26 Luglio 1924. Delitto Matteotti: divampano le polemiche, nel racconto dei giornali dell’epoca

Il quotidiano La Stampa di Torino scrisse sabato 26 luglio del 1924 sulla netta posizione assunta da Roberto Farinacci, neo difensore del Dumini, nei riguardi di Cesare Rossi, «vittima sacrificale da parte delle alte sfere del Regime.

Roberto Farinacci (1892 – 1945)
Amerigo Dumini (1894 – 1967)

Ora, se si pensa che l’ex-capo dell’Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio era una delle persone che godeva la maggiore intimità dell’onorevole Mussolini, bisognerebbe dedurne logicamente che viene da oggi dichiarato lo stato di guerra fra gli intimi del presidente del Consiglio e l’ex-confidente ed amico del presidente stesso, il che potrebbe voler dire che – fosse vero! — si avvicinerebbe la fine del mistero che ancora avvolge tanta parte dell’orrendo delitto».

Benito Mussolini (1883 – 1945)

Il Rossi cominciò a parlare in carcere, per ciò causò un vivace malcontento nella stretta cerchia dei collaboratori del Duce, i quali si sarebbero rivolti al Farinacci, per manifestare le loro perplessità.

Sembrerebbero poco credibili le voci, che attribuirebbero al Rossi tutte le responsabilità dell’omicidio del deputato socialista, organizzato durante un viaggio a Parigi e – addirittura – eseguito da antifascisti. Il Farinacci dichiarò altresì che la Presidenza del Consiglio era stata preventivamente avvisata dell’operazione, ma anche ciò sembra sia stato recisamente smentito dai chiamati in causa. Risultò assai strano e molto contraddittorio il comportamento del legale, il quale preventivamente difendeva degli uomini delle Istituzioni, che non avevano ricevuto alcuna comunicazione dall’ordine giudiziario.

Le dichiarazioni del Rossi avrebbero richiamato le attenzioni del Farinacci, che qualificò l’omicidio come delitto di Stato, perché «compiuto nell’interesse della cosa pubblica per sopprimere un a nemico dello Stato».

Farinacci dichiarò che il Rossi «si mosse contro il Matteotti per abbattere l’onorevole Mussolini e subentrargli come presidente del Consiglio!»

La cronaca. Una manifestazione senza incidenti di cittadini si registrò verso il luogo del delitto, perché quest’oggi ricorreva la festa di S. Giacomo. Notevole la presenza delle Forze dell’ordine, che intervennero, quando una delegazione di donne trasteverine intesero esporre una corona di fiori colla scritta: «Trastevere all’eroico martire».

I commenti della stampa. L’Impero pubblicò delle dichiarazioni di Roberto Farinacci.

Giuseppe Emanuele Modigliani (1872 – 1947)

«Rifiutai la difesa del Dumini quando, per bocca dello stesso onorevole Modigliani, seppi chi la vedova Matteotti aveva messo alla porta certi deputati socialisti e che si sarebbe costituita Parte Civile con un avvocato apolitico. Ma oggi che vedo l’intervento di Modigliani e di Gonzales nell’istruttoria e nel processo, è logico supporre che essi vorranno, a somiglianza della stampa di opposizione, dare all’istruttoria ed al processo uno spirito di carattere politico, ossia fare il processo al fascismo, al regime ed in special modo al nostro duce.

Ho deciso di accettare la difesa del Dumini per poter stabilire, nei riguardi di alcuni principali imputati e nei riguardi degli amici non fascisti di costoro, alcune responsabilità.

Per me, il processo è ancor oggi un mistero.

Più volte mi sono chiesto se i responsabili non fossero alfin fuori del partito, o più specialmente fra coloro che oggi si agitano nella speculazione. Nel delitto ci sono dei punti da chiarire.

Alceste De Ambris (1874 – 1934)

Perché Cesarino Rossi è scomparso da Roma e si è recato a Parigi nei giorni in cui il presidente del Consiglio trovavasi in Sicilia? Perché, a Parigi, Cesarino Rossi non ebbe nessun contatto coi fascisti locali, mentre ebbe dei colloqui con Alceste De Ambris e con Luigi Campolonghi, gli  uomini più attivi dell’antifascismo di Francia? Perché il delitto è stato commesso proprio in un momento in cui il fascismo, dopo il discorso del Presidente del Consiglio, era uscito da una situazione parlamentare trionfalmente vittorioso? E perché il delitto è stato commesso proprio quando il Presidente aveva dato gli ordini più categorici al partito ed ai segretari provinciali di evitare qualsiasi violenza?

Mi riservo di approfondire certe voci di una certa gravità. Sembra che Cesarino Rossi, durante la sua latitanza, abbia avuto colloqui con dei nostri avversari ed abbia preparato, in numerosi fogli dattilografati, la sua difesa. Che Cesarino Rossi fosse nemico nostro ed amico dei vari Zaniboni e Baldesi e dei vari pezzi grossi della Massoneria, è cosa ormai a tutti nota; e so qualcuno lo dubita mi riservo di documentare le mie affermazioni. Io ho la precisa persuasione che Cesarino Rossi si preparasse d’accordo con molti nostri avversari nella successione del governo di Mussolini. Non si spiegherebbe altrimenti «il tradimento».

Anche al Giornale d’Italia Farinacci dichiarò le stesse cose, che furono così commentate:

«Piuttosto che svolgere pacatamente i suoi concetti in materia, l’onorevole Farinacci ha rivolto una serie d’interrogativi dei quali ecco i principali:

«Sa dirmi — ha incominciato Farinacci — perché Rossi andò a Parigi? A fare che e per mandato di chi? Ed a quale scopo, prima di costituirsi, volle avere numerosi colloqui anche con molte personalità dell’opposizione? E perché, sempre prima della costituzione, aveva già scelto a suo difensore il Romualdi, non fascista, invece di un compagno del partito? E ancora, chi può rendersi conto della ragione che trasse ad esercitare una parte forse non secondaria nella faccenda Filippo Naldi, il quale fu prima avversario del fascismo e poi mai pensò a chiedere di esservi iscritto? Non basta: per quale motivo fu scelto al sacrifizio l’onorevole Matteotti, che fra i socialisti non aveva posiziono dominante, invece di qualche altro più noto e anche più pericoloso? E come mai si spiega l’intervento nella tragedia di non pochi spioni russi o tedeschi? Un altro interrogativo: non vi fa pensare a nulla la figura del Viola?»

Ciò che ha detto Farinacci spiega fino ad un certo punto il motivo che lo indusse a scrivere la lettera al Procuratore Generale per offrirsi difensore del Dumini. Egli, insomma, si propone essenzialmente un fine politico: cioè, più che singoli imputati, difende il fascismo. E questo è proprio, secondo noi, il peccato originale della mossa compiuta dal Farinacci.

Ora, al fascismo autentico una sola cosa dove premere: dimostrare cogli atti e con le parole, da usarsi con sincerità, che condanna i sanguinari delinquenti. Oltre questo, che è pur sempre un dovere, vi è una considerazione più ampia o più umanamente grave ed alla quale non si dovrebbe negare ubbidienza: il paese che sente ancora la profonda commozione destata dal delitto questo solo desidera: che giustizia sia fatta, serenamente o sollecitamente. L’intromissione, nel suo svolgimento, di uomini espressivamente pieni di passione, prevalentemente politica, non può apparire, a ragione od a torto, che contrastante a quel desiderio veramente nazionale. Quindi, anche se l’osservanza alla nuova procedura lo permettesse sarebbe stato desiderabile che l’onorevole Farinacci si tenesse lontano, secondo aveva fatto in un primo periodo; se poi egli credo di poter far luce sul processo, tanto da consentirgli di affermare che ci sono altri mandanti e altri esecutori, avrebbe fatto meglio a scrivere, invece che al Procuratore Generale, al presidente della Sezione d’Accusa per rivelargli le cose che sa e che non paiono poche né lievi. Forse avute le notizie ora pubblicate ci penserà il commendator Del Giudice a chiamarlo come testimonio».

Nell’edizione pomeridiana, il Giornale d’Italia tornò ancora una volta sulla questione:

«L’onorevole Farinacci fa dunque l’avvocato, e fin qui nulla di eccezionale, visto che da ferroviere egli s’è fatto giurista attraverso regolari esami; ma Farinacci assume la difesa del Dumini e fin qui nulla di eccezionale, visto che gli avvocati difendono ogni specie di accusati; ma Farinacci ha voluto motivare l’assunzione della difesa del Dumini, con una lettera di sapore politico, e qui le cose mutano.

Il dirò infatti che la famiglia Matteotti ha scelto come avvocati dei socialisti e che perciò il Dumini deve essere difeso da fascisti, pare un ragionamento un po’ stravagante.

Comunque, non vi era bisogno di fare certo proclamazioni che non hanno fatto certo buona impressione nel pubblico. A buon conto, l’assassinato è Matteotti, e non Dumini, e volere che giustizia sia fatta non è certamente da parte della famiglia un atto fazioso. Così dice il buon senso del pubblico.

Viceversa è strano voler impostare politicamente la difesa dell’imputato dell’assassinio. E’ strano e non fa buon effetto. Farinacci avrebbe fatto meglio a non scrivere quella lettera al P. G. : avrebbe servito meglio il proprio partito.

A buon conto, l’onorevole Mussolini nel suo ultimo discorso mostrò di aver perfettamente inteso la profondità della commozione popolare prodotta dall’uccisione dell’onorevole Matteotti, e di aver altresì compreso la ragione emotiva di un innegabile mutamento dell’opinione pubblica rispetto al fascismo. Ora, non è con le lettere come quella di Farinacci che si riprende il terreno perduto presso il sentimento popolare. Al contrario, da tutto questo discorso si desume che l’estremismo non è utile a nessun partito, e che per ogni parte politica vale il vecchio proverbio: «Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nomici mi guardo io».

Il Mondo si soffermò sulla lettera del Farinacci, con cui annunciava la difesa del Dumini.

«Confessiamo che abbiamo dovuto vincere un senso di umana rivolta per riprodurre questa lettera del «ras» cremonese; la quale, mentre riafferma l’essenza politica del delitto Matteotti, nella sua ispirazione, nei suoi strumenti di esecuzione, nelle sue finalità, sta a documentare, ancora una volta, come le passioni faziose, quando non siano frenate da un’elementare educazione dell’ingegno e dello spirito, travolgano nel suo torbido gorgo ogni ragione di umanità e di decoro sociale.

Non vogliamo soffermarci qui sulle amenità dello stile farinacciano e sulla profonda ignoranza delle norme professionali e procedurali, che il deputato fascista dimostra allorché chiede al Procuratore Generale, cioè ad un organo non competente, la investitura di un mandato di fiducia che il massacratore di Matteotti ha già conferito ad un altro patrono, il Vaselli, e che non può essere duplicato perché le leggi di procedura non consentono che un difensore durante il periodo di istruttoria.

Ciò che ci preme di rilevare è il rapporto che la lettera di Farinacci riconsacra tra la difesa del delitto e la difesa del fascismo, ed è altresì lo spirito rabbiosamente settario onde egli rimprovera la vedova e gli orfani del povero Matteotti, — ad eccezione della fantesca — di aver affidato il patrocinio delle propria ragioni contro gli assassini del martire ad insigni professionisti, che dalla loro amicizia colla vittima o dalla comunanza delle battaglie e della fede trarranno più fervido incitamento a rivendicare il sacrificio del miglior fratello, la inesorabile esigenza della giustizia e il santo dolore di una madre di una vedova e di tre orfani ai quali è perfino negato il conforto di piangere su una tomba.

Secondo l’onorevole Farinacci, — e secondo tutti coloro di cui egli interpreta, con disinvolto cinismo, il pensiero – le più sacre ragioni ideali ed affettive che hanno indotto i superstiti ad assumere, di fronte alla legge, la doverosa rappresentanza del martire nel nome del suo sacrificio e del suo amore, avrebbero dovuto essere rinnegate le preoccupazioni di cui l’onorevole Farinacci sfacciatamente rivela lo spirito ed il fine.

L’anima, italiana respinge e condanna in un fremito concorde d’indignazione il cinismo polemico dell’avvocato Farinacci e più fiera si eleva a domandar giustizia, giustizia riparatrice ed epuratrice contro tutti».

Il Popolo, riferendosi alla lettera di ieri del Farinacci scrisse:

«La volgare ironia dell’onorevole Farinacci non vale la pena di un commento, tanto esso corrisponde alla mentalità del ras di Cremona e del suo programma di rivalutazione… spirituale della nazione.

Farinacci non ha avuto nemmeno il senso istintivo del rimpianto per coloro che piangono e piangeranno sempre tra le mura domestiche la barbara fino del poveretto».

L’onorevole Modigliani indirizzò una lettera al P. G. della Corte di Appello di Roma:

«Il deputato Farinacci ha indirizzato a V. E. una lettera che non può restare senza replica immediata da parte mia, visto che dei difensori di Parto Civile della famiglia Matteotti, che questa lettera prende più specialmente di mira, io sono il solo presente in Roma in questo momento.

L’onorevole Farinacci informa di avere rifiutato in un primo momento, per ragioni che egli non precisa, la difesa di uno degli autori materiali dell’assassinio Matteotti; ma si offre ora di accettar la difesa già rifiutata, perché la famiglia Matteotti, provvedendo alla propria costituzione di Parte Civile, con tutta l’ampiezza cui ha diritto per legge, che corrisponde, nel caso concreto, sia all’imponenza del Collegio che difende i nostri imputati, sia all’atrocità del danno e del dolore subito, avrebbe scelto i propri difensori tra gli avversari più decisi nei fascismo. Prima di tutto, quest’affermazione è falsa: la famiglia Matteotti, che avrebbe pur potuto scegliere tutti i proprii difensori di Parte Civile tra coloro che meglio conobbero o più amarono l’assassinato, ha sentito invece l’opportunità di non esercitare in tale modo il proprio diritto di difesa, appunto per non fornire pretesto ad una prevedibile ma inqualificabile speculazione di partito. Ed è ormai nota che, accanto agli avvocati i quali, possono vantare la propria solidarietà politica coll’assassinato, la famiglia Matteotti ha scelto come proprii difensori anche due illustri professionisti, di Milano, l’Uno, e di Roma l’altro, che non militarono mai nelle file di qualsiasi partito, socialista e che, anzi, se non vado errato, mai si occuparono e da molti anni non si occupano più di politica militante.

In secondo luogo, chi conosce gli avvocati che la famiglia Matteotti ha creduto di scegliere tra i solidali politici dell’assassinato, sa che costoro, pur rifiutando anticipatamente di promettere di liberarsi di tutta la passione che vibra in loro per l’orribile assassinio del grande compagno, sapranno tenere immune, specialmente in rappresentanza di una Parte Civile, l’esercizio del proprio dovere professionale, da qualunque sfogo o rancore di parte. Essi vorranno solo che il giudizio sia quello che deve essere dato sul delitto, anche se si tentasse, come l’onorevole Farinacci già fa, di identificare i sicari, ed i loro mandanti col partito a cui questi appartenevano.

Tutto questo è certo superfluo per V. E. ma se questa replica non le fosse immediatamente pervenuta, V. E. avrebbe potuto pensare che il nostro silenzio implicasse la nostra adesione a trasformare in una contesa di partito quella che è e che deve restare un’indagine giudiziaria sopra un delitto di bassa criminalità, anche se commesso da alcuni sostenitori di un dato regime o dai lori sicari.

Senza dire che, come uomini, prima e meglio che come patroni, noi saremmo stati al di sotto del nostro dovere od immeritevoli del rispetto che vogliamo godere, prima di tutto, di fronte alla nostra coscienza, se non fossimo insorti subito contro la cinica svalutazione del diritto e del dolore — e almeno questo dovrebbe essere sacro per tutti! — di quella famiglia che ha perso in Giacomo Matteotti il padre di tre figli, l’ultima figlia superstite di una vecchia madre vedova, che altri sei se n’era già visti portare via dal destino inesorabile.

Ma il deputato Farinacci, nella fretta di mettersi in mostra a scopo politico, non poteva lasciarsi arrestare, da questo volgare sentimento di umanità, visto che per esibirsi esso ha dovuto anche fingere di ignorare che l’invocato cliente ha già provvisto al suo difensore, il quale — ce ne dispiace sinceramente — non è il deputato cremonese.

Io non ignoro che V. E. non ha veste per occuparsi del contenuto della lettera del deputato Farinacci, il quale, se mai, avrebbe dovuto rivolgersi al presidente della Sezione di Accusa, Ma io sono stato costretto a rispondere al magistrato e nella sede scelta da quest’altro orrore del deputato Farinacci. Con perfetta osservanza suo avv. Giuseppe Emanuele Modigliani».

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