Accanto alla lirica amorosa, che tanto in uso fu nella lirica dei Siciliani e soprattutto in area toscana, si sviluppò una poetica attenta alla realtà, il cui maggior rappresentante fu il notaio Brunetto Latini, nato a Firenze nel 1230.
Fu inviato a lavorare in ambasciata presso il re, Alfonso IX di Castiglia, perché intervenisse contro le minacce di Manfredi, il figlio illegittimo di Federico II. Quando era sulla via del ritorno, ricevé una lettera del babbo, con cui gli comunicava la sconfitta guelfa nella Battaglia di Montaperti (1260). Decise di esiliarsi in Francia, dove avrebbe composto il Tesoretto, in attesa del rientro in Firenze, quando nel 1266, nella Battaglia di Benevento, i guelfi riconquistarono il potere, ricoprendo importanti incarichi pubblici fino alla morte, sopraggiunta nel 1294.
Brunetto compose un poemetto in settenari, il Favolello, dedicato al poeta Rustico Filippi, sul tema dell’amicizia.
Anche il Tesoretto fu scritto nel metro semplice del settenario rimato a coppie, che gli si rivelò il più adatto per le attese pedagogiche del lavoro, rivolto ai ceti emergenti del Comune fiorentino. Il poemetto nasce da uno spunto autobiografico, per poi svilupparsi quale racconto allegorico.
Brunetto, dopo aver appreso la sconfitta dei guelfi a Montaperti, si smarrisce in una selva, ove incontra Natura, la sua maestra e guida su alcuni aspetti, che riguardano al fisiologia dell’uomo ed il cosmo. Quando dovrà conoscere le virtù cardinali e quelle che presiedono al comportamento umano, come la Cortesia, Larghezza, Leanza e Prodezza, Natura sarà sostituita da Vertude. Giunto nel Regno di Dio, Ovidio lo consiglia a proposito della rimozione delle tentazioni amorose.
Arrivato a Montpellier ed ormai certo della caducità della vita umana anche nell’esistenza di uomini illustri, si decide alla confessione nell’analisi dei sette peccati capitali.
L’ultima tappa del viaggio è sul monte Olimpo, dove incontra Tolomeo, il quale dovrebbe spiegargli il segreto dei Quattro Elementi, ma al verso 2994 il poemetto s’interrompe.
All’interno del lavoro, vi sono due momenti assai interessanti, che legano Brunetto al suo allievo, Dante: lo smarrimento nella selva ed il soccorso di una guida, che senz’altro richiama alla mente l’avvio della Commedia.
Quando Brunetto si confessa, manifesta totale il suo disappunto sulla pratica sodomitica, per cui Dante lo condannerà all’Inferno:
Ma tra questi peccati
son vie più condannati
que’ che son soddomiti:
deh, come son periti
que’ che contra natura
brigan cotal lusura1!
(Ma tra questi peccati / sono ancor più condannati / quelli che sono sodomiti / ah, come son periti / quanti contro natura / copulano in tal lussuria!)
.
(1) BRUNETTO LATINI. Il Tesoro. Capitolo XII. La Penetenza, vv. 2879 – 2884.