Enea e la pietas

La città di Troia è in fiamme. Un uomo si allontana, portando sulle spalle il babbo, Anchise, e stringendo la mano del figlio, Ascanio, al quale affida i penati. Guidato dalla mamma, Venere, e da un messaggio dell’ombra di Ettore, ricevuto in sogno, ha abbandonato la città, portando tutto ciò che poteva recare con sé. Smarrì la moglie Creusa, che tentò di recuperare, ma ne incontrò solo l’ombra, ricevendo l’ennesimo stimolo ad andarsene.

Guido Reni. Il ratto di Elena (Louvre)

Gli Achei gli risparmiano la morte, poiché fu tra i pochi a consigliare ai suoi la restituzione di Elena, il cui rapimento scatenò la guerra. Egli è seguito da molti superstiti della distrutta città di Ilio, che trovano dapprima riparo sul monte Ida, l’odierna Turchia, ed, avendo deciso di cercare una nuova terra, s’impegnano alacremente nella costruzione di navi.

Preso il mare, giungono a Delo, dove l’oracolo di Apollo invita Enea a cercare la madre della sua stirpe, così Anchise dirige, erroneamente, la flotta verso Creta, patria di Teucro ed Ilo, suoi antenati. Una provvidenziale pestilenza, che si abbatte sull’isola, e l’avvertimento dei penati convincono Enea a dirigersi sulle coste laziali presso la città di Corito Tarquinia, fondata da Dardano, i cui discendenti fondarono la città di Troia. Egli sente così il peso della responsabilità di donare una nuova patria ai sopravvissuti, poiché in lui domina la pietas, la devozione alla divinità e sente il rispetto per i vincoli familiari.

La flotta approda presso le isole Strofadi, nel mar Ionio, dove Celeno, regina delle Arpie, gli confida tristi presagi.

La seconda tappa è l’arrivo a Butroto, nell’Epiro, dove incontra Andromaca ed Eleno, che vaticina l’attracco a Drepano, ne pressi in Sicilia, perché costì ha sede il tempio della mamma, Venere. Purtroppo Anchise vi troverà la morte.

Peter Paul Rubens. Il giudizio di Paride (Museo del Prado, Madrid)

L’avvicinamento alla meta continua, ma la perfida Giunone, che ha in odio i Troiani perché Paride consegnò a Venere il pomo della discordia, scatena una violenta tempesta, che provoca l’allontanamento dalla meta.

Ella è protettrice della città di Cartagine e conosce il destino di Enea, la cui stirpe fonderà quell’Urbe, che prevarrà sulla sua sostenuta.

Al termine della tempesta, la flotta si ritrova sulle coste africane, accolti dalla regina Didone, a cui l’Eroe confessa la sua tragica storia. La donna presto cade nei sensi dI due amanti regolarizzano la loro unione, ma Mercurio, inviato da Giove, ricorda ad Enea il suo destino: egli è costretto nuovamente a partire. Nel cuore della notte, la flotta lentamente si allontana dalle coste africane, mentre Didone, vedendo scomparire all’orizzonte quel naviglio, si dà la morte, maledicendo Enea e profetando profonda rivalità tra le due stirpi.i Enea, e così Venere, preoccupata per la sorte del figlio, invia Cupido sotto le spoglie di Ascanio.

Guercino. La morte di Didone (Galleria Spada, Roma)

I profughi giungono nuovamente ad Erice, ed una parte della ciurma decide di accamparsi. I pochi superstiti sono guidati da Enea verso Cuma, dove lo sta attendendo la Sibilla, che lo deve condurre nell’Ade. Durante la navigazione, perde il fedele Palinuro, timoniere, che a causa della stanchezza e del vento cade in acqua. Riesce ad arrivare sulle coste laziali, ma è ucciso dagli autoctoni, che gettano il corpo in mare.

L’ingresso dell’Ade si trova all’interno del cratere di un vulcano spento. Enea vi entra attraverso i Campi Flegrei. Accompagnato dalla Sibilla,  riesce ad ingannare Cerbero, il guardiano. Pagato l’obolo al traghettatore, Caronte, attraversato il fiume Acheronte oltrepassa i giudici Minosse, Eaco e Radamanto. Incontra molti troiani, sorpresi perché egli è vivo, ed altrettanti greci, che fuggono terrorizzati. Incontra Palinuro, che gli chiede riposo in una tomba; Didone appena scorso l’antico amante, si allontana restando in silenzio. Il solo Anchise rassicura il figlio sul successo del suo viaggio e sulla gloria, che attende la sua stirpe.

Jan Brueghel il giovane. Enea e la Sibilla (Museo Metropolitan di Nuova York)

Tornato tra i vivi, la flotta si ferma a Caieta, antica sua nutrice, che darà il nome alla città di Gaeta. Il destino si compie, quando giunge nel Lazio. Offre sacrifici agli dei, quindi Enea si preoccupa d’inviare al re Latino degli ambasciatori, perché ottengano il permesso di fondare una nuova città. Il sovrano accetta e, pur avendo promesso la figlia, Lavinia, al re dei Rutuli, Turno, la dona in sposa all’Eroe, perché si compia il vaticinio dell’oracolo, secondo cui Lavinia sarebbe andata in sposa ad un uomo venuto da lontano.

Turno è mosso da forte gelosia e rabbia, e così, ancora una volta, Giunone interviene, inviando la furia Aletto, perché scateni la guerra tra Troiani e Latini. L’Erinni provoca un incidente: Ascanio uccide per errore la cerva addomesticata da Almone, cortigiano di Latino, che organizza una spedizione. Ben presto i due gruppi vengono alle mani e durante lo scontro il cortigiano rimane ucciso. Sarebbe l’occasione propizia, per muoversi contro i Troiani, ma Latino temporeggia, indispettendo Giunone, la quale apre le porte del Tempio di Giano, decretando la guerra.

Turno coi Rutuli, Camilla dei Volsci e l’esiliato etrusco, Mezenzio si schierano dalla parte dei Latini. Enea, intanto, stava risalendo il Tevere, al fine d’incontrare l’arcade Evandro, fondatore della città di Pallante sul Palatino, il quale, saputo dell’imminente scontro, invita l’amico a chiedere l’aiuto di Tarconte, re degli Etruschi di Tarquinia.

Il dio Tiberino appare in sogno ad Enea, vaticinando lungo il cammino l’incontro con una scrofa bianca con trenta cuccioli, dove, trent’anni dopo, Ascanio avrebbe fondato Alba Longa.

La guerra inclina verso i Latini; nella notte, i troiani, Niso ed Eurialo, sono costretti ad attraversare il campo avversario, per avvisare Enea – ancora lontano dal luogo dello scontro – ma prima di arrivare a destinazione sono catturati ed uccisi. L’Eroe finalmente si pone a capo del suo esercito e vendica la morte di Pallante, figlio di Evandro, uccidendo Mezenzio ed il figlio Lauso. E’ firmato un armistizio tra le parti in causa, che sottoscrivono un accordo, secondo cui la sorte del conflitto sarà decisa da un duello tra i campioni delle avverse forze.

Turno vorrebbe sfidare Enea e il vincitore avrà il regno e la mano di Lavinia. Il patto è sottoscritto, ma Giunone spedisce la di lui sorella, Giuturna a convincere i Rutuli a rompere il patto. Il destino della dea ha ragione e, durante l’infuriar della battaglia, Enea è ferito ad una gamba, mentre i Latini paurosamente indietreggiano, lasciando molti amici sul campo.

Venere guarisce il figliuolo ed immediatamente attacca la città di Laurento. La moglie di Turno, la regina Amata, si suicida, mentre il re capisce che anche il suo destino è segnato. In cielo, Giove convince Giunone a non interessarsi più del conflitto, così da evitare ad Enea nuovi ostacoli.

Taciute le armi, inizia il duello tra i due condottieri. Enea da subito prevale, e Rutulo lo prega rendergli salva la vita. L’eroe troiano è lì per cedere, quando lo sguardo cade sul cinturone di Pallante, indossato dal nemico, e non lo risparmia.

Il vincitore può finalmente legarsi alla principessa Lavinia, a cui dedica la città di Lavinio, dove governa, riunendo i superstiti troiani e latini. Dopo quattro anni di serenità, l’Eroe è rapito al cielo. Lascia moglie in attesa di Silvio, che – come predetto dal dio Tiberino – trent’anni dopo avrebbe fondato Alba Longa. Trenta discendenti si succederanno, fin quando salirà sul trono Numitore, nonno di Romolo e Remo.

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