«Ho avuto la tua lettera per tempo. L’ho letta con profondo tremito interiore; e una fiamma segreta mi corre pel sangue, da quell’ora. Oh, non turbarmi così!
Tu non potrai immaginare mai l’irrequietudine dolorosa che mi hanno messa nei nervi le tue parole tanto crudelmente soavi. – Ti ho veduta: ti vedo -. Io so, io so come tu sei quando sei così: – ho d’innanzi vivo il fantasma della meravigliosa sensazione.
Tutta la pelle è un velluto odorante; ciascuno dei tuoi pori diventa quasi una piccola bocca che rende i baci; ogni tuo moto suscita un’onda di voluttà smisurata; e dai tuoi occhi, di sotto alle pupille un po’ gravi, fluisce non so quale carezza, immateriale, continua, inesauribile, dove l’anima mia si annega e si smarrisce e mille volte crede morire.
[…] Leggo e rileggo la tua lettera, senza saziarmi, con una voluttuosa lentezza, come un veleno dolce e mortale e ti vedo, quasi ti sento…
[…] Ti ricordi del 29 agosto, dell’acqua ghiaccia, dello specchio, della sedia, nella stanza ombrata?
Addio. Che terribile smania di torturarmi e di torturarti! Addio. Ti mordo la bocca senza pietà
6 settembre 1890»
La lettera. Un indizio per quanto timido della sua presenza. Quella lettera toccata dalle sue dita, ha acceso l’anima dell’amante, scossa da un brivido viscerale, che ha acceso improvvisamente un’incessante vampa, che consuma ogni attimo di vita. L’emozione è così forte, che quasi si desidererebbe non esserne vittima sacrificale.
La lettura un poco alla volta scorreva così da provocare uno stato nevrotico doloroso, per la soavità, che esprimeva nell’assenza di lei; tanta voglia di esserle vicino, di cancellare lo spazio di fronte ad una realtà, che aveva spinto gli amanti lontani. Eppure, nel dolore fisico, l’unica consolazione constava nello sforzo supremo almeno d’immaginarla, per vederla materializzarsi come un fantasma, composto dell’intimo profumo delle nudità femminili.
L’olfatto si gusta di quel profumo, che sembra scaturire dai pori della sua pelle, piccole labbra create, per essere baciate e dispensare baci all’uomo amante, dannatamente schiavo dell’onda misteriosa di erotismo, col quale è avvolto. Il movimento regolare degli occhi sembrano emanare chissà quale carezza immateriale, che non concede pausa, che sembra interminabile, tanto da togliere ogni processo cognitivo all’uomo, vittima di sì tanto desiderio.
Allora, ritorna a leggere da capo; ed ancora una volta; ancora un’altra, forse al fine di intendere, scoprire significati reconditi sfuggiti ad una prima lettura. Al posto di nuovi significati, nel trascorrere lento del tempo, un’onda velenosa s’insinua nella mente di lui, attraverso il quale sembra materializzarsi la sublime presenza di lei.
Ora il ricordo è più preciso: l’elenco di alcuni giochi erotici, in cui le anime si sono reciprocamente avvinte e saziate. L’acqua ghiacciata che sciogliendosi si è trasformata in un piccolo ruscello, da cui poter bere, trasformando il suo corpo in una coppa. Lo specchio che replica le gesta amorose, moltiplicando il desiderio ed il godimento nel vedere la propria e la di lei immagine riflessa, nella tensione dell’orgasmo finale. La sedia sulla quale lui si è accomodato, attendendo il contatto con le cosce di lei, mentre i due sessi si univano in un movimento regolare e sempre più veloce e violento. L’ombra che rende l’atmosfera misteriosa, intima, privata, silenziosa, come le parti dell’eros visibili solo agli occhi degli amanti, che violano quella segreta intimità, accarezzandone i contorni, conquistandone gli anfratti.
Ti mordo la bocca senza pietà.