Alla prima rappresentazione di «Aroldo» di Giuseppe Verdi

Il 16 agosto del 1857, andò in scena Aroldo di Giuseppe Verdi presso il Teatro Nuovo di Rimini. La Gazzetta musicale di Milano recensì la prima.

Ieri sera fu la prima recita dell’opera in gran parte nuova del Cavalier Verdi, Aroldo. Il nostro teatro era gremito più del solito d’una quantità di spettatori della città e forestieri, accorsi per godere di ciò che da molto tempo s’aspettava con grande desiderio, e che era destinato a chiudere la presente brillantissima nostra stagione. Subito al cominciare dello spettacolo, e cioè alla esecuzione della stupenda Sinfonia, si palesò la gradita impressione che ne sentiva il pubblico, perché non solo fu interrotta in più punti dagli applausi, ma alla fine gli uditori irruppero in tale entusiasmo, che per tre volte chiamarono l’illustre autore al proscenio.

Angelo Mariani (1821 – 1873)

Dir deesi però che la Sinfonia non poteva essere eseguita più perfettamente da una schiera di professori così valenti come abbiam noi, capitanati dal Cavalier Mariani, che può chiamarsi francamente il principe dei direttori. Dal principio dell’opera sino alla fine, dirò brevemente, fu un continuo e ben meritato trionfo per l’illustre Verdi, al cui nome è superfluo qualunque elogio. Egli in mezzo a fragorosissimi applausi venne chiamato fuori ripetutamente ad ogni pezzo, si ch’io non saprei dire quante volle si presentasse al pubblico.

Le dimostrazioni a questo genio del giorno furono spontanee ed universali si nel teatro che, dopo lo spettacolo, di faccia alla casa di sua dimora sino a notte prolungata. I cantanti disimpegnarono bene le loro parti.

La Lotti (Mina), Pancani (Aroldo), Ferri (Egberto), Cornago (Briano), Poggiali (Godvino) gareggiarono tutti chi poteva far meglio, ed il pubblico li retribuì degnamente, replicatamente festeggiandoli. L’insieme della esecuzione fu veramente stupendo, e gli spettatori vollero darne speciale testimonianza al maestro Mariani salutandolo con vivissimi applausi quando ricomparve al suo posto dopo il terzo atto. Le decorazioni di scena e vestiario sono magnifiche, e per ogni conto convenientissime all’interessante azione.

Per esaminare il valore di quest’opera, e in particolare di quelle parti che sono state ideate di nuovo dal compositore, troveremo istante più acconcio. Per ora basti il dire che essa è un lavoro degno di lui. Del resto notisi che nel primo atto, meno della Sinfonia, del duetto fra soprano e baritono, e del largo del finale, che erano nello Stiffelio, il rimanente è tutto nuovo: come è pure nuovo tutto il quarto atto, che si compone di un coro campestre veramente delizioso, di un Angele Dei a sole voci trattato a canone fra tenore, basso e cori, e ch’è di un effetto sorprendente; inoltre si compone di una burrasca, e di un magnifico terzetto – quartetto finale, che si chiude con una frase tale da rapire il pubblico.

Francesco Maria Piave (1810 – 1876)

Il libretto è adorno di belle situazioni sceniche, per cui anche il poeta Piave ebbe le sue ovazioni. In conclusione l’Aroldo è magnifico lavoro e non potrà a meno di non incontrare l’approvazione universale, purché venga concertato, diretto, ed eseguito come lo si eseguisce al presente in Rimini.

PS. Martedì, 18 corrente, seconda recita della stessa opera. Applausi sempre caldissimi, e replica del quartetto finale.

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