La sesta fatica di Ercole

Admeta, figlia del Re Euristeo, desiderava avere per sé la cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni.

Admeta era figlia del re Euristeo, e quindi nipote di Eracle; con questo nome si appellava anche Atena – Minerva, dea della guerra giusta; infatti la richiesta della principessa scatenerà un’aspra contesa tra Eracle e le Amazzoni, donne guerriere, che discendevano dal dio Ares e veneravano Diana. Vivevano separate dagli uomini nelle zone dell’Asia Minore, ma nel periodo primaverile si univano, per figliare e quindi mantenere in vita l’ordine; gli eventuali figli maschi sarebbero stati resi invalidi, al fine di creare degli schiavi. Esse erano dedite alla guerra (ecco spiegata la discendenza da Ares), combattendo a cavallo, servendosi di arco, lancia ed una spada indossata a tracolla.  Erano governate da una regina, Pentesilea, figlia di Ares, che partecipò alla spedizione di Troia, per combattere nelle file achee, dove sarebbe perita per mano di Achille

Gabriel Vital Dubray: Pentesilea

Quando Eracle arrivò, fu accolto benevolmente dalla regina, che s’invaghì dell’eroe e, saputo il motivo del viaggio, si dichiarò disposta a soddisfare la richiesta del Tebano.

Durante la notte, Era informò le Amazzoni che Eracle avrebbe rapito la loro regina. Immediata fu la reazione, violentissima contro l’eroe, che riuscì comunque ad avere la meglio. Durante l’aspra battaglia, la regina perse la vita ed Eracle poté sfilarle la cintura.

Era Barberini (Musei Vaticani)

Altra protagonista femminile della fatica è Era, la quale ha in odio l’Eroe, figlio di una mortale e di Zeus e, quindi, interpreta la parte istintivo – tellurica dell’elemento Terra.

Durante il viaggio di ritorno, l’Eroe raggiunse la spiaggia di Troia, dove un terribile mostro marino, divoratore di uomini, stava cibandosi della principessa Esione, figlia del Re, che era stata offerta quale vittima sacrificale, al fine di placare le ire di Poseidone – Nettuno. Eracle si offrì di salvare la vita della principessa, cosicché fu ingoiato dal mostro marino insieme alla vittima e soggiornò nel ventre per tre giorni.

Praticato un taglio nella pancia del mostro, rivenne alla luce salvando Esione.

Eracle libera Esione
Segno della Vergine

La sesta fatica di Eracle è legata al segno di Terra della Vergine, governata dal dio alato Mercurio. Il segno rappresenta il passaggio evolutivo dell’iniziato dalla forma materiale a quella spirituale, quando il Sole si troverà nell’opposto segno dei Pesci.

Nel «De arte chimica», troviamo scritto: «Mercurio è vergine, perché nel grembo della terra non ha aumentato nessun corpo metallico, pur generando la pietra per mezzo della soluzione del cielo. Egli apre l’oro, ne fa uscire l’anima da intendersi come divinità. Ecco il Fanciullo, del cui sangue i corpi inferiori sono tinti e ricondotti salvi nel cielo dorato».

Il simbolo figurativo più comune del segno è una ragazza vergine, alata, che porta una spiga di grano, perché legata ai culti agrari e della produttività di Iside (Egitto), che nello zodiaco egiziano occupa il sesto posto, e di Demetra (Grecia). Il glifo presenta le lettere M e Y, da MEM in ebraico, Madre, e NUN, Figlio (in fenicio pesce o salvatore).

Il segno è legato ai miti delle vergini, intendendo con la parola virgo (vir, uomo) la donna libera dal giudizio dei genitori e pronta al matrimonio. Cassandra, al fine di mantenere intatta la sua integrità, avrebbe rifiutato le profferte amorose del dio Apollo, il quale l’avrebbe ricompensata la capacità di leggere nel futuro, unitamente al dono di non essere mai creduta.

Demetra

Secondo un’altra interpretazione del mito, la Vergine sarebbe la personificazione della dea dell’agricoltura.

Gian Lorenzo Bernini. Il ratto di Proserpina

Demetra, sorella di Zeus e madre di Persefone, la quale sarebbe stata rapita da Plutone, che si era invaghito della giovane. Tratta negli inferi, Ade la invitò a mangiare sei chicchi di melagrana, per legarla eternamente a quel regno. Demetra, disperata, impedì la fioritura delle messi, per creare difficoltà negli uomini, quindi si recò ad Eleusi, trasformandosi in una vecchia, per presentarsi al re Celeo. Zeus, impietosito dalle lacrime di Demetra, intervenne presso il fratello Plutone, perché restituisse, in concomitanza coll’Equinozio di Primavera, la giovane alla terra, per affidarla, in concomitanza coll’Equinozio d’Autunno, anche al regno infernale.

Eracle, nel segno della Vergine, compie un esecrabile delitto, che deve riscattare, entrando nella pancia di un pesce, poiché ciò che inizia in Vergine si conclude nel segno opposto dei Pesci. Il Tebano soggiornerà per ben tre giorni nella pancia del mostro. Simbolicamente, l’eroe, autore di un delitto, deve morire e poi rinascere da se stesso, dopo essere stato per 3 giorni nell’oscurità, nelle viscere, nell’intestino; chiari i riferimenti alla discesa agl’Inferi di Cristo.

Sulla via, Eracle si confronta con la sua parte umida, travolgendola e scatenando così un sovvertimento delle regole, che lo porterà a vivere quella morte, che aveva causato alla regina. Questa fatica ammonisce dall’uso della violenza non solo fisica ma anche verbale, figlia della prepotenza dell’Ego, nel quale sono dormienti forze telluriche in grado di scatenarsi, nel momento in cui l’Iniziato non governa, attraverso l’uso della propria mente, il rapporto con gli eventi. Ogni volta che cadremo vittime del movimento scomposto e disorientante dell’Io, saremo costretti a rinascere dalle ceneri di quell’atto violento, passaggio inevitabile verso quegli stati superiori dell’essere, in cui tace l’Ego perché parla il Sé.

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