Sabato 13 settembre 1919, il Giornale d’Italia comunicò la notizia dell’avvenuta occupazione di Fiume da parte di mille volontari guidati da Gabriele D’Annunzio.
«Gabriele D’Annunzio ieri, alle ore 15, ha lasciato Venezia nel più stretto incognito con pochi fidati per compiere il voto del suo cuore e di tutta Italia, per marciare su Fiume lungo la via di terra. Lo attendevano molti volontari ed insieme a lui marciarono tutta la notte, raggiungendo un notevolissimo contingente di fede giurata.
Gabriele D’Annunzio, a capo delle truppe liberatrici, è entrato oggi all’alba in Fiume. Non si hanno altri particolari. Il piano di azione in un prima tempo sembra che sarà pacifico e cortese verso gli Alleati, che saranno invitati a lasciare libera la città e dai quali si spera di ottenere il riconoscimento del diritto che Fiume ha di disporre di se stessa. In città sarà subito fatto il controllo delle truppe liberatrici. E’ assicurato che altri importanti contingenti di truppe volontarie raggiungeranno i primi scaglioni nell’ardua impresa. Proprio ieri dovevano partire gli ultimi reparti di bersaglieri italiani ed il 6° reggimento di artiglieria. Si attendeva di ora in ora l’arrivo del generale inglese per sostituire quello italiano.
La notizia è così grande che, contrapposta alle difficoltà che si dovevano superare, qualcuno potrà dubitare dell’esito. Sono in lotta, da una parte, i campioni del diritto e dall’altra il mondo affaristico, per una città ormai sacra. Da una parte l’idea della giustizia, dall’altra il demone dell’oro.
Perché l’impresa liberatrice riesca bisogna che ognuno abbia fede in essa, fede assoluta che debba riuscire».
Il corrispondente dell’Epoca telegrafò da Venezia:
«Stamane, all’alba, mille volontari, capitanati da Gabriele D’Annunzio, dopo di aver marciato tutta la notte, sono entrati a Fiume. Ad essi si sono aggiunti altri numerosi reparti di volontari fiumani.
La città è attualmente sotto il controllo dei liberatori che dispongono di almeno duemila uomini. Grande entusiasmo regna fra i cittadini.
La notizia è confermata nel fatto, ma non nei particolari. Da un po’ di tempo erano segnalate partenze alla spicciolata per Fiume di giovani e di ufficiali da Bari, Ancona e altri porti del litorale. A Roma si era costituito un Comitato apposito di arruolamento per una spedizione a Fiume.
D’Annunzio non faceva mistero del suo proposito. Egli è partito ieri sera in motoscafo da Ronchi, alta foce dell’Isonzo, ed è sbarcato nelle vicinanze di Fiume, dove i suoi volontari dovevano esser concentrati. Quello che è avvenuto dopo la partenza del poeta da Ronchi non è ancora noto a Roma. Si sa che il proposito di D’Annunzio è quello d’impadronirsi della città e di proclamarne l’annessione al Regno».
Il Poeta scrisse al direttore dell’Idea Nazionale:
«Il dado è tratto! Quando questa mia ti giungerà, io avrò occupato la città fedele. Mi levo febbricitante e parlo perché è necessario. Vivere, star bene non è necessario. Quella di domani mattina sarà una bella alba! Ti abbraccio, e abbraccio in te i compagni sinceri».
Le notizie logicamente suscitarono a Roma una vivissima impressione. Presso la Camera dei Deputati, avvenne il primo contatto tra il Ministro della guerra, generale Alberico Albricci, e il Presidente del Consiglio, Francesco Saverio Nitti. Raccontò La Stampa:
«Alle ore 18 si è visto il generale Albricci avvicinarsi al presidente del Consiglio e comunicargli un telegramma. L’onorevole Nitti, dopo un istante di meraviglia, si è rivolto molto concitatamente al generale Albricci, col quale ha conversato alcuni minuti nervosamente. Quindi ha chiamato presso di sé il Ministro della Marina.
Dal colloquio — osservato a distanza — risultavano evidenti segni di disappunto del Presidente del Consiglio, il quale ha buttato più volte sul banco le carte che teneva in mano. Subito dopo il Ministro della Guerra è uscito in fretta dall’aula, dove è rientrato qualche minuto dopo.
Intanto erano state recate a Montecitorio le copie delle edizioni speciali dei giornali. Qualche deputato ha chiesto notizie del fatto al Governo. I Ministri hanno risposto di non potere confermare la notizia, perché, allora, nulla si sapeva di preciso. Sembra da notizie inviate da D’Annunzio a suoi amici, che gli si sia assicurato qualche migliaio di volontari anche tra le truppe regolari.
Appena finita la seduta i deputati si sono riversati nei corridoi commentando la notizia, e tentando di avere dal presidente del Consiglio alcuni particolari, ma Nitti si è schernito ancora una volta, dicendo di non avere che notizie molta vaghe. Il presidente del Consiglio affermò di sapere soltanto che D’Annunzio, con i suoi volontari, sarebbe partito da Ronchi, che si trova a poca distanza da Monfalcone, dirigendosi verso Fiume. Ha aggiunto che egli sperava ancora possibile di arrestare la colonna lungo il viaggio.
Alcuni deputati affermano essere giunta la notizia che D’Annunzio sarebbe stato fermato prima che potesse raggiungere Fiume. Stasera, alle ore 20, il Ministro della Guerra ed il Ministro della Marina hanno raggiunto Nitti a Palazzo Braschi. La riunione è durata sino alle ore 21. Poi Nitti si è recato alla sua abitazione, e alle 22 è ritornato a Palazzo Braschi. Evidentemente nella notte saranno prese deliberazioni importanti.
Le poche circostanze che si possono fin d’ora precisare sono queste: il Governo considera estremamente pericoloso il piano meditato per le seguenti ragioni: anzitutto Nitti non crede che gli Alleati consentano alla realizzazione della nuova occupazione armata di Fiume. I nuovi occupanti, dato che vi siano giunti, dovrebbero ritirarsi. Il Governo dovrebbe declinare ogni responsabilità e forse chiedere delle scuse. Ritenere che gli Alleati possano accettare il fatto compiuto è un’illusione.
In secondo luogo l’ideata occupazione italiana di Fiume può, secondo il Governo, avere conseguenze incalcolabili, perché scompagina gli accordi che, bene o male, proprio domenica, col colloquio Tittoni – Lloyd George – Clemenceau stavano per essere conclusi circa la questione adriatica. In terzo luogo la spedizione dannunziana può — sempre a giudizio del Governo — condurre a questo risultato: la fame in Italia, perché l’America sospenderà per rappresaglia, almeno fino a questione risoluta, ogni approvvigionamento per il nostro paese.
Basandosi su questa valutazione dell’avvenimento, il Presidente del Consiglio, di concerto col ministro della Guerra e della Marina, sentiti gli altri ministri, ha diramato ordini perché l’operazione sia, qualora possibile, impedita o arrestata. Secondo il pensiero manifestato stasera dal Nitti, egli intenderebbe considerare gli ideatori ed i partecipanti a questa spedizione come facenti parte di un complotto contro gli interessi dello Stato. Perciò, sempre ad avviso chiaramente manifestato dal Presidente del Consiglio a vari deputati, dovrebbero essere sottoposti a procedimento. Naturalmente questa concezione viene avanzata da una parte assai piccola, in vero, degli elementi parlamentari. Ma è questo il lato minore della questione, minore perché l’atto compiuto involge problemi di carattere internazionale e anche italiano, ben più gravi della situazione in cui vengono a trovarsi i partecipanti alla spedizione, i quali conoscevano, al momento di partire, la portata del loro divisamento.
La spedizione per Fiume solleva incognite d’enorme gravità, tanto per ciò che riguarda l’assetto definitivo dei problemi italiani della pace, quanto per ciò che riflette l’esecuzione degli ordini di repressione impartiti dal Governo. Non bisogna dimenticare che a Fiume, alla testa delle truppe italiane si trova il generale Pittaluga, con una brigata di fanteria e uno squadrone di cavalleria. Ora, al generale Pittaluga è stato impartito l’ordine di arrestare D’Annunzio e di rimandarlo in patria.
Orbene, quale sarà lo stato d’animo delle truppe italiane nel momento in cui il generale riceverà l’ordine di arresto a carico di D’Annunzio? Può darsi che esse solidarizzino con i loro compagni che giungono da Ronchi e, in tal caso, quale potrebbe diventare la situazione rispetto alle truppe alleate, nel caso in cui le Potenze dell’Intesa inviassero rinforzi a Fiume nell’intento di far trionfare le loro deliberazioni?
Infine, per volere affrontare, sia pure in germe, tutti i lati del problema, rimane la questione dell’oscurità nella quale il Governo centrale è stato lasciato dalle autorità locali e anche dalla Direzione generale di Pubblica Sicurezza circa la preparazione e la realizzazione della spedizione.
La situazione nella quale entriamo appare estremamente complessa e intricata.
A mezzanotte al Governo è stato comunicato che D’Annunzio è entrato in Fiume. Ormai non rimane che lasciare svolgere gli avvenimenti…»