La Stampa denunciò come la situazione a Fiume si mantenesse immutata.
«Nella giornata di ieri hanno fatto ritorno ai loro reparti altri sessanta bersaglieri ciclisti ed alcuni ufficiati e soldati della brigata Sesia. Il generale Badoglio ha rivolto un appello agli ufficiali e soldati che attualmente si trovano a Fiume, ricordando loro che oggi scade il termine per fare ritorno alla zona di armistizio. Il generale Badoglio, la cui opera ferma a serena si compie in piena armonia colle direttive del Governo, continua ad aver rapporti coi principali cittadini di Fiume onde ottenere che nessun doloroso incidente possa essere provocato dalla sovreccitazione dagli animi».
I commenti della stampa estera. La stampa francese si mantenne nel più prudente riserbo.
L’«Echo de Paris», rara eccezione, scrisse: «Siamo ben lontani dall’approvare una tale avventura; ma, a guardare le cose dall’alto, essa è la conseguenza delle correnti nazionaliste, le quali, nell’Europa attuale, resistono allo stato supernazionale che la Conferenza di Parigi molto timidamente ha tentato di creare.
La vera soluzione da darsi all’affare consiste nel regolare il problema di Fiume lasciando la città all’Italia ed assicurando, mediante garanzie internazionali, le comunicazioni marittime dello Stato Jugoslavo. Ieri l’altro il Governo italiano si è sforzato di trascinare le Potenze su questa via facendo concessioni importanti sulla costa dalmata che il Trattato di Londra gli assicura. E’ una disgrazia che l’opposizione americana abbia impedito a questi sforzi di riuscire. Noi non vediamo alcuna altra soluzioni.
L’«Action Française» precisò le basi del compromesso intervenuto tra le grandi Potente europee dell’Intesa e Tittoni:
«La città di Fiume sarebbe data all’Italia; la parte ovest del porto lasciata ai Jugoslavi, le strade ferrate e le vie di comunicazione giungenti al porto sarebbero internazionalizzate.
«La città di Fiume sarebbe data all’Italia; la parte ovest del porto lasciata ai Jugoslavi, le strade ferrate e le vie di comunicazione giungenti al porto sarebbero internazionalizzate.
Tittoni si presenterà domani avanti alla Camera col doppio prestigio di essere stato autore di un ravvicinamento singolarmente importante tra gli Alleati in senso favorevole all’Italia e di essere totalmente estraneo alle dichiarazioni impopolari fatte da Nitti alla Camera circa l’entrata di D’Annunzio a Fiume. Se di fronte al malcontento prodotto dal suo atteggiamento il Primo Ministro non potesse mantenersi al potere, sarebbe molto possibile che Tittoni fosse chiamato a succedergli. Così il gesto del poeta sembra di più in più dover produrre serie conseguenze».
Il «Temps», in un articolo si rammaricò che il Consiglio Supremo si fosse separato nei momenti in cui rimangono tante questioni da trattare, parla specialmente della questione di Fiume e scrisse:
«Perché l’Italia attraversa questa pericolosa crisi, in cui le forze stesse che fecero la sua unità durante la guerra minacciano di disunirla durante la pace ed in cui le forze stesse che la condussero al nostro fianco durante la guerra lavorano a separarla da noi durante la pace?
Non si sarebbe giunti a questo punto se i Governi che siedono nel Consiglio Supremo avessero compreso prima, come il Governo francese lo comprende, e come noi abbiamo costantemente sostenuto in questo giornale, che l’italianità di Fiume appassionava il popolo italiano e che occorreva cercare una soluzione che desse la città di Fiume all’Italia, pur tutelando in altro modo l’indipendenza economica degli iugoslavi.
Per non aver pensato al consolidamento interno degli Stati, ecco a che cosa siamo giunti! Mentre il Governo italiano è costretto a tener testa ad una parte del suo paese, il Governo jugoslavo sta per armare colla morte nell’animo, dopo due crisi ministeriali, il Trattato, che lo costringe ad accarezzare in casa propria i bulgari, i magiari ed i tedeschi. E’ necessario venire ad una politica di coesione, e proprio in questo momento il Consiglio Supremo si separa».
L’«Echo de Paris» affermò che l’unica soluzione efficace da dare agli avvenimenti di Fiume fosse di risolvere una volta per sempre il problema di Fiume, lasciando la città alla sovranità italiana ed assicurando con garanzie internazionali le comunicazioni marittime dello Stato Jugoslavo.
Secondo l’«Eclair», il progetto di accordo intervenuto fra l’Italia, Francia ed Inghilterra sarebbe stato inviato al Presidente Wilson col fervido appoggio della Delegazione americana a Parigi.
La risposta di Washington che per la tranquillità di una parte dell’Europa dobbiamo augurarci confermi gli equi voti espressi dalle tre grandi Potenze, non potrà tardare. L’Inghilterra e la Francia lasciano al Governo di Roma la soluzione dell’Impresa di D’Annunzio, ma esse non chiedono di meglio che di ratificare la soluzione che si erano augurata.
Poiché apprendiamo dai giornali di oltre Alpe che l’on. Tittoni ha trovato il primo efficace e fervido appoggio nel nostro Presidente del Consiglio, Clemenceau, ci rallegriamo al pensiero che la leggenda che la Francia fosse sistematicamente ostile all’Italia verrà a cadere da se stessa».
I giornali tedeschi e svizzeri ricevevano i commenti su Fiume dalla parte jugoslava, la quale preannunciava l’organizzazione di un gruppo di volontari da parte dall’ex Principe ereditario, Giorgio Karađorđević. La stampa dichiarava mendace il Governo italiano di fronte ai desideri di D’Annunzio (non poteva non sapere!). Fiume fu riempita di truppe armate pronte ad offendere il suolo jugoslavo, e se ciò fosse accaduto, sarebbe stata la miccia per lo scoppio di un nuovo conflitto mondiale.