Il mosaicista Petrus dictus Caballinus de Cerronibus, (Roma, 1240 – 1330 ca.) ritrae alcuni episodi riguardanti la vita della Vergine: la Nascita, l’Annunciazione, la Natività, l’Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio ed infine la Morte, commissionati dal cardinale Bartolomeo Stefaneschi (sepolto nella Basilica), cui è dedicato un settimo riquadro, mentre presenta i mosaici a Maria accompagnato da S. Pietro e S. Paolo.
Quali furono i riferimenti, che influenzarono il Cavallini nella composizione del suo mosaico; quale il contesto storico in cui realizzò la sua opera?
Essa fu eseguita nel 1291, a cavallo di un mondo, che stava rapidamente cambiando, ponendosi quale memoria del passato e nascita di un nuovo linguaggio pittorico. Certamente, l’artista sarebbe stato influenzato dal mosaico dell’abside di Santa Pudenziana (V sec.), così come dalle storie dell’Antico Testamento di S. Maria Maggiore; rammentiamo che, nello stesso periodo, Jacopo Torriti stesse realizzando le «Storie della Vergine» nella vicina S. Cecilia in Trastevere.
Cavallini realizzò una serie di quadri nel tamburo absidale della Basilica in un trionfo di oro, pietre ed abiti sfarzosi; le scene rivelano l’impronta bizantina nei fondali d’oro ov’è raccolto il lavoro, così come i bei tendaggi della Vergine e la sua iconocità, che tenta di ritrovare un humanitas occidentale ispirata ai modelli classici. Evidente risulterebbe l’adozione di novità tecniche provenienti dalla scultura e dalla pittura toscana, soprattutto nella realizzazione tridimensionale del trono nella scena dell’Annunciazione. Egli racconterebbe delle scene di vita, in un ambito prospettico, non ignoto agli artisti romani, usando le tessere del mosaico a mo’ di pennellate, creando così massa pittorica ed evidenziando sfumature di colore, al fine di creare dei chiaroscuri.