Alessandro Pavolini: lo scrittore sanguinario

Alessandro Pavolini nacque a Firenze il 27 settembre del 1903 in una famiglia dell’alta borghesia. Il babbo, Paolo, era un illustre filologo e traduttore di fama mondiale. Il piccolo Alessandro crebbe in un ambiente raffinato e colto. Iniziò, appena adolescente, a frequentare i salotti buoni della città e i circoli culturali, in cui si manifestavano idee nazionalistiche e patriottiche.

Ancora imberbe, quando scoppiò la Grande Guerra, subì, come molti coetanei, il fascino delle imprese belliche.

Nel 1920, s’iscrisse al Partito Fascista e fu inquadrato nelle squadre, che si distinsero per la particolare efferatezza delle azioni.

Benito Mussolini (1883 – 1945)

Nell’ottobre del 1922, si trasferì a Roma, per frequentare la facoltà di Scienze politiche, mentre nella natia Firenze studiava Legge. Nonostante l’appartenenza al partito ed i successi di Mussolini, gl’interessi culturali sovrastavano ancora quelli politici.

Nel 1927, il federale di Firenze, marchese Luigi Ridolfi, lo nominò suo vice e, due anni più tardi, divenne egli stesso federale. In questa nuova veste, ideò importanti manifestazioni culturali come il Maggio musicale fiorentino, la rievocazione del calcio storico, la Mostra del giardino (oggi Mostra, dei fiori), la prima Fiera nazionale dell’artigianato.  Fu costruita la stazione di Santa Maria Novella e lo stadio di calcio al Campo di Marte.

Nel 1934, fu eletto deputato.

Galeazzo Ciano (1903 – 1944)

Fu inviato di guerra per il Corriere della sera; in Etiopia fece parte della XVa squadriglia di combattimento, dove strinse cordiale amicizia con Galeazzo Ciano. Continuò intensa l’attività giornalistica in giro per il mondo, attirandosi l’attenzione del Duce, che, per dimostrargli la sua innegabile stima, il 31 ottobre del 1939 lo nominò Ministro della Cultura popolare (Miniculpop). Poteva controllare e gestire l’intera mole di notizie, che indirizzava, a suo piacimento, verso gli organi di stampa come veline.

Il 1 settembre, Hitler ordinò l’invasione della Polonia; l’Italia si dichiarò neutrale ed il Pavolini seppe orchestrare una propaganda, che troppo spesso raccontava una situazione assai lontana dai fatti.

Doris Duranti (1917 – 1995)

Trovò anche il tempo di frequentare la famosa e bellissima diva del cinema Doris Duranti, colla quale ebbe un’importante relazione.

Nel gennaio del 1941, fu inviato sul fronte greco, ma alla fine dell’anno la situazione iniziò a precipitare.

Nel gennaio del 1943, Mussolini operò alcune sostituzioni nel Governo, e la testa di Pavolini cadde sotto la scure del rimpasto. Fu incaricato della direzione de Il Messaggero, che trasformò in un formidabile organo di propaganda.

Dino Grandi (1895 – 1988)

Colla destituzione di Mussolini a seguito dell’ordine del giorno presentato da Dino Grandi ed approvato dal Gran Consiglio, fuggì a Monaco, dove apprese dell’imminente liberazione del Duce, che lo raggiunse il 12 settembre, per incontrare due giorni dopo Hitler.

Il 15 settembre la radio tedesca trasmise cinque ordini del giorno firmati da Mussolini, con cui informava di aver nuovamente assunto la direzione del Fascismo, nominava Alessandro Pavolini segretario provvisorio del Partito Nazionale Fascista, che avrebbe assunto la dicitura di Partito Fascista Repubblicano. La nomina suscitò ampie perplessità tra le file fasciste, essendo ritenuto d’indole poco incline nel prendere delle decisioni.

Il 18 settembre, sempre alla radio tedesca, Mussolini annunciava la nascita della Repubblica Sociale Italiana.

Il nuovo segretario sfoderò una grinta insospettabile, nonostante fosse ben convinto dell’ineluttabilità del destino ormai segnato. Intendeva chiudere in bellezza, dando ad una parte degl’Italiani il gusto della vendetta contro i traditori. Il fine intellettuale si trasformò in un mostro assetato di sangue.

Il 14 novembre del 1943, si celebrò a Verona il congresso di fondazione della Repubblica Sociale, dove Pavolini presentò i diciotto punti del Manifesto, atto programmatico della nuova realtà politica. Ribadì, in un discorso infuocato, la convinzione di vendicare tutte le vittime fasciste cadute ad opera dei partigiani.

«Io non sono né un sanguinario, né un maniaco…ma ho la precisa sensazione che o si fa così o non si toccano le coscienze».

Militarizzò il partito, ed il 27 giugno del 1944, costituì le Brigate Nere, formate dagli scritti al Partito d’età compresa tra i 18 ed i 60 anni. Il corpo avrebbe dovuto difendere l’ordine della Repubblica e contrastare la resistenza partigiana. La mancanza di una rigorosa selezione intruppò esaltati e delinquenti comuni, che contribuirono ad esacerbare una situazione di per sé esplosiva.

Anche le donne poterono offrire il loro personale contributo, inquadrandosi nel Servizio Ausiliare Femminile (SAF), strettamente dipendente dal Partito. 

Era diventato il vice di uno stanco e disilluso Mussolini. Inseguiva così la bella morte, che si sarebbe dovuta celebrare come un atto catartico, perché ridonasse la purezza ideale.

Nell’aprile del 1945, suggerì al Duce di trasferirsi nel Ridotto alpino della Valtellina, perché diventasse l’ultima roccaforte della RSI. Secondo il Pavolini avrebbero dovuto trovare ostello cinquantamila camicie nere, pronte a dare battaglia fino all’ultimo sangue. La volontà tedesca deluse le aspettative del Segretario.

Fallito il 25 aprile il negoziato coi rappresentanti del Comitato di Liberazione Nazionale presso l’arcivescovato di Milano, il Duce si diresse verso Como, per poi raggiungere la Svizzera. Sulla via di Dongo, il 27 aprile, la colonna di camion tedeschi, dove si nascondeva Mussolini, fu fermata dai partigiani. Il Duce fu immediatamente fatto prigioniero, mentre l’odiato Pavolini, l’esecrato istitutore delle ferali Brigate Nere, rimase ferito durante uno scontro a fuoco. Si dette alla fuga, ma fu catturato. Fu fucilato l’indomani sul lungolago di Dongo. Il 29 aprile il suo cadavere era macabramente esposto in Piazzale Loreto.

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