Pietro Metastasio verso la gloria

Pietro Metastasio era intento a terminare il libretto dell’Artaserse, quando gli giunse una lettera, tanto desiderata, da Vienna, scritta dal principe Pio di Savoia, Ispettore e Direttore Generale della Real Cappella e dei Teatri Imperiali, colla quale, in nome dell’Imperatore Carlo VI, gli comunicava la nomina a Poeta Cesareo.

La sospirata cattedra non giunse del tutto inaspettata, poiché la Contessa D’Althann, dama di corte dell’Imperatrice viennese ed amica dell’Imperatore, coltivava una forte amicizia con la Principessa di Belmonte, amica intima del Metastasio. Un anonimo cronista scrisse che la Contessa informò la Principessa napoletana del progetto di nomina e la Belmonte perorò coll’amica la causa.

Il Poeta fu raggiunto da una lettera del Principe Pio di Savoia, arbiter elegantiarum della Corte cesarea, per la parte drammatica e musicale, con cui gli avrebbe annunciato l’avvenuta nomina:

«Molto illustre Sig.r mio Oss.mo.

L’applauso comune che V. S. molto Illustre ricava nella Poesia, e in tutti i suoi Componimenti da questo Augustissimo Imperatore approvati,  sono la cagione che io, d’ordine della Maestà sua, l’esibisco il suo Cesareo servizio nelle circostanze che a Lei parerà più proprio d’accettarlo. Conviene ch’Ella mi motivi ciò che brama annualmente per onorario fisso, poiché pel residuo non vi sarà svario alcuno.

Il Signor Apostolo Zeno non desidera altro compagno che V. S. molt’Illustre, non conoscendo in oggi soggetto più adatto di lei per servire un Monarca sì intelligente, qual è il nostro. Dalla di lei risposta, e richiesta, dipenderà la trasmessa del denaro pel suo viaggio, godendo intanto di quest’apertura, per attestarle l’affetto, che mi costituiscono

Di V. S. molt’Illustre

Vienna, 31 agosto 1729

aff.mo per servirla di cuore

Luigi Principe Pio di Savoia».

La Corte non avrebbe licenziato lo Zeno, anche se sessantenne e stanco, provvedendo ufficialmente ad affiancargli un giovane assistente, il trentunenne Metastasio – appunto -, che lo sollevasse dalle fatiche quotidiane.

Quando nel 1715 Apostolo Zeno fu nominato poeta cesareo, affiancò il poeta primario Pietro Parlati; non ne pretese il licenziamento, ma – al contrario -, accettò il sul suo contributo nella riforma del melodramma. Probabilmente, giunse all’orecchio dell’anziano poeta l’intrigo tutto femminile, col quale il Metastasio aveva ottenuto l’attesa nomina, cosicché chiese il congedo a Carlo VI, il quale, in segno di devota riconoscenza per il lavoro svolto, gli mantenne la pensione di quattro mila fiorini annui.

Il Metastasio si recò dall’amica e confidente Marianna Benti Bulgarelli, che tanto l’aveva favorito all’inizio della carriera letteraria, per leggerle il contenuto della lettera, così come il padre ed il fratello furono immediatamente informati dell’evento.

Il Poeta quindi rispose all’emissario dell’Imperatore:

«Eccellenza,

Non prima di ieri mi giunse il veneratissimo foglio di Vostra Eccellenza, tuttoché scritto in data de’ 31 agosto; ed il poco tempo nel quale sono obbligato a rispondere, non è sufficiente per rimettermi dalla sorpresa, che deve necessariamente produrre l’inaspettato onore dei Cesarei comandi, ai quali non ardivano di salire i miei voli, non che le mie speranze. Il dubbio della mia tenue abilità mi farebbe ricercare, con estremo timore, la gloria del Cesareo servizio, se l’approvazione Augustissima non mi togliesse anche la libertà di dubitar di me stesso. Onde non resta, che di attendere i cenni di Vostra Eccellenza per eseguirli. Mi prescrive l’Eccellenza Vostra, replicatamente, nella sua lettera, che io spieghi i miei desiderii intorno all’annuo onorario.

Questa legge me ne toglie la repugnanza, e giustifica il mio ardire.

Mi si dice che l’onorario solito de’ Poeti che riceve il signor Apostolo Zeno, sia di 4000 annui fiorini, onde io, regolandomi sull’esempio del medesimo, restringo umilmente le mie richieste fra’ termini della sopraccennata notizia, con le riflessioni che, abbandonando io la mia patria, sono obbligato a lasciare sufficiente assegnamento al mio Padre cadente ed alla mia numerosa Famiglia, la quale non ha altro sostegno, che il frutto, che, fortunatamente, ricevono in Italia; che, diviso da’ miei, dovrò vivere nella più illustre Corte d’Europa con quel decoro che conviene al Monarca, a cui avrò l’onore di servire; e finalmente colla certezza, che potrei male applicarmi all’impegno del mio esercizio, distratto dal continuo doloroso pensiero degl’incomodi e bisogni paterni.

Ecco ubbidita la legge di chi richiede; ma, in questa richiesta, spero che l’Eccellenza Vostra non considererà che la mia ubbidienza, potendo, per altro, esser Ella persuasa che, in qualunque condizione, io debbo essere prontissimo ad eseguire quanto piacerà all’Augustissimo padrone d’impormi. Conosco quanto debbo all’incomparabile Signor Apostolo Zeno, il quale, non contento di aver protette finora le mie Opere, vuole, col peso del suo voto, essermi così generosamente benefico.

Io glie ne serberò, fin ch’io viva, il dovuto senso di gratitudine; ed, umilmente raccomandandomi al valido patrocinio dell’Eccellenza Vostra, le faccio profondo inchino.

Di Vostra Eccellenza

Roma, 28 settembre 1729

Umi. mo Dev.mo Obb.mo Servitore

Pietro Metastasio».

Il Poeta elargisce grandemente i suoi doni di abile diplomatico, dimostrando tatto e destrezza, come quando convinse la Benti Bulgarelli a seguirlo da Napoli a Roma, dovendo seguire da vicino i guai di salute del padre. Prova ad intenerire l’Imperatore, affinché gli accresca quanto più possibile il compenso, smuovendolo nella pietà filiale, rimarcando il dovere dell’assistenza nei riguardi dell’anziano e malmesso genitore. Chiarisce che riceve ampi consensi e quindi lauti guadagni dall’attività di poeta; è bene informato sull’esatto contributo ricevuto dal Zeno, notizia probabilmente filtrata dalle nobildonne, salvo accettare lo stipendio, accordato allo Zeno. Chiude con il profondo inchino, al Principe Pio, che dovrà raccomandarlo alla grazie dell’Imperatore.

Da Vienna, gli fu risposto che, a causa della giovane età, avrebbe potuto dimostrarsi più discreto, così come evidenziato nella lettera, inviata dal Principe Luigi Pio di Savoia, in data del 19 ottobre 1729.

«Molto Illustre Signor mio Oss.mo

Non fu possibile rispondere al di lei compito foglio, per essermi trovato a caccia coll’Augustissimo Imperatore, al quale ho fatto leggere i suoi sentimenti, potendosi assicurare che Sua Maestà si è compiaciuta di vedere una lettera scritta con tanta proprietà ed aggiustatezza concernente l’interesse venturo. Che il signor Zeno ottenesse il soldo di 4000 Fiorini, è vero; ma tanto ottenne e come Storico e come Poeta, avendo servito Sua Maestà fin dal tempo, che si trovava in Ispagna.

Io non dubito ch’Ella col progresso del tempo arriverà a godere tal somma. L’ Abate Pariati  non ottenne, né tira sin al giorno d’oggi che Fiorini 2600. Con tutto ciò, per distinguere il di Lei merito, Le accorda Sua Maestà Fiorini 3000 l’anno, e 100 Ungari pel viaggio, quali dall’Eminentissimo Cianfuegos le verranno sborsati, come io, con le mie righe, in questo ordinario, lo prego di eseguire. Spero dunque, ch’Ella non defrauderà la speranza, che nutro, di presto qui vederlo per autenticarle di viva voce e coll’opera quanto sia

Di V. S.

Vienna, 19 ottobre 1729

Aff.mo per servirlo di cuore

Luigi Principe Pio di Savoia».

Il Metastasio non rispose, chiedendo solamente una dilazione di alcuni mesi, per assestare i suoi affari romani ed attendere alla messa in scena dell’Alessandro nelle Indie e dell’Artaserse, promesse al Teatro delle Dame poco prima del Natale del 1729 e durante il carnevale del ’30. Si dichiarò comunque pronto a partire, qualora fosse stata richiesta dall’Imperatore la sua presenza in Vienna.

« Eccellenza, Lo stabilimento di 3000 Fiorini, del quale il veneratissimo foglio di Vostra Eccellenza mi assicura a tenore dell’oracolo Augustissimo, non han bisogno di nuova accettazione, perché siccome mi dichiarai in altra mia, in qualunque condizione io non sarei così nemico a me stesso, di non abbracciare avidamente il sommo degli onori che poteano sperare i miei studii; e, per quanto sia difficile il conoscersi, io mi conosco abbastanza per confessare che, quanto mi viene accordato è un puro effetto della beneficenza Cesarea usata a misurarsi colla sua grandezza, non col merito altrui. Onde, giacché mi vien permessa questa gloria, io già mi considero attual servidore della Cesarea Maestà Sua.

Nell’umanissima lettera di Vostra Eccellenza non mi vien prescritto tempo al partire, effetto, cred’io, della clementissima previdenza di Cesare, il quale avrà benignamente considerato che una mossa, della quale è necessaria conseguenza la variazione di tutte le misure mie, non può comodamente eseguirsi con sollecitudine corrispondente al mio desiderio. Infatti, la mia partenza richiederebbe qualche dilazione per dar ordine agl’interessi domestici, disporre di due sorelle nubili, disfarmi di alcuni Offici Vacabili, e particolarmente di uno, il cui titolo è Maestro del Registro delle Suppliche Apostoliche, il frutto del quale dipende dal mio esercizio personale; onde, perché non sia affatto infruttuoso il capitale impiegato in compra, mi conviene ricuperarlo colla vendita, e farne altro impiego; e finalmente per adempire all’obbligo di mettere in iscena due miei Drammi nuovi in questo Teatro di Roma, contratto quando non ardiva d’augurarmi l’onore de’ comandi Augustissimi.

Tutto ciò si potrà da me compire nel tempo che rimane da questo giorno al principio della Quaresima. Quando però abbia io male spiegati gli ordini di Vostra Eccellenza, ogni nuovo cenno farà che io sacrifichi qualunque mio riguardo domestico, e mi servirà per soprabbondante ragione da scaricarmi dal mio impegno teatrale. E supplicando l’Eccellenza Vostra a convalidare colla sua assistenza i motivi che mi necessitano contro mia volontà a desiderare la dilazione sudetta,

Le faccio profondissimo inchino.

Di Vostra Eccellenza

Roma, 3 novembre 1729

Um.mo Dev.mo ed Obbl.mo servidore

Pietro Metastasio»

L’Imperatore concesse il rinvio della partenza, cosicché il Metastasio poté affidare i suoi affari alla Benti Bulgarelli, passare il vacabile al fratello Leopoldo e quindi finalmente disporsi per il viaggio. Promise a tutti che sarebbe tornato ed informò la Marianna che, sistematosi presso la Corte, avrebbe brigato, per ottenerle la nomina di cantante da camera o maestra di canto. Arrivato a Vienna, presto si sarebbe dimenticato delle promesse, consolandosi con la vedova Marianna d’Althann.

Lascia un commento

search previous next tag category expand menu location phone mail time cart zoom edit close