“Lo sceicco bianco” di Federico Fellini

La suite di Nino Rota c’introduce in un mondo quasi fumettistico con una marcetta dal carattere esilarante.

Ivan (Leopoldo Trieste) e Wanda (Brunella Bovo) arrivano alla Stazione Termini di Roma, assediata da ambulanti e uomini di fatica. Con una deliziosa botticella, si recano all’albergo Tre fiori, dove ritirano la chiave di una camera matrimoniale da un addetto, che prova anche a smerciare delle cartoline turistiche. La coppia, proveniente da Altovilla Marittima, è in viaggio di nozze. Ivan, che si dimostra fin troppo protettivo ed apprensivo con la bella moglie, il cui candore del volto è pronunciato da un sorriso malinconico, si preoccupa di avvisare gli zii e altri parenti, che risiedono nella capitale. Sin dalle prime battute, Leopoldo Trieste disegna uno sposino tutto vezzi, sorrisi, nevrosi malcelate, che lo rendono simile ad una curiosa macchietta.

Ivan (Leopoldo Trieste)

La moglie intanto, mentre il marito è al telefono, si reca in camera senza avvisarlo e dalla finestra finalmente può meditare sul suggestivo panorama romano composto di cupole ed antichi palazzi.

Wanda (Brunella Bovo)

Con un fil di voce, chiede all’inserviente dell’albergo dove si trovi Via XXIV maggio: è a due passi dalla sua stanza; quel sorriso malinconico presto è scacciato da un sorriso pieno di sognanti aspettative. L’improvviso e perentorio ingresso del marito Ivan nella stanza riporta alla realtà la giovine sposina; egli le manifesta il suo forte disappunto, perché lo avrebbe abbandonato improvvisamente e senza avvisarlo.

Wanda prova a discolparsi, ma il marito non ne vuol sapere. Grazie all’intercessione dello zio, dipendente nella Città del Vaticano, alle ore 11 saranno ricevuti insieme ad altre coppie in udienza dal Papa.

Ivan ha annotato su un taccuino il programma della giornata, che inizia ad illustrare ad una sempre più sconfortata moglie. Approfittando del riposo di Ivan, Wanda silenziosamente esce dalla stanza: particolarmente suggestive le inquadrature in primo piano degli espressivi occhi della brava Brunella Bovo. A passo svelto, si precipita fuori dall’albergo e finalmente giunge in un palazzo, dove chiede di Fernando Rivoli; le viene risposto che è assente.

Wanda nella casa di produzione

Giunge Marilena Vellardi (Fanny Marchiò) con cane di piccola taglia al seguito; è la soggettista della casa di produzione di fotoromanzi dove lavora il Rivoli come protagonista. Wanda le comunica tutto il suo entusiasmo nel leggere la rivista: “La vera vita è quella del sogno”, interviene Marilena, mentre si accinge a battere a macchina. Wanda vorrebbe confessare la sua delusione, ma è interrotta dall’invito da parte di Marilena a fumare. Alloŕa la sposina racconta gli eroi dei fotoromanzi, sfoderando notevole capacità mnemonica: lo Sceicco bianco è il suo eroe preferito. Marilena rivela che presto arriverà Fernando, quindi chiede ad un suo lavorante di accompagnarla dal suo eroe.

Intanto in albergo, Ivan è bruscamente svegliato da dei forti colpi alla porta della stanza; un sacerdote si lamenta per l’acqua, che proviene dal bagno, in cui non trova la dolce sposina. Un inserviente comunica allo spaesato Ivan che la moglie forse s’è recata in Via XXIV maggio. Wanda si prepara all’incontro con lo Sceicco; assiste alla comica e curiosa processione di alcune comparse già in costume, che si avviano trasportate da alcuni camion verso il set. Viene risucchiata dalla strampalata compagnia e così si trova sul camion anche lei: lo Sceicco bianco si sta avvicinando.

Ivan è sempre più preda di folli pensieri, avendo rintracciato un biglietto di Fernando, col quale le fissa un appuntamento, invitandola a Roma.

La telecamera riprende da vicino gli occhi sbarrati di Leopoldo Trieste, in preda quasi ad una crisi di nervi, che va alla ricerca della moglie e di questa benedetta via.

Il passaggio della Fanfara

Il passaggio della Fanfara dei bersaglieri evidenzia il contrasto tra l’allegria e l’entusiasmo, che suscita tra i passanti e lo stato di forte preoccupazione a quello di disperazione di Ivan, che immagina la moglie pronta a tradirlo col suo bell’eroe durante il viaggio di nozze.

I parenti di Ivan

Tornato in albergo, saputo che la moglie non è punto rientrata, Ivan si preoccupa come affrontare la nutrita parentela, che lo attende in salotto.

Gli sguardi, i gesti di Leopoldo Trieste sono il miglior commento al suo stato di tensione. Finalmente, saluta gli zii, i cugini, che s’informano del parentado di Altavilla e si preparano ad uscire, per recarsi in udienza dal Papa. Uno sbalordito Ivan esce dall’albergo; i parenti gli chiedono di Wanda ed egli, abbassando gli occhi, informa tutti che la sua sposa non sta bene. Con un fil di voce, che tradisce tanta mestizia, Ivan racconta delle bugie, con le quali non convince alcuno, a partire da se stesso.

Intanto la zia è rientrata in albergo; Ivan, come svegliato dal torpore della mente, si precipita dietro l’impicciona parente. È costretto ad usare le scale, poiché la zia si sta dirigendo in ascensore verso la camera dei neosposi. Inutili, vani i continui e ripetuti richiami alla parente, che continua la sua corsa in ascensore. Raggiunta la zia sul piano della camera, riesce a convincerla a non entrare nella stanza al fine di non disturbare il sonno ristoratore della giovane moglie, che parteciperà comunque al pranzo.

Il passaggio verso il set

Intanto prosegue il viaggio di Wanda con la compagnia verso il set: i camion attraversano la campagna; arrivati sul set, il regista cerca (poco ascoltato) di fornire le indicazioni per le riprese urlando forsennatamente.

Il regista dei fotoromanzi (Luigi Almirante)

Wanda è preoccupatissima e svela la sua angoscia alle diverse comparse che popolano il set, inascoltata; vuole immediatamente rientrare a Roma. Inizia a correre nella campagna, fin quando un canto attira la sua attenzione: cerca da dove provenga, si gira attorno ma non vede alcuno. Fin quando, alzando gli occhi al cielo, tra due alberi scorge un’altalena con qualcuno che si dondola: è lo Sceicco bianco (Alberto Sordi).

Lo sceicco bianco (Alberto Sordi)

D’improvviso ogni angoscia svanisce, la preoccupazione lascia spazio ad una gioia così grande, che le s’inumidiscono i belli e sognanti occhioni.

Lo sceicco bianco sull’altalena

“A Nandooooo… a Nandooooo…..” interrompe la poesia dell’incontro tra il re dei fotoromanzi e la giovane sposina. Lo Sceicco scende dall’altalena, per avvicinarsi alla bella fan, che gli consegna dei disegni, in cui lo ritraggono e sono firmati: “Bambola appassionata”. Lo Sceicco di aver ricevuto delle lettere e per ringraziarla del prezioso omaggio l’accompagnerà presso il chiosco, dove sarà lieto di offrirle qualcosa da bere.

Al chiosco

Wanda osserva estasiata il suo divo, al quale chiede un autografo, subito esaudita. Su una melodia che tocca il cuore i due danzano fissandosi negli occhi, davanti ad uno stupito barista. È un momento del film davvero poetico; lei è stretta tra le braccia del suo eroe. Il tocco del Maestro incanta, fa sognare, emoziona. Intanto sulla spiaggia delle comparse vestite da odalische improvvisano una sensuale danza del ventre; mentre la troupe si prepara a girare, il regista (Ernesto Almirante), raduna attorno a sé una disattenta compagnia, per spiegare come si svolgerà l’azione.

Sul set

Si girerà una scena di guerra, che vedrà confrontarsi la masnada beduina contro lo Sceicco bianco e le sue truppe.

Wanda è stata arruolata quale “schiava fedele” dello Sceicco. Mentre è “al trucco” ripete le battute, guidata da Fernando, che le suggerisce intonazioni ed intenzioni.

Wanda al trucco

Il regista richiama l’attenzione: ciak, si gira.

Sulla marcetta iniziale, i personaggi si muovono a scatti, per essere fotografati nelle posizioni più inverosimili; sembrano delle marionette guidate dalla voce del regista: “Scatta!”.

In albergo, intanto troviamo Ivan, di fronte alla porta della stanza da letto, con intorno i parenti ficcanaso, finge di parlare colla colla sposina malata, onde soddisfare le richieste sempre più pressanti degl’invadenti parenti, che reclamano la pronta guarigione di Wanda, per incontrarla e conoscerla.

Giunta l’ora di pranzo, Ivan si aggiunge alla compagnia parentale senza la moglie; lo zio, ignaro del dramma che sta vivendo l’amato nipote, gli chiede di esibirsi nella dicitura di un sonetto. Ivan (il bravissimo Leopoldo Trieste manifesta con incredibile verità scenica tutta la sua angoscia interiore attraverso una mimica straordinariamente comunicativa) balbetta i suoi versi intercalati da strane pause; la penosa esibizione è interrotta dall’arrivo delle fettuccine.

I cinematografari sono in pausa pranzo; Fernando introduce Wanda in una barca a remi che spinge lontano dalla riva. I due ora sono in mezzo al mare, soli, liberi; lo Sceicco le parla d’impossibile vite passate; Wanda è smarrita ma felice; egli ne approfitta e i due si siedono più vicino. Prova a baciarla, ma Wanda sa resistere e con cortesia lo respinge; le confessa di essere sposato, ella è costernata.

Allora lo Sceicco tenta d’impietosire Wanda, raccontandole del suo infelice amore. Egli avrebbe dovuto sposare la donna che amava, senonché fu vittima di un filtro magico che gl’impedì di maritarsi coll’amata e preferire l’autrice del perfido liquido. Il racconto è vissuto da Wanda come quello di un fotoromanzo, l’unica via per uscire da una triste realtà. Mentre si stanno (finalmente) per baciare, lo Sceicco riceve un forte colpo alla testa dalla vela della barca e l’incanto svanisce.

Ivan con la famiglia è al Teatro dell’Opera per ascoltare il “Don Giovanni” (l’opera lirica è una forma d’arte che spesso troverà spazio all’interno di numerosi film di Fellini). Abbandona il palchetto per telefonare in albergo, onde sapere se la moglie è tornata: nulla!

È costretto quindi a recarsi in Questura, per denunciarne la scomparsa; non ha però il coraggio di confessare, poiché teme che i giornali possano diffondere la notizia. Rassicurato dal dirigente, inizia a raccontare di una signora che dall’albergo Tre fiori ha raggiunto Via XXIV maggio.

Mentre il viso di Trieste non tradisce un’incredibile vergogna, quello del funzionario è immobile, quasi assente. La voce è interrotta quasi dal pianto; vorrebbe rassicurare inutilmente se stesso che in una lettera ella non avrebbe indicato che sarebbe sparita. Mentre un sempre più distratto e spazientito funzionario si accende una sigaretta, investendo di fumo il povero sposino, egli continua a chiedersi il motivo, per cui questa signora si sia portata in Via XIV Maggio.

La lettera è preda di un sempre più disinteressato funzionario, che chiede chi sia la “Bambola appassionata”, che l’ha firmata. Si chiedono le generalità, al fine d’improntare il verbale; quando al disorientato Ivan viene chiesto se la “Bambola” sia per caso la moglie, egli piagnucola, chiedendo che nulla sia rivelato; teme lo scandalo, di cui potrebbero essere investiti i suoi severi e irreprensibili parenti. In preda ad un pianto davvero sconsolato (notevole l’interpretazione del Trieste, bravissimo nel cogliere gli stati d’animo di Ivan) confessa che trattasi della moglie. Il funzionario gli offre una sigaretta e lo rassicura che in breve tempo la sposa sarà rintracciata.

Rimasto solo nell’ufficio, Ivan si agita percorrendo la stanza con passo molto affrettato, si volge verso la finestra ed incrocia la discesa da un camion di alcune persone: non c’è Wanda, ma non si avvede che sono solo dei poliziotti. Si ritrova nel cortile della Questura, dove, insieme ad un manipolo di uomini in divisa, partecipa alla loro marcia, fin quando guadagna l’uscita. Una barca condotta da due marinai, assai sguaiati, recupera la leggera imbarcazione, improbabile nido d’amore dello Sceicco e della sognante Wanda. Fernando viene sgridato e rimproverato dal regista davanti alla troupe e sotto l’occhio severo della moglie.

La moglie, Rina

Tenta di abbozzare vanamente una timida difesa, indicando Wanda responsabile della breve gita in mare, tentando così di sciogliersi da ogni responsabilità. La moglie di Fernando, Rina, affronta l’innocente Wanda, insultandola.

La lite tra Wanda e la “moglie” dello Sceicco, Rina.

In questa scena, ancora una volta, l’attenzione del Maestro si concentra sullo sguardo furioso della moglie e poi si quello spaurito di Wanda, che viene anche schiaffeggiata. La troupe, le comparse, i figuranti non riescono a trattenere il riso, mentre Rina picchia Wanda e Fernando che la trattiene. Allora Wanda racconta del filtro d’amore, col quale Rina avrebbe conquistato l’amore di Fernando, il quale cerca di rabbonire la moglie cogli occhi infiammati da tanta irrefrenabile ira, che esplode in una sonora borsettata sulla testa dello Sceicco, mentre tra le risa generali, Wanda si allontana da quella scena divenuta oramai patetica.

Sta giungendo la sera, è ora di tornare a Roma; di Wanda si sono perse le tracce. A bordo di una motocicletta, Rina col suo Fernando rincasano.

La magia e l’illusione dei fumetti e dei sogni è finita.

Si torna a casa

È sera, Wanda si è persa nel bosco; per caso la rintraccia una persona di passaggio, che guida un cavallo. Ella ha ancora il vestito di scena; l’uomo la informa che tutti son tornati a Roma.

Anche Ivan torna in albergo. con i familiari; approfitta che la finestra della camera ha le imposte chiuse, per ipotizzare che la moglie stia riposando.

Lo zio rinnova l’appuntamento per l’indomani e Ivan può tirare un sospiro di sollievo; udienza dal Papa, pranzo con i parenti e poi giro turistico. Lasciati partire i parenti, si precipita all’interno dell’albergo, dove il portiere lo informa che la moglie ancora deve tornare.

Ivan vaga spaesato, stanco, esausto per la città; si ferma accanto ad una fontana, sgrana gli occhi verso il cielo forse per trovare la soluzione a quel dannato enigma della sparizione. È un cielo pieno di stelle; il suo respiro accelera fino a diventare affannoso e poi cadere in un triste pianto singhiozzante.

Cabiria (Giulietta Masina) e Silvana (Jole Slvani)

Due signorine allegre stanno discutendo di un film, mentre raggiungono la piazza, dove sosta Ivan appoggiato pesantemente alla fontana: sono Cabiria (Giulietta Masina) e Assunta (Jole Silvani). Cabiria si accorge di quell’uomo accovacciato ora su dei gradini col cappotto gettato disordinatamente sulla spalla destra ed esclama:

“Ammazza, che sbronza!”.

Gli si avvicina chiedendogli il motivo dell’irrefrenabile pianto, ma non riceve risposta; insiste:

“M’è scappata la moglie!”

Il pianto trova compassione nell’allegra coppia di peripatetiche, che, per rincuorarlo, gli offrono una sigaretta. Con un fazzoletto, Cabiria deterge gli occhi dalle lacrime; Ivan bofonchia qualcosa e Cabiria traduce per l’amica che mostra qualche comprensibile difficoltà nel cogliere le risposte dello sventurato. Ivan riassume l’accaduto, fin quando non trattiene più il pianto e s’interrompe nel racconto.

Nel prendere il fazzoletto, con cui asciugarsi gli occhi, sfugge dalla tasca una confezione di confetti nuziali immediatamente raccolti da Cabiria, che chiede il permesso di mangiarli, ma non riceve risposta. Ivan confessa che avrebbero dovuto consumare il viaggio di nozze nella capitale e invece la sposina, secondo la cattiva lingua di Cabiria, ha preferito dedicarsi ad un ipotetico amante. Ivan estrae dal portafoglio la foto della moglie, per mostrarla agli occhi dannatamente curiosi delle due signorine. Cabiria riceve la foto della prima comunione! Immediatamente Ivan le consegna la foto del fidanzamento:

“Caruccia!”

E la consegna all’amica, anch’ella complimentosa. Continua il giro delle foto, che immortalano diversi momenti della vita di Wanda ed ognuna è accompagnata da parole assai positive dalle due signorine.

Cabiria improvvisamente riconosce un cliente, che passeggia tranquillamente e gli chiede di esibirsi come mangiafuoco, per aiutare il povero e depresso Ivan, il quale s’allontana accompagnato da Assunta mentre Cabiria ormai è totalmente presa dal suo cliente.

Wanda ha trovato un signore che l’ha accompagnata in automobile. È davanti l’albergo; un inserviente è sulla porta; Wanda si rifiuta di entrare.

Va alla ricerca di un telefono; si mette in contatto con il portiere di notte, per avere notizie di Ivan; manca la chiave della camera, ma Wanda ha solo un messaggio da recapitargli: che non l’aspetti. Il portiere si allarma; l’intensissima Brunella Bovo riesce a suonare le corde femminili più intense e delicate, protestandosi innocente seppur autrice di un’ingiustificabile fuga: “La vera vita è quella del sogno, ma a volte il sogno è un baratro fatale”.

Si reca sulle sponde del Tevere: l’acqua è scura, pesante, presago di morte, un cane latra in lontananza. Si avvicina cogli occhi pieni di pianto all’acqua; a volte distoglie lo sguardo, troppo grande è la paura, che prova. Ancora uno spasimo; si volta verso gli spalti, poi di nuovo il suo sguardo è attratto dalla massa d’acqua minacciosa pronta a inghiottirla.

Si volta per fissare la statua di un angelo, forse per chiedergli il coraggio che ancora non trova; improvvisamente si accende la luce di uno stabilimento; il segno della Croce, lo sguardo disperato verso la statua dell’angelo, si getta, ma, per su fortuna, l’acqua è assai bassa.

Dallo stabilimento, esce un uomo, che richiama Wanda, invitandola ad uscire immediatamente.

Il suono di una sirena irrompe nelle strade assolate di Roma, in quel momento Ivan rientra in albergo. Il portiere gli consegna un biglietto; il suo sguardo è completamente assente, il volto stralunato, i capelli arruffati, la cravatta disordinata: dall’aria ha trascorso momenti recenti difficili.

Ivan non si avvede che nel salotto è riunita la sua famiglia, che attende i neosposi, per recarsi dal papa.

Ivan appena si accorge dei convenuti, confessa allo zio che sente il dovere di parlargli. In quel momento, squilla il telefono dell’albergo, qualcuno vorrebbe parlare con il signor Ivan Cavalli. Egli muovendosi come un automa e senza più fiducia si reca al bancone, per ricevere la cornetta dalle mani del portiere. La sua voce improvvisamente rinvigorisce, i muscoli sembrano serrarsi, cresce una felice tensione, che sembra sfogare in uno squillante:

“Dove?”

Mentre l’attenzione del Maestro punge sugli occhi mobilissimi del Trieste. Dopo quel “Dove?” Egli non aggiunge altro; dopo tanto, troppo tempo un sorriso di sghimbescio si stampa sulle labbra; l’emozione è così forte che perde i sensi. Trasportato in camera ancora svenuto, poco prima che l’inserviente apra la porta, Ivan si ridesta improvvisamente, chiedendo a tutti di allontanarsi. Finge che Wanda stia dormendo, consiglia ai familiari di precederli verso Piazza San Pietro; gli sposini arriveranno con qualche minuto di ritardo. Lo zio vuol sapere cosa stia succedendo ed allontanati in malo modo il resto del parentado, resta solo con Ivan, che lo convince ad allontanarsi dall’albergo: tra 30 minuti tutti dal Papa!

Ivan si cambia velocemente; va alla ricerca di un taxi e si reca in un ospedale, per conoscere l’uomo che ha salvato, Wanda e riabbracciarla. Si forma un comico trio composto da Ivan, il salvatore della moglie e da un medico, inseguiti dal taxista, che vorrebbe ricevere i soldi della corsa effettuata. Il gruppetto si muove sincronicamente; il taxista parla in continuazione, Ivan ascolta inebetito, il dottore appare distratto

Un poliziotto informa che la bella sposina è stata trovata; il medico ragguaglia Ivan di non impressionarsi, quando vedrà la moglie.

Wanda inizia a singhiozzare, ancora è fasciata dell’abito di scena, che le scopre le belle e sensuali spalle, pudicamente coperte dalle splendide mani. Ivan sembra inorridito; non riesce a parlare, ma emette dei suoni intellegibili ed in, questo caso, il tono assume anche dei tratti comici. Inizia un dialogo serrato di singhiozzi tra i due, che sono di spalle, fin quando Ivan, raccogliendo tutte le sue forze esclama:

“Alle 11 dobbiamo essere dal papa.”

Con un gesto perentorio getta su un letto dei vestiti della moglie, che aveva precedentemente raccolto all’interno di una valigia, ordinandoli di indossarli.

I parenti in Piazza S. Pietro

Lo zio passeggia preoccupato in piazza San Pietro, mentre gli altri parenti s’intrattengono a parlare con una suora. Sopraggiunge un prete trafelato, che richiama l’attenzione di tutti, chiedendo di prepararsi all’udienza pontificia. Un taxi, condotto a gran velocità, entra sulla piazza; sta trasportando la ritrovata coppia. Ivan scende per primo, quindi la spaesata Wanda, che cerca conforto nello sguardo del marito.

I parenti, intanto, si muovono, per osservare meglio la bella sposina. Egli l’aiuta ad indossare il velo di prammatica, tirato via dal vento.

La coppia si avvicina al parentado; ella ha gli occhi bassi; appena li alza incrocia lo sguardo dapprima severo, poi sempre più dolce di tutti.

Un’intensa Brunella Bovo

Qualche attimo si turbamento e finalmente lo zio sorride ed apre le braccia gesto, con cui la accoglie finalmente nella famiglia. Ivan, da una parte sembra, attraverso lo sguardo ripercorrere tutta l’avventura fino ad intristirsi, esprimendo un tenero dolore. Il taxista gli chiede il dovuto e si allontana. Lo zio organizza il crocchio ed inizia la marcia lenta verso la Chiesa. Wanda trova il coraggio, per confessare al marito, che si rifiuta di guardarla, pur essendole accanto, che non è successo davvero nulla: è stata tutta colpa del destino. Ella ha conservata la sua purezza e la sua innocenza.

Finalmente Ivan la guarda ed abbozza un sorriso in direzione della Basilica e Wanda:

“Il mio sceicco bianco sei tu”.

Ora il cuore dei protagonisti è davvero sgombro, perché svuotato da ogni sospetto.

“Ragazzi, affrettate il passo!”

E così via di corsa dal Papa.

Un film in cui il Maestro si concentra spesso su intensi primi piani degli occhi dei protagonisti così espressivi e comunicativi. Una storia dove il sogno di una ragazza di provincia sembra realizzarsi, incontrando, ballando e frequentando il suo idolo da cui riceverà cocenti delusioni.

La trovata di Sordi su un’altalena tra due alberi ed il trenino dei parenti alla fine sembra anticipare la parte onirica, che avrà sempre più spazio all’interno della produzione cinematografica.

Leopoldo Trieste disegna un personaggio pieno di paure, moralista, meticoloso, puntiglioso; un manichino poetico in preda alla disperazione ed al pianto, ma così meravigliosamente umano.

Brunella Bovo recita anche con gli occhi; personaggio incantato, vive nel mondo delle favole, intensa, alla ricerca del principe azzurro, che identifica con lo Sceicco bianco. Essendone profondamente delusa, comprende che accanto a sé ha già il suo Sceicco.

Alberto Sordi misuratissimo, come accade quando è diretto dal Maestro; disegna un personaggio davvero da fumetto salvo poi rivelare una natura davvero misera.

Giulietta Masina impegnato quasi un cameo è pungente nel caratterizzare il personaggio di Cabiria.

Già, Maestro: la vera vita è il sogno!

PRODUTTORE: Luigi Rovere

REGIA: Federico Fellini

SOGGETTO: Michelangelo Antonioni, Federico Fellini

SCENEGGIATURA: Federico Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano

ATTORI: Alberto Sordi, Brunella Bovo, Leopoldo Trieste, Giulietta Masina, Ernesto Almirante

FOTOGRAFIA: Arturo Gallea

MONTAGGIO: Rolando Benedetti

MUSICA: Nino Rota

6 settembre 1952

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