Delitto Matteotti: ancora alcuna novità, nel racconto della stampa dell’epoca

Martedì 5 agosto del 1924, l’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio emise il seguente comunicato:

«Stamane alle ore 6 precise il giudice istruttore, avvocato Occhiuto, assistito dal Procuratore del Re, avvocato Lezzi e dai medici dottor Mellusio e dottor Massari, ha proceduto all’esumazione del cadavere dello sconosciuto interrato il 16 giugno decorso e proveniente dalla Morgue, nonché del cadavere di certo Mazziotti sepolto nella stessa fossa e di altri due cadaveri interrati nel medesimo riquadro. I magistrati hanno proceduto al riconoscimento delle quattro salme, mostrandole all’onorevole Zaniboni ed ai giornalisti Musacchio del “Giornale d’Italia”, Troiai di “Epoca”, e Farizetti della “Tribuna”, i quali hanno funzionato da testimoni. Questi hanno dichiarato in modo preciso e categorico che le quattro salme appartengono ad individui non conosciuti, escludendo così che qualcuna di esse potesse essere quella dell’onorevole Matteotti ben noto ai detti testimoni. E’ da rilevarsi che la Sezione di Accusa, dopo gli accertamenti precisi ed inequivocabili della Questura, non aveva ritenuto opportuno procedere all’esumazione della salma dello sconosciuto suindicato, nulla essendo risultato di concreto che autorizzasse un tale atto istruttorio. Siccome però si era da qualche giornale accennato alla regolarità nell’inumazione di una salma al Verano, ha ritenuto opportuno fare procedere la sera del 2 corrente agli accertamenti opportuni; e stamane, all’esumazione dei cadaveri e a tutte le operazioni, che sono terminate alle 10.30, hanno assistito, invitati dall’autorità giudiziaria, oltre all’onorevole Zaniboni ed ai giornalisti sopra indicati, i rappresentanti di quasi tutti i giornali; tra i quali: Rastiani e Croce del “Messaggero”, Troiani del “Sereno”, un redattore del “Popolo”, Musacchio del “Giornale d’Italia”, nonché i corrispondenti del “Corriere della Sera” e di altri giornali».

I commenti della stampa. Il Giornale d’Italia commentò: «Abbiamo già espresso le osservazioni che si potrebbero ripetere anche a proposito di questo comunicato. Torniamo a dire soltanto che mai affermammo che si trattasse del cadavere dell’onorevole Matteotti. Le investigazioni, provocate dalle dichiarazioni dell’onorevole Zamboni, sono riuscite utili, in quanto hanno molto un dubbio già da altri affacciato».

Il Mondo osservò: «La visita doverosa alle tombe ha chiuso un periodo di indagini e forse ne aprirà un altro, poiché questa, che sembrava la pista più precisa, aveva finito col polarizzare tutte le ricerche. Conviene ora attendere riposarsi, rimettere in ordine le proprie idee, proseguire verso nuove indagini, verso nuovi orientamenti».

La Tribuna escluse che il Verano conservasse altri misteri: «Si dovrebbe quindi escludere che nella notte dal 16 al 17 di giugno un carro sia uscito alle ore due circa della notte con su il solo conducente e privo del vessilione di scorta, dietro ordine telefonico della Questura. Del resto, a smentire in parte questa notizia basta riflettere che, se fosse vero il particolare della telefonata, vi dovrebbe essere nella faccenda implicato qualche funzionario di polizia che, servendosi di un simile mezzo per far trasportare la salma dell’onorevole Matteotti, avrebbe dato prova di una ingenuità inverosimile. Le categoriche affermazioni dell’Ufficio di pubblica sicurezza e le non meno recise dichiarazioni dell’Ispettorato del Verano, fanno giungere alla logica conclusione che nessun carro immediato partì nella notte del 16 giugno dalle scuderie municipali per recarsi a ritirare una salma dall’ospedale San Giacomo. Di fronte a queste risultanze però l’onorevole Zaniboni oppone ancora dei dubbi e delle circostanze di grande interesse, come quella che un frate cappuccino del Verano avrebbe visto qualche cosa di strano durante quella notte; che una guardia di un padiglione presso il Policlinico avrebbe visto sfilare un trasporto funebre scortato da fascisti, e che lo stesso conducente del carro avrebbe fatto a suo tempo sensazionali rivelazioni. Sembra però che tutti questi siano ammutoliti di colpo, poiché nessuno è disposto a parlare».

L’Epoca, in base alle indagini eseguite, ritenne assurda l’ipotesi che il cadavere si sarebbe potuto trovare nella quarta o quinta fila del campo 51 in una fossa praticata alla base di quello già scavate. «Il giudice istruttore Occhiuto ha cercato stamane di fare scavare nello spazio tra la quarta e la quinta fila, ma ciò non fu possibile colle pale, perchè in quello spazio ed in tutta la lunghezza del campo il suolo era durissimo. Ora, intanto, c’è qualche cosa d’altro di nuovo. Si afferma con insistenza che, nella notte dal 16 al 17 giugno, e precisamente alle ore due, una bara sia stata introdotta al Verano e trasportata da un carro pieno di fieno. Questo è quanto va man mano confermandosi attraverso dati di fatto che non ammetterebbero dubbi in proposito ed in base alle affermazioni di alcuni testimoni oculari. Dunque, se è vero che il cadavere è entrato nel cimitero nell’ora indicata, come va che nei registri del Verano ciò non risulta? Che fine ha fatto quel cadavere? Dov’è stato sepolto? Si supponeva che la cosa riguardasse la salma dello sconosciuto del campo 51, ma si è visto che la supposizione era errata. La autorità giudiziaria continu ad indagare con grande attività, e senza dubbio riuscirà a stabilire se la storia di questo misterioso cadavere sia autentica ed in caso affermativo scoprirà il luogo dove la bara è stata sepolta».

Il Popolo osservò che l’esito negativo delle ricerche non avrebbe dovuto far ritenere insolubile il mistero del cadavere: «Il problema del rinvenimento del cadavere non è stato sinora sviscerato dalle autorità giudiziarie occupate nell’identificazione dell’assassinio e delle altre responsabilità».

Al giornale risultò un particolare riguardante Cesare Rossi e due signorine austriache in compagnia delle quali, in automobile del Ministero degli Interni, il Rossi fece una gita a Frascati il 10 giugno, giorno del delitto: «All’indomani, un signore conosciuto dalle due signorine, incontratele per via, venne a parlare con esse, a puro titolo di curiosità, della fuga — poiché sino allora non si parlava nemmeno della scomparsa — del deputato Matteotti.

Alle sue parole le signorine esclamarono: «Ma se è stato ucciso!».

Il signore, molto impressionato, domandò come e da chi l’avessero saputo e le due signorine, senza alcuna difficoltà, dichiararono di averlo saputo la sera prima dal Rossi col quale si erano recati a Frascati. Colpito dal fatto, questo signore pensò di scrivere all’onorevole Mussolini, cosa che subito fece procurando di recapitare egli stesso la lettera ad un usciere. La sera stessa un personaggio di palazzo Chigi si recava all’albergo delle due signorine e le spediva fuori Roma. Dopo avere girovagato in varie città esse ritornarono a Roma ove attualmente sono alloggiate all’Hotel de la Ville. Non sarebbe — concluse il «Popolo» — il caso che i magistrati inquirenti dessero l’ordine di rintracciare le due signorine in questione per interrogarle sulla strana circostanza che potrebbe gettare una luce nuova sul delitto e sui mandanti?».

Il Sereno scrisse: «L’onorevole Zaniboni ha dovuto certamente trarre il convincimento che il cadavere di Matteotti fosse occultato in una fossa comune al Verano, non solo da numerose lettere anonime, ma anche da circostanze non chiare e da qualche impressione del personale del cimitero, e forse anche da qualche monca dichiarazione di persone che non volevano assolutamente compromettersi e avere a che fare col magistrato».

Il giornale accennò quindi alle note indagini dello Zaniboni, soggiungendo: «Perché l’operatore della Morgue non aveva fatto fotografare lo sconosciuto, secondo quanto stabilisce il regolamento della polizia mortuaria? Perché nei registri della Morgue la data del 16 giugno era stata cancellata apponendovi invece la data del 18 giugno, quando in questo giorno nessun cadavere era uscito dal triste luogo?

La mattina del 23 maggio nei pressi del Polverini, i barcaiuoli degli asfittici ripescavano il cadavere di uno sconosciuto dall’apparente età di 40 anni, calvo, con balli folti e spioventi, vestito di bleu: nelle tasche, né un soldo, né una carta per l’identificazione. Il predetto cadavere fu trasportato subito alla Morgue ed esposto per venti giorni. Le caratteristiche del cadavere descritteci dai due barcaiuoli corrispondono esattamente a quanto risulta dal verbale del pretore del IV Mandamento e dai registri dell’operatore della Morgue. Nessun dubbio quindi che il cadavere dello sconosciuto interrato nella fossa 24 sia quello dell’annegato di 40 anni, calvo, con baffi spioventi. Avvenuta la scoperta dell’assassinio dell’onorevole Matteotti il Presidente del Consiglio dovette con amarezza constatare come la polizia non aveva compiuto rapidamente il proprio dovere. Evidentemente si doveva operare qualche salvataggio, favorendo qualche fuga dalla medesima banda che fino al 10 giugno aveva indisturbatamente organizzato il terrore nella vita politica italiana. Difatti, mentre il giovedì mattina il commendator Cesare Rossi, come risulta da una nostra inchiesta precedentemente pubblicata, avvertiva telefonicamente Amerigo Dumini che tutto era stato scoperto, una parte degli assassini riusciva a fuggire. Certamente in un primo tempo l’onorevole Mussolini dové comprendere che qualche forza misteriosa agiva a sua insaputa, meravigliosamente organizzata e facilitata non solamente dall’omertà — purtroppo constatata, fra gli intimi di Dumini e Cesare Rossi, di non poche autorità — ma anche da elementi finora ritenuti insospettati. L’onorevole Mussolini in un primo tempo, mentre la polizia ricercava affannosamente la salma insanguinata dell’onorevole Matteotti, ebbe la sensazione che gli organi della polizia non funzionavano o non potevano funzionare per gravi inciampi, e quindi la convinzione che era stata portata al Verano, e che essa non poteva essere stata occultata che da alte autorità complici degli assassini. Il Presidente del Consiglio volle conoscere la verità, qualunque essa fosse, per assicurarsi dove il cadavere di Matteotti era stato nascosto. Tre abili funzionari furono fatti venire a Roma ai quali il Presidente del Consiglio personalmente diede l’incarico delle indagini. Esse furono lunghe e minuziose, ma i funzionari, nella loro relazione dimostrarono che «nessun ferito o morto fascista o di qualsiasi altro partito fu portato segretamente all’ospedale di San Giacomo il giorno dopo o nei giorni susseguenti al delitto, e che la salma dell’onorevole Matteotti non si trova al Verano».

Il presidente del Consiglio ricevendo la voluminosa inchiesta esclamava: «I miei sospetti sono infondati».

A chi alludeva Mussolini? Chi sospettava?».

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