Le impressioni dopo la prima de “Un ballo in maschera” di Giuseppe Verdi

La rivista La Musica pubblicò le impressioni suscitate dopo la prima di Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi nel numero pubblicato il primo aprile del 1859.

«La grande impressione destatami dalla nuova musica del Verdi mi condurrebbe necessariamente a considerazioni generali e ad analisi cui non comporta l’indole di una corrispondenza, la quale non deve attenersi che ai ragguagli dell’esilio e dell’esecuzione.

Mi basti il dirvi che questa mia impressione non la fu né dubbia, né oscurata da incertezze di comprensione, poiché la nuova opera è anzitutto ispirata popolare chiarissima: la novità assoluta delle forme, il grande studio, gli ardimenti dell’istromentazione e dell’interpretazione drammatica non tolgono né annebbiano l’essenza metodica del componimento.

C’è molto da stupire colla mente, ma c’è assai più da sentire e godere nell’animo. Ma ecco che senza avvedermene vado sfiorando la critica, che in questo giornale pel Ballo in maschera occuperò un posto più ampio.

L’esito fu brillante la prima sera, luminosa la seconda, e crebbe sempre più: come accade di regola per la bella musica quando s’insinua maggiormente nell’animo degli uditori e va scoprendo nuove attrattive. E’ indicibile la passione del pubblico per quest’opera; è uno spettacolo a sé il teatro di Apollo nelle sere del Ballo in maschera, pieno, zoppo, che non ci rimane spazio per un bimbo né a sedere né a starsene in piedi. In mezzo al calore che si solleva fra tanta folla il pubblico trova la lena agli applausi al segno da chiamare il Maestro al proscenio assai più che trenta volte. La terza sera vi fu anche gran pioggia di epigrafi o di versi, in cui non vo’ descrivervi che razza di superlativi e di adorazioni si contengano!

Si è supplito in fretta alla meglio con qualche pugno di orpello trito che in forma di pioggia d’oro cadde a spruzzi dall’alto sull’eccelso capo dell’illustre compositore mutatis mutandis una nuova metamorfosi di Giove! In un certo senso la pioggia d’oro non è cattiva e mai gradita allusione, qualora si convertano le bricciole d’orpello in altrettanti dischi di ben diverso valore!

Gaetao Fraschini (1816 – 1877)
Eugenio Giraldoni (1871 – 1924)

Vi dirò brevi cose ed imparziali sull’esecuzione, in alcune parti eccellente, in altre mediocre, e pur troppo anche pessima. L’esita di quest’opera non è dovuto all’esecuzione; ad onta che il Fraschini ed il Giraldoni cantino perfettamente, che Julienne non guasti, le altre due parti di donna sono talmente legate ai pezzi più belli ed importanti dell’opera che da esse dipende tutto l’effetto. L’indovina (contralto) qui scolora il terzettino del primo atto ch’è una delle più delicate ed originali ispirazioni dello spartito, non s’accorda bene nel largo del finale, rovina tutta la scena dell’Invocazione che dovrebbe altrimenti levare il teatro a rumore. La signora Sbriscia ha poca e bruttissima voce, senza estensione né dal lato degli acuti né dall’altro dei bassi.

Pel Paggio il guaio è più serio; ad esso appartiene la musica gaia, brillante, i più belli allegri dello spartito. Per armonizzare le tinte scure colle vivaci e’ fu introdotto a cantare in tutti i pezzi di concerto di cui abbonda lo spartito; in questi brani d’insieme il Paggio canta a voce spiegate la cantilene salienti, quelle su cui si aggirano le altre parti e si ricamano gli accompagnamenti. La è insomma né più né meno che un’altra prima donna soprano, la quale deve possedere voce forte, timbrata, estesa, agilità ed eleganza di canto, somma disinvoltura e brio nell’azione; qualità tutte che la signora Scotti non possiede né punto né poco.

Il pubblico romano fu tollerante, rispettoso oltre ogni dire: con rara eccezione seppe astrarre la malvagità dell’esecuzione dalla bellezza reale della musica, applaudì il Maestro, e fu longamine coll’artista.

Fraschini meritamente è il più applaudito; anzi crediamo che nessun altro tenore possa in questa bella parte nonché superarlo, eguagliarlo. Egli è un vero artista coscienzioso, intelligente, che sa misurarsi calcolare gli effetti senza cadere in verun manierismo od esagerazione; ha nella voce una potenza irresistibile, una vibrazione accentata che tocca il cuore; come cantante non lascia desideri; come attore si potrebbe notare poca cura, o meglio poca attitudine a figurare col gesto, colle pose, coll’espressione del volto quei sentimenti, quelle situazioni del dramma che col canto esprime con tanta efficacia.

Giraldoni è artista intelligentissimo; ha non molta voce, ma insinuatissima, che si presta grandemente al linguaggio dell’effetto e della passione. Solo che talora è malferma. La parte di Renato gli si attaglia benissimo e pel carattere della musica e del personaggio ch’è rappresentata egregiamente. Nella scena terribile con Amelia, nell’aria, nell’episodio interessantissimo del sorteggio egli è attore insieme e cantante; dipinge bene i contrasti dell’ira, della gelosia, dell’amore; sa trovare i passaggi dal concitamento della vendetta alle lamentevoli emozioni di memorie dolci ed affettuose.

Sul merito artistico della signora Julienne non seppi formarmi un concetto preciso; l’istruzione personale di Verdi le ha giovato certamente, ché alcuni pezzi li canta bene, li esprime con accento abbastanza animato e naturale, per quanto si può attendere da cantante francese.

Le altri parti secondarie, che hanno pure molta importanza, sono assai buone, sovratutti il Bossi ed il Bernardoni, due bassi che rappresentano Samuel e Tom, nemici del governatore.

Questi sono i personaggi infausti e terribili del dramma, i quali colle voci cupe e gli accenti adirati si mescolano dappertutto a guastar le gioie a suscitar le ire e le vendette.

Dei cori romani non è meraviglia il dir bene; si sa che in Italia son dei migliori per la forza delle voci, per l’accordo, l’anima ed il colore che danno alla musica.

Sotto la direzione vigila e appassionata dello stesso autore dell’opera essi fecero meraviglie; e così dicasi dell’orchestra che non ebbe ad affrontare delle solite accompagnature, che dovea vincere difficoltà di meccanismo, soddisfare a sottili, minuzione esigenze di colorito, studiare le nuove combinazioni trovate dal fervido e immaginoso maestro. Gli archi suonano con eguaglianza, precisione, gradazione; gli ottoni oltre la perfezione dell’accordo, la sicurezza delle sortite suonano senza strillare con bellissimo impasto delle voci. Nel complesso dell’orchestra, molta unione, molto calore e sovratutto molta e costante attenzione.

L’impresa negli abiti nelle decorazioni non badò a risparmi; le vesti sono un cattivo di varie epoche, però ricche, e di buon gusto per le forme e pei colori. Ben ideato e ben eseguito il movimento scenico. Le scene, all’infuori di qualcuna, non belle; sopportabili però in un teatro che ha così sconcie pitture nel soffitto, che ha decorazioni da birreria all’ingiro dei palchi, ch’è sciupato, sporco, annerito, indecente; un teatro a cui interviene il fiore della società europea, ché all’opera di Verdi intervennero milordi, altezze e sovrani, la famiglia reale di Prussia, Maria Cristina, e il principe ereditario d’Inghilterra».

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