Il rapimento di Persefone

Narra Apollodoro nella «Biblioteca» di Atene.

Plutone s’innamorò della giovane Persefone, figlia di Demetra, e con l’aiuto di Zeus, la rapì, per introdurla negl’inferi e sposarla. Appena giunta, fu invitata a mangiare sei semi di melograno, che l’avrebbero costretta a trascorrere per l’eternità nel luogo infero.

La madre Demetra, dea dell’agricoltura, reagì disperandosi al triste avvenimento, impedendo la crescita delle messi, provocando un duro inverno, che sembrava infinito.

Arrabbiata con gli dei olimpici, si trasformò in una mortale, per recarsi ad Eleusi, fin quando incontrò un’anziana donna, Iambe, che provocò attraverso dei gesti il sorriso della dea. Intanto la regina di Eleusi, Metanira, aveva avuto in bambino, Demofoonte, che sarebbe stato affidato alle cure di Demetra, la quale, volendogli donare l’immortalità, durante la notte lo pose sopra la fiamma. Metanira si accorse che il piccolo stava per essere bruciato, manifestò tutta la sua rabbia alla falsa nutrice, che dichiarò d’essere una dea e rimproverò la regina di non comprendere le ritualità degli dei.

Al fine di far cessare la terribile carestia, Zeus ordinò a Plutone di rinviare Prosperina – Persefone sulla terra, dove avrebbe trascorso sei mesi, per tornare, nel restante periodo dell’anno, negli inferi.

Ogni fabula presenta spunti di estremo interesse, al fine di comprendere la realtà, in cui siamo immersi. Apollodoro racconta un importante frammento del mito di Persefone, che sarà inglobato all’interno dei Misteri eleusini.

Plutone, signore dell’Ade e quindi del nostro stato inferiore, preso da incontrollabile passione rapisce una giovane, contravvenendo alla sua volontà, obbligandola ad una scelta che non può condividere. Ecco cosa accade, quando siamo schiavi del nostro movimento egoico; calpestiamo l’altrui volontà, ci trasformiamo in mostri di violenza, calpestando l’altrui consapevolezza. In una chiave, forse, maggiormente simbolica, quando un aspetto della propria personalità prende il sopravvento sull’altra e quindi l’azione non è frutto della giusta mediazione del «secco» con l’«umido», accendiamo comportamenti non corretti, perché totalmente inclini ora all’una, ora all’altra parte.

Plutone invita la bella moglie ad ingerire sei semi di melograno, simbolo dell’abbondanza. Il numero sei, infatti, nei poemi epici è destinato alla discesa agli inferi del protagonista, in ricordo – a nostro avviso – di questo mito.

La nascita del melograno è celebrata in più versioni: sarebbe nato per volontà di Afrodite, che lo piantò a Cipro, dalle cui acque sarebbe nata. Un’altra versione, invece, lo vorrebbe frutto del sangue di Dioniso, figlio illegittimo di Zeus, il quale, dopo essere stato rapito, su commissione di Era, dai Titani, sarebbe stato smembrato, per essere bollito in un calderone; da una goccia di sangue, caduta a terra, sarebbe germogliato il primo albero di melograno.

La madre Demetra lamenta il suo dolore agli dei, che sembrano assenti ai richiami, ed allora provoca una terribile carestia, riducendo gli uomini alla miseria e minandone soprattutto la sopravvivenza. Il suo fine è trovare la figlia; essendo lei una dea non può manifestarsi per tale, ma indossare degli abiti umani, con cui si presenta ad Eleusi, dopo tanto peregrinare. Un crocchio di signore l’attende; la più anziana riesce a provocarla delle risa, le quali sgombrano il cielo dal triste inverno, per recare la gioia della piena primavera. Il sorriso della dea, quindi, ridona una possibile rinascita agli uomini. Intanto nel palazzo reale, un nuovo, felice evento riempie di gioia le sale: la nascita di Demofoonte, il futuro di Eleusi, che è affidato alle cure – giustamente – di una dea, la quale lo eternizza nel fuoco, che non brucia, ma riconsegna alla primigenia la natura del neonato.

Metanira, essendo mortale, non può comprendere il valore simbolico dell’atto; essendo ella è rimasta su un piano puramente fisico, non ha la capacità di capire la chiave simbolica, con cui si può leggere ogni azione.

Le fabulae hanno spesso un lieto fine; così Plutone accetta di lasciar libera di tornare sulla terra la moglie Proserpina, a patto che resti con lui per sei mesi: dall’equinozio d’Autunno a quello di Primavera.

2 pensieri riguardo “Il rapimento di Persefone

  1. Bellissima. Grazie per queste…”chicche” 🙂

    1. Grazie per la gentilezza di leggere ciò che scrivo

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