La profumata mirra: il mito greco vuole “l’incenso degli alberi” nato da un incesto

E’ stato pubblicato, sabato 18 luglio 2020, sul sito www.vanillamagazine.it un articolo sul mito di Adone a cura di Annalisa Lomonaco, che racconta la fabula. Proveremo a fornire alcuni interpretazioni sul significato dei molteplici simboli, di cui sarebbe costellata la storia.

Il mito, a nostro avviso, fornisce una chiave assolutamente avvincente e vincente nel voler analizzare il consumo dei fatti; i miti dormono all’interno di ognuno di noi e, nel corso della nostra esistenza, sperimentiamo il loro valore e la loro capacità di reazione in confronto coi fatti della vita. Conoscere il mito e studiarlo nei suoi dettagli, offrirebbe la capacità di penetrare nell’intimo della realtà dell’uomo, che troverebbe così molte spiegazioni al significato recondito dell’esistenza.

Anche il mito di Adone si colloca all’interno della folta declinazione della morte e rinascita della natura; e già un primo aspetto, dovremmo iniziare a coglierlo, non indicando la morte quale fine, chiusura di un’esperienza, ma quale inevitabile passaggio verso una forma superiore dell’essere. In fondo, anche il Cristianesimo, che si è avvalso della traduzione di molteplici miti, nel racconto esegetico, interpreta l’evento funebre quale indispensabile membrana da penetrare, perché il fedele possa godere degli eterni favori celesti in uno stato di assoluta beatitudine.

Purtroppo, gli dei greci, al contrario della divinità giudaico – cristiana, dimostrano le sembianze psicologiche dell’umanità corrotta, non essendo le loro azioni scevre dalla dimensione tellurica della volontà. Ed infatti, questo mito si nutre della «vendetta» di Afrodite – Venere, sentimento particolarmente uso alla sfera delle passioni umane.

Quindi partiamo da un aspetto tellurico nell’atto del giudizio, perché si compia il primo passo del racconto ed infatti la dea ordisce la più bieca delle vendette: Mirra, la figlia di Cinira, re di Cipro (secondo la vulgata esiodea luogo, che dette i natali ad Afrodite – Venere) s’innamorerà del padre e le cause di tale atto si disperdono all’interno del racconto, poiché la causa di tanta scellerata azione non è sufficientemente motivata. Spesso i miti si sfrangiano e non smettono di rivelare interamente e con precisione il racconto, così come spesso i rapporti umani nascondono sottili cause, ignote anche al soggetto, che le interpreta.

Secondo lo spettro interpretativo della psicologia di coppia, la donna spesso vuole riconoscere nell’uomo, che ama, alcune reminiscenze, sottili rimembranze del padre; forse ecco spiegata la forza evocatrice del mito. Traduciamo, sublimando l’aspetto tellurico in un’esperienza di pura idealità; in fondo, quando la figlia attende ad un uomo, i cui tratti psicologici e caratteriali siano simili al genitore, ella sembra voglia vivere la dimensione spirituale dell’incesto.

Mirra è ben conscia della follia, che la sta consumando, poiché conosce come «voluntas Dei» domini quella degli umani; nel mito irrompe il ruolo della madre, Cencreide, che si ripromette di aiutare la figlia nell’uscire dal baratro di quella terribile dimensione. Non vogliamo fornire ulteriori interpretazioni – che si rivelerebbero alquanto stucchevoli – sul complesso rapporto tra madre e figlia e come l’una intervenga, giustamente, in aiuto dell’altra, considerandola probabilmente quale prolungamento della sua dimensione terrena.

La catastrofe si propone, quando la regina Cencreide dovrà assentarsi per dieci giorni dal talamo nuziale, al fine di purificarsi per la celebrazione dei misteri a Demetra – Gea. Spesso nelle fabulae, ricorre il numero 10, quale completamento massima dell’aspetto creativo, quale fine ultimativo di ogni azione.

Una nutrice allora suggerisce al re, Cinira, di accogliere nel suo letto una bellissima vergine coetanea della figlia, per allietare le sue notti; l’uomo accetta, preparandosi al sacrilego atto, di cui avrà piena coscienza solo la decima notte. In preda ad un furore irrefrenabile, tenterà di colpire la figlia, che sarà più lesta dell’azione del re, al fine anche di salvare la vita dell’esecrabile figlio, che ha in seno.

Quante sono le coppie, in cui l’uomo è assai più grande della sua compagna? Egli preferirebbe, nell’ampia casistica dei fatti, accompagnarsi spesso a delle ragazze, poiché, come la donna cerca nell’uomo il padre, l’uomo trova la figlia nello stringere un rapporto con una donna molto giovane: ecco la coincidenza del mito, potenza estrema dell’evocazione, che si serve dei due generi, per proporsi quale soluzione di vita.

Gli dei ascoltano, impietosendosi, i lamenti della futura madre e quindi intervengono recisamente, dimostrando vicinanza ai mortali – perché, probabilmente, vivono la stessa dimensione -, trasformando le lacrime della sfortunata in gocce profumate di un albero.

Dopo nove mesi, nasce Adone, un fanciullo bellissimo, il quale, crescendo, si proporrà di vendicare la mamma; ecco come il tema della vendetta ritorni quale giustificazione per il male ricevuto. Afrodite – Venere s’innamora dell’ancora imberbe vendicatore e, al fine di nasconderlo, lo consegna in una scatola di legno alla dea dell’inferno: Persefone, la quale, a sua volta, s’innamora anche lei della bellezza del fanciullo, decidendo di trattenerlo in eterno quale suo amante.

Quante volte più persone s’innamorano dello stesso uomo o della stesa donna? Quante coppie «scoppiano», perché uno dei due diventa preda di un terzo incomodo? E spesso i migliori amici, le migliori amiche si dimostrano infedeli al concetto di amicizia, affrontando qualsiasi sortilegio, al fine di strappare l’oggetto della passione. E ciò avverrebbe a qualsiasi età; ecco, forse, spiegato la dimensione atemporale dell’amore, poiché Adone vive sospeso tra il cielo (e quindi l’intellettualità) di Afrodite e l’istinto di Persefone, due deità, che hanno sconfitto l’inesistente barriera del tempo, vivendo nelle realtà opposte dello stesso essere.

Il fortuito intervento di Zeus spezza la volontà guerresca delle dee, stabilendo che Adone trascorrerà un terzo dell’anno con Afrodite, con Persefone e la restante frazione con chi vorrà.

Il giovane, resosi finalmente consapevole della sua avvenenza, giunto all’età, in cui può giacere con una donna, intreccia una fitta corrispondenza di amorosi affetti con Afrodite – Venere (la causa prima).

Vi è un aspetto spesso disatteso e poco ricordato: il lato oscuro (non vogliamo rubricarlo negativo) dell’amore, che si nutre di vendetta, quando la telluricità ottunde la capacità razionale nell’analisi del fatto, quando l’animico travalica lo spirituale, quando siamo guidati dal «primo pensiero», che ci viene alla mente.

Ares – Marte non può rimanere passivo di fronte a tanto scandalo, che sta riguardando la sua amante (la dea infatti è sposa del brutto Efesto), che impazzisce, ricevuta la notizia che il giovane è caduto vittima dell’azione mortale di Ares.

Il mito s’innesta di molteplici interpretazioni: ecco giustificato il comportamento, moralmente condannabile, di coloro che, pur essendo uniti, ricorrono a compiacenti compagnie ed anche il consumo delle vendette da parte dei traditi.

Afrodite – Venere corre in soccorso dell’amante e si ferisce, lasciando cadere dal suo corpo delle gocce di sangue, simbolo della sua passione verso l’ennesimo amante, che generano delle rose rosse.

Quando si è innamorati, il galateo esigerebbe che l’uomo si presenti con delle rose rosse al primo appuntamento con l’amata, restituendo così alla dea parte delle sue gocce.

Dal ferito Adone, cade del sangue, che genera gli anemoni, fragili e delicati come la vita dei veri, grandi, amori.

Riviviamo nella pelle le storie, tramandateci dai nostri predecessori, che tentarono di spiegare il meraviglioso essere: l’uomo, le cui azioni sono spesso apparentemente irrazionali. Forse nella sferra dell’irrazionalità, si nascondono i sentimenti degli dei, i quali, confinati orami nel non – tempo, continuano a vivere nelle gesta dei mortali, che attendono all’immortalità.

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