La quarta fatica di Ercole

Nella quarta fatica, Ercole dovrà catturare una cerva dagli zoccoli di bronzo e dalle corna d’oro.

Diana di Versailles, I o Ii sec. d. C. (Museo del Louvre)

La cerva aveva degli zoccoli di bronzo, metallo considerato puro, essendo stata consacrata agli dei e tutto ciò che occorreva per le sacre funzioni era esclusivamente di materiale bronzeo, poiché sembrava avesse la capacità di amplificare le energie magiche.

Sopra la testa, la cerva esponeva delle corna d’oro; ricordiamo quanto Guénon affermò a proposito dell’etimologia «corna», che sarebbe derivata da KRN, «potenza», perché avrebbe racchiuso la simbologia di Kronos, il dio più elevato nella tradizione astrologica, e Saturno, il sovrano dell’età dell’oro. Potrebbe essere questa la spiegazione delle «corna», che sono state scolpite da Michelangelo sul «Mosè», conservato nella Basilica di San Pietro in Vincoli in Roma.

Michelangelo Buonarroti. Mosè (Tomba di Papa Giulio II, S. Pietro in Vincoli, Roma)

Nella tragedia di Euripide, «Ifigenia in Aulide», la protagonista è condannata a morte, solo l’intervento di Artemide cambia la sua sorte, poiché in sua vece è sacrificata una cerva:

«Giaceva al suolo ancora palpitante una cerva grande, molto bella di aspetto: spruzzi del suo sangue irroravano in ogni parte l’altare della dea.

Allora Calcante – puoi ben immaginartelo – esultando gridò: «Comandanti delle forze greche alleate, vedete la vittima che la dea ha posto davanti all’altare, la cerva silvestre? La dea preferisce la cerva alla vergine, non vuole che l’altare venga macchiato da sangue nobile».

Euripide (Museo Pio Clementino di Roma)

Quindi, essendo la cerva sacra ad Artemide, non poteva essere uccisa e ciò costrinse Eracle per un intero anno ad inseguirla. Non riuscendo a catturarla, la ferì nella gamba, dove si trova della cartilagine priva di vasi sanguigni; caricatasela sulle spalle s’incamminò verso Micene.

L’eroe incappò in un’infuriata Artemide, che lo accusò di aver ferito un animale a lei sacro, senza chiederne preventivamente il permesso. Ercole riuscì a sedare la rabbia della dea, spiegandole che stava ubbidendo ad un ordine del re Euristeo: catturare la cerva, quale prova iniziatica. Le sue parole furono così convincenti tanto da placare l’ira della dea, ormai convinta della bontà del Tebano, che avrebbe quindi recato la preziosa cerva al re, il quale in seguito le avrebbe concesso la libertà.

Ercole si recò a Micene, città fondata da Perseo, figlio di Zeus e Danae; vi governò Agamennone, di cui cantò le gesta Omero nell’«Iliade». Fu un importante centro durante l’era del bronzo (di cui sono composti gli zoccoli della cerva) e dell’oro (di cui sono composte le corna dell’animale).

Eracle, che in passato era ricorso alla forza ed all’astuzia, si accomodò ad usare strumenti di più sottile impatto emotivo. Egli controllò l’impulso omicida, imparare ad aspettare, ad attendere a lavorare nel tempo, confrontandosi colla considerazione femminile del tempo stesso.

Segno zodiacale del Cancro

La quarta fatica è legata al segno zodiacale del Cancro, perché alla cerva è dedicata la dimensione femminile, lunare; Artemide è il nome della luna crescente, rappresentante il periodo della maggior fecondità nella donna. Ha in caduta Marte, quale contributo a non usare la forza in modo scriteriato, poiché le capacità fisiche del pianeta sono qui depresse.

Il segno fronteggia il segno cardinale del Capricorno, governato da Crono – Saturno; ecco il trascorrere del tempo, la capacità di adeguarsi a ritmi diversi dai propri, la pratica della pazienza. Il cancro è un animale, che cammina lateralmente, perché non ama essere posto di fronte agli ostacoli, ma – al contrario – aggirarli. Eracle non può uccidere la vittima, ma, agendo come un granchio, dovrà inseguire, circoscrivendo la sua azione volta alla cattura della vittima.

Artemide (Diana per i romani) è la sorella del dio Apollo (dio del sole), signora della notte, rischiarata, appunto, dalla luce riflessa della luna. Proteggeva anche i viandanti, soprattutto quando si recavano nei boschi, solitamente popolati dagli animali e per ciò Artemide era anche la dea della caccia, accompagnata dalle ninfe dei boschi e seguita da cani (per ciò chi si reca a caccia reca con sé il cane?). Imbracciava l’arco e la faretra (Ercole ferisce la cerva con l’arco, attributo della dea) ed indossava la veste corta. Lontana dalla ricerca di un marito, anche per il suo continuo girovagare, si narra che una volta s’innamorò di un pastore bellissimo, Endimione, che pascolava delle greggi sul monte Latmo. Ogni notte si recava nella grotta, dove trovava riposo il giovane, standogli accanto in silenzio. A Sparta le si consacrava un culto all’interno del Santuario Orthia

Attribuzione Mantegna. Sala delle fatiche di Ercole (çPalazzo Venezia Roma)

La rappresentazione iconografica del mito ci riporta agli affreschi della «Stanza delle fatiche di Ercole» di Palazzo Venezia in Roma, attribuiti al Mantegna.  Eracle porta la cerva sulle spalle, adagiata sul dorso, cosicché le corna sono rivolte all’Eroe e gli zoccoli in direzione del cielo. Egli è rappresentato in cammino verso Micene, lo sguardo è rivolto verso terra come quello della cerva ed il piede sinistro sembra voler uscire dalla base stessa dell’affresco, come se stesse in prossimità di un nuovo mondo.

L’elemento dominante – abbiamo accennato – è la forza femminile, che sovrasta quella maschile; si gradirà l’uso della forza sottoposta ad un’analisi psicologica, attenta, estremamente ponderata, lenta, decisa nell’azione, ma molto cauta nelle decisioni.

Allora, appare chiaro ed evidente il messaggio per il Viandante: solo in una reale integrazione tra maschilee femminile, egli può avvalersi di tutte le potenzialità del suo essere, poiché sarà chiamato ad usare ora la forza ed il coraggio della vena maschile, ora l’empatia e quindi il rispetto per i tempi altrui, caratteristiche dell’universo femminile dell’essere.

In ultima analisi, acquisterà il «sentire», proprio della raffinatezza, che gli permetterà di essere in piena comunione con gli altri Esseri.

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