Il mito di Ifi dalle «Metamorfosi» di Ovidio

In una città vicina al regno di Cnosso, viveva Ligdo, un plebeo dai modi assai nobili, che viveva con dignità ed onestà la sua povera condizione. La moglie, Teletusa, era ormai prossima al parto, sicché l’uomo le augurò di partorire con minor sofferenze possibile, e generando un maschio; in caso contrario avrebbe ucciso il nascituro. La partoriente invano pregò l’uomo di non portare a termine il terribile evento, ma Ligdo, nonostante manifestasse tutto il suo dispiacere, fu irremovibile.

Nel cuore della notte, Teletusa sognò la figlia di Inaco, accompagnata dall’intera corte, che recava sulla fronte le corna lunari con spighe sfavillanti d’oro e le insegne regali. Al suo fianco, aveva Anubi, la santa Bubasti, Api, dal manto a chiazze, Osiride ed il serpente esotico che provoca il sonno.

La dea ordinò di disubbidire alla volontà di Ligdo, accogliendo la nascitura. Appena disparve la manifestazione onirica, Teletusa si alzò dal letto, per pregare gli astri, affinché il sogno s’avverasse.

Mise al mondo una femmina, ma, al fine di salvarla dalla morte, ordinò che fosse allevata come un maschio; solo alla nutrice non sfuggì l’inganno. Il padre le impose il nome del nonno: Ifi, la quale crebbe in salute. Giunta all’età di tredici anni, Ligdo decise la bionda Iante, figlia di Teleste, quale futura sposa della figlia, ordinando loro che crescessero alla scuola degli stessi maestri. Le due ragazze s’innamorarono sinceramente, ma, mentre Iante anelava al matrimonio, Ifi invece si rattristava, perché mai avrebbe potuto possedere la sua compagna. Denunciò tutta la sua terribile delusione, convinta come la natura avesse predisposto che la pecora s’unisse all’ariete e la cerva al cervo, l’uomo alla donna. Avrebbe desiderato così morire, ma pur conosceva di quante mostruosità avvenissero a Creta: Pasifae si era innamorata di un toro, soddisfacendo il suo desiderio all’interno di una vacca di legno, costruita da Dedalo. Ma al suo amore, non v’era soluzione alcuna. E’ vero che le responsabilità erano state della mamma, Teletusa, la quale, per salvarle la vita, le aveva imposto un’educazione maschile, ma non v’era soluzione alcuna, poiché era stata la stessa natura a creare l’impossibilità dell’unione fisica.

Giunto il giorno delle nozze, Teletusa, temendo che si rivelasse l’inganno, con uno stratagemma riuscì a rinviare l’infausto evento. Allora fu fissata un’altra data, e così, il giorno precedente le nozze, la mamma condusse la figlia, Ifi, con sé presso l’ara, per pregare Iside, perché le liberasse da ogni timore, ricordando come avesse ubbidito ai suoi ordini sognati. Improvvisamente tremarono le porte del tempio, sfavillarono le corna simili alle falci di luna, si udì il crepitio dei sistri; e l’evento donò tranquillità nell’animo di Teletusa, che si allontanò, accompagnata dalla figlia, la quale, passo dopo passo, iniziava ad assumere sembianze sempre più mascoline, tramutando sesso.

Furono portati molti doni al tempio e sopra un cartiglio fu scritto: «Scioglie un uomo con questi doni il voto, che fece Ifi da femmina».

Il giorno dopo, Venere, Giunone ed Imeneo si unirono alla cerimonia nuziale ed, il giovane Ifi si unì alla giovane Iante.

Una ragazza, costretta ad essere educata come un uomo, non può rinunciare alla sua vera natura. Infatti, pur ardendo d’amore per Iante, sa di non poterla possedere e da ciò nascerebbe la disperazione.

Ligdo allora, che aveva seguito la volontà degli dei, rammentando la disperazione della figlia, riesce ad ottenere un miracolo o ciò che chiamiamo miracolo, poiché ella si è allineata al desiderio deistico, che a volte non trova comprensione nella volontà umana. Ligdo è stata strumento degli dei, di una volontà superiore e così ha ottenuto il miracolo: Ifi diventa uomo, poiché in ognuno di noi c’è la dualità, che dovremmo superare, allontanandoci dalle precipue caratteristiche delle due Forze, al fine di unirle in un armonico mosaico, per giungere all’Unità, alla volontà degli dei.

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