7 Agosto 2012. Visita a “The war memorial of Korea”

Oggi mi recherò, per la prima volta, nella zona di Itaewon, dove visiterò il “War memorial of Korea” ed il “Monumento ai caduti di Corea”

Itaewon è il quartiere internazionale e, come tale, è la zona turistica per eccellenza della capitale asiatica.

La linea 3 della metro la userò fino alla fermata di Yaksu, dove cambierò linea (numero 6), la quale in quattro fermate mi condurrà alla mia meta. Ormai, è tutto troppo facile!

In attesa della metro, che mi porterà alla fermata di Yaksu, quasi tutti i passeggeri sono impegnati con i propri cellulari a mandare messaggi o navigare in internet e la scena non cambia all’interno del vagone.
I cellulari, con le loro tecnologie, sempre più evolute, c’invitano ad osservare in diretta quello che accade nel mondo e, un poco alla volta, rinunciamo ad osservare quello che accade in noi stessi.

Osservando i vagoni puliti, ordinati con i sedili foderati di morbida ed elegante stoffa, provo un bel po’ d’invidia, pensando alla metro di Roma, che, purtroppo, non può essere considerata un modello per la pulizia e bellezza dei locali. Tra i passeggeri, che sono sulla banchina, ed il binario hanno costruito una barriera in plastica, per evitare spiacevoli incidenti. Questa barriera è provvista di porte, in corrispondenza delle porte dei vagoni, cosicché il treno è costretto a fermarsi nel punto esattamente corrispondente alle doppie porte, per permettere il movimento in entrata ed uscita dei passeggeri.

La costruzione in plastica a protezione della metropolitana

Grazie a questo sistema, si evita anche l’inevitabile “fuga” ed assalto dei passeggeri, che arrembanti si precipitano in prossimità delle porte, non per assaltare Fort Apache, ma conquistare l’agognato posto…in piedi!

Scendo a Yaksu e percorri lunghe vie di raccordo tra le due metro. Toh! Si vende della frutta!

Un regolare banco di frutta all’interno dei locali della metro
L’indicazione per Yaksu

Sceso alla fermata di Noksapyeong, trovo facilmente la strada per l’uscita 1, la quale dovrebbe portarmi (se ho studiato bene la mappa) vicino al museo. Una serie di scale mobili mi conducono all’esterno.

L’uscita
Le scale mobili

Ho la fortuna d’incontrare un poliziotto, che m’indica la strada e così ho la conferma che non sto sbagliando. Fortunatamente la strada è in discesa! (all’andata, poi al ritorno non avrò molto da star felice).

Costeggio una costruzione militare (ecco spiegata, forse, la presenza del poliziotto poco fa) ed, a non più di 300 metri, arrivo al “War Memorial”.

l museo della “Storia della guerra in Corea” è come un santuario della difesa della Patria ed è stato edificato, perché non ci fossero mai più guerre.
Il Museo racconta 5.000 anni di guerre.

Il Monumento ai Caduti di Corea è il simbolo della salvaguardia della democrazia e della libertà oltre che la rappresentazione della “Guerra di Corea”, che è stata la più tragica della storia di questo Paese.

L’imponente Memoriale ha sulla destra un giardino, che è occupato da diversi aerei, residuati bellici. Ho visto il Buwhalho R.O.K.

Il Buwhalho ROK

Questo aereo fu progettato e costruito dall’Aviazione coreana nell’Ottobre 1953, per l’osservazione e per le missioni di guerra. Fu l’allora Presidente in carica, Syngman Rhee, a chiamarlo “Buwhalho”, che significa “Restauro”.

Accanto il KT 1 trainer R.O.K.. E’ un velivolo progettato e sviluppato dai tecnici coreani, che completarono il lavoro di progettazione e sviluppo nel 1999. E’ un aereo,che può compiere anche voli acrobatici.

Il KT 1 trainer ROK

Il T 33a trainer Usa. E’ un biposto; introdotto nel 1955 ed utilizzato come aereo per l’addestramento dei piloti.

Il T 33a trainer USA
Il C 46 commando transport USA

Il C 46 commando transport Usa. Questo aereo è stato utilizzato per le truppe e per le missioni di trasporto del carico durante la guerra di Corea. E’ stato, altresì, impiegato, per trasportare le attrezzature e le truppe nelle aree di Sukcheon e Suncheon vicino a Pyeongyang (la capitale dell’attuale Corea del Nord) il 20 ottobre 1950 e ha contribuito all’avanzata dell’Aviazione sudcoreana e delle Forze multinazionali dell’ONU durante la guerra di Corea.

F 51 fighter Usa. E’ un caccia, chiamato “cavallo selvaggio”, prodotto negli USA nel 1940 ed utilizzato, per la prima volta, dall’aviazione sudcoreana nel 1950. Svolgeva le funzioni di supporto aereo alle truppe di terra, in attesa della firma dell’armistizio nel 1953.

Il F 51 fighter USA

Dalla parte opposta, si possono vedere dei carri armati, tra cui il il T 34 tank Urss. Fu fabbricato in URSS nel 1936. L’esercito nordcoreano (NPKA) era stato fornito di 242 esemplari, con cui attaccò a sorpresa la Corea del Sud.

Il T 59 fabbricato in Cina

Il T 59 tank. E’ un carro armato, fabbricato in Cina nel 1960, su modello sovietico del T 54; fu utilizzato durante la guerra del Vietnam e la Corea del Nord ideò un’ulteriore copia del T 59, nei primi anni del 1970, chiamandola “Kim Il Sung 69

Degli spaventosi lanciamissili americani, fortunatamente, come tutte le altre armi esposte, innocui.

Lanciamissili

Continua la mostra delle armi belliche ed, in un lago artificiale, sosta la nave PKM 357, in prossimità del quale un padiglione espositivo rende omaggio ai 6 eroi della PKM 357, che sono morti con onore durante la seconda battaglia mare di Yeonpyeong (29 giugno 2002), mentre difendevano le acque del Paese dagli attacchi del nemico. Lo scafo è stato prodotto identico a quello della nave originale in scala 1:1.

E’ possibile visitarlo: vado. sul ponte c’e un mitragliatore all’interno la sala comando.

Lo scafo PKM 357
Il mitragliatore

Ho ancora salito due gradini che si trovano alle spalle del comandante e mi trovo nel punto più alto della nave

La sala comando
La prua

Scendo dalla nave, per visitare il padiglione, che si trova alla sinistra della nave, in cui sono raccontate le storie dei 6 eroi nella battaglia di Yeonpyeong.

Mi accoglie un’aria condizionata molto forte, che somiglia ad una doccia gelata, quanto mai indispensabile per il forte caldo. E’ una sala semicircolare con al centro un grande televisore, che trasmette, in continuazione, le immagini di repertorio dei TG dell’epoca, quando avvenne il tragico fatto.

La sala con la tv

“La Corea del Nord non riconosce il confine delle acque territoriali e le motovedette hanno violato circa 100 volte e sono state impegnate in 3 conflitti con le motovedette del Sud, per averne varcato il confine. Se la Corea del Nord continuerà le sue provocazioni, potrebbe essere la scintilla, per rendere possibile un conflitto armato tra le due Coree”, è quanto leggo su un manifesto.

Turbato per quanto letto, proseguo il tour all’interno del padiglione ed assisto alla proiezione dei titoli di coda di un filmato, trasmesso in una saletta cinematografica in 3 D.

La truppa degli spettatori, riconsegna gli speciali occhiali, usati durante la visione, all’addetto; attendo che escano e proseguo.

Alla fine del padiglione, ci sono le foto dei 6 eroi morti. Erano giovani, il volto pulito, lo sguardo dritto e fiero. Avrebbero avuto una lunga vita davanti da vivere; una donna da amare poi, magari, dei bambini da accudire ed affrontare tutti i problemi di una vita: arrabbiarsi, arrivare tardi all’appuntamento, stare in fila in mezzo al traffico, gioire per la promozione a scuola della figlia, la domenica il pranzo con i suoceri e poi le feste di Natale ed ancora il Capodanno e ancora…invece…

Sono raccolte, nelle teche poste sotto le loro immagini gli effetti personali: il portafoglio con ancora delle carte di credito inserite nel taschino, la carta d’identità, delle lettere di Shin Boun Cheung. In un’altra teca il telefonino una penna un walkman appartenuto a Cho Ta Jang. Il diploma scolastico, dei soldi e l’orologio di Jeong Jang Yun. Lo zaino di Eui Mou Byeong. Il cappello la camicia ed alcune lettere do Nae Youn Sa ed infine la camicia degli occhiali da vista e il portafoglio di Byeong Ki Sa.

Si è creato un strano silenzio, quasi irreale, carico di dolore e tensione, perché non è possibile morire così giovani! Ancora una volta penso che ogni atto di guerra sia la dimostrazione più alta dell’imbecillità umana.

Gli eroi

Esco dal piccolo e commovente santuario, dedicato a quegli Eroi, per visitare il museo.

 Di fronte all’ingresso il “Monumento dei caduti di Corea”, sul quale è scritto: “La tragica Guerra di Corea iniziò la mattina del 25 giugno 1950, quando la Corea del Nord illegalmente invase quella del Sud, causando 10 milioni di dispersi e 23 miliardi di dollari di danni. La Corea del Sud fu difesa anche dalla Forza multinazionale dell’ONU, formata da 21 Paesi. La guerra durò 3 anni, 1 mesi e 2 giorni ed il 27 Luglio 1953 fu firmato l’armistizio. Tanti sono i cambiamenti avvenuti negli ultimi sessant’anni. Nello spirito della pace di oggi, la Corea del Sud ricorda la tragedia della guerra e il “Monumento dei caduti di Corea” vuole ricordare l’altissimo tributo pagato dai suoi figli con la vita, augurando loro la pace eterna, con la speranza e la promessa di riunificare la Nazione”.

Il monumento ai caduti
Particolare del monumento ai caduti
Particolare del monumento ai caduti


L’ingresso al Museo è libero.

Il Museo

Si vede, chiaramente, la volontà di aver voluto erigere non soltanto un Museo, ma un santuario, che celebra i suoi caduti durante i 5.000 anni di storia per la severità e l’imponenza delle forme architettoniche.

Alcuni busti di soldati sono conservati nella prima sala ed alla destra un grande tamburo, costruito per celebrare i sessant’anni della fondazione delle Forze armate di Corea.

I busti di alcuni eroi di guerra
Il tamburo

ll tamburo simboleggia la speranza che il popolo coreano ha di contribuire allo sviluppo ed al progresso del mondo civile. La tigre rappresenta l’intrepido coraggio delle Forze Armate.

Si entra nel Memorial hall; in una sala tante candele accese ricordano i soldati caduti, i cui nomi sono scritti in due grandi libri.

I libri

Degli interessantissimi pannelli, riassumono la storia della Corea e sono posti lungo un corridoio in discesa verso una sala, che si trova sulla sinistra, in cui sono disposte delle teche contenenti dei reperti archeologici dal periodo paleolitico,

Reperti del periodo paleolitico

neolitico,

Reperti del periodo neolitico

dell’Età del Bronzo

Reperti dell’età del bronzo

e dell’Età del Ferro.

Reperti dell’età del ferro

I dodici segni zodiacali: il gatto e il topo, la tigre ed il coniglio,

Il gatto ed il topo.
La tigre ed il coniglio

il serpente ed il drago, il cavallo e la pecora,

Il serpente ed il drago.
Il cavallo e la pecora.

il pollo e la scimmia, il cane ed il maiale

Il pollo e la scimmia
Il cane ed il maiale.

simbolizzano la protezione divina sugli uomini e venivano posti sulle tombe, per proteggere il defunto, durante il periodo del regno di Shilla.

Una nuova sala con molti busti di soldati vissuti dalla meta del 1500 al secolo scorso.

Sullo sfondo un grande quadro e un plastico riproducente la Guerra tra Goguryeo (il vecchio nome di Corea) e il Regno di Sui.

Il plastico

Nel 612, l’imperatore di Sui, Yang Ti, attaccò la capitale di Goguryeo, Pyeongyang, con un esercito, formato da 300.000 uomini. Caddero in una trappola, orchestrata dal comandante delle truppe di Goguryeo, Euljimundeok, nei pressi del fiume Salsu (l’odierna Cheongcheongang). Yaang Ti continuò, vanamente, ad inviare soldati in armi, ma la strategia non pagò. Alla fine della guerra, l’impero di Sui crollò e fu conquistato.

Ecco la sala della storia della guerra. S’inizia con una bellissima riproduzione di un cavaliere del periodo Koguryo; vicino una Un je, delle scale, che servivano, per attaccare le fortezze, del Periodo dei Tre Regni; una barca da guerra dello stesso periodo.

Il cavaliere del periodo Koguryo
Le scale Un je

Dietro c’è la riproduzione del castello Hwaseong della dinastia Joseon.
Ancora tante armi esposte come dei cannoni della dinastia Joseon.

In un grande teca tre manichini: alla sinistra Najolvok (l’uniforme da soldato), al centro Kugunbok (l’uniforme da ufficiale), e il dop’o (il vestito da studioso) del periodo Choson.


Najolvok (l’uniforme da soldato, Kungunbok (l’uniforme da ufficiale)
dop’o (il vestito da studioso)

In un angolo kumgwanjobok (il cortigiano) segue, poi, una carrellata di manichini, vestiti secondo le divise dell’epoca, fino ad arrivare alle divise del 900.

Un avviso, in lingua inglese, avverte che manca appena mezz’ora alla chiusura del museo. Devo, mio malgrado, rimandare la visita del secondo piano ad un altro giorno. Un museo, che come tutti i musei di guerra, invita a riflettere su una realtà terribile, connaturata con la parte istintiva dell’uomo, che preferisce la sopraffazione alla tolleranza, esercita l’insegnamento dogmatico anziché promuovere la liberta di pensiero e trasforma se stesso in un avido mostro capace prima o poi di autodistruggersi.

N.B. Le notizie sono state tradotte dalla guida, in lingua inglese, che si può ritirare all’ingresso del Museo.

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