio, affidandolo alle materne cure di Aglauro (altro appellativo della Luna), figlia maggiore del re d’Atene. I cittadini lo avrebbero rappresentato con sembianze umane e colla testa di serpente, che divenne ben presto simbolo della stirpe regale.
Una sera, Ermete, innamorato di Erse, corruppe con dell’oro Aglauro, perché lo facesse giacere colla sorella, di cui era gelosa. Il dio fu costretto a trasformarla in pietra, quindi entrò nella stanza della giovane, con cui generò Cefalo e Cerice, il primo araldo dei Misteri eleusini. Erse si recò nella stanza della sorella pietrificata e vi scorse un cestino; ne sollevò il coperchio ed intravide il mostruoso Erittonio. Per lo spavento si gettò dall’Acropoli.
Quando Atena seppe del misfatto, informata da un corvo bianco, ne mutò le penne nel colore nero, quindi lasciò cadere un enorme masso, che formò il monte Licabetto. Senza più nutrice, Erittonio fu costretto a vivere nell’egida della madre, fin quando divenne re di Atene, dove istituì il culto di Atena.
Altri mitografi ci offrono un’altra versione della morte di Agraulo. Costei si sacrificò, precipitando dall’Acropoli, al fine di salvare la città di Atene dall’assedio nemico. Fu allora istituito il pellegrinaggio, che i giovani soldati osservavano, recandosi, all’inizio del servizio di leva, presso il tempio di Agraulo, offrendo e consacrando la loro vita.
Molti dei chiesero Atena in sposa, ma ogni proposta fu cortesemente rifiutata. Per salvare la sua probità, accecò Tiresia, donandogli la chiaroveggenza, perché sorpresa nuda mentre era in bagno.
In un’occasione, la dea mostrò tracce d’invidia nei riguardi della principessa Aracne, assai esperta nell’arte della tessitura. Quando vide un mantello intrecciato dalla giovane, non vi trovò alcun errore, così, colta da impeto d’ira, lo lacerò. Aracne, allora, per la disperazione s’impiccò ad una trave, dove fu tramutata in un ragno, e trasformò la corda in una ragnatela.