La nascita di Zeus

Narra Apollodoro di Atene nella «Biblioteca»

Rea rimase incinta di Zeus; al fine di salvarlo dall’antropofagia del padre Crono, partorì in un antro del monte Ditte, affidandolo alla difesa dei Cureti, i quali battevano le lance contro gli scudi, perché Crono non ascoltasse i vagiti del neonato ed alle figlie di Melisseo, le ninfe Adrastea ed Ida, che lo avrebbero nutrito col latte della capra Amaltea.

Rea quindi ingannò Crono, consegnandogli una pietra avvolto nelle fasce, perché lo inghiottisse, fingendo un neonato.

Diventato adulto, Zeus, col concorso di Meti, figlia di Oceano, offrì al babbo Cronos una bevanda emetica, che lo costrinse a liberarsi dei figli precedentemente inghiottiti, che sarebbero stati alleati nel’intraprendere la guerra contro Crono ed i Titani.

Giunti al decimo anno di guerra, Gea predisse a Zeus che, per ottenere la vittoria contro i nemici, si sarebbe dovuto alleare coi Ciclopi, che erano rinchiusi nel Tartaro. Zeus li liberò uccidendo il guardiano Campe e ricevendo in cambio il tuono, il lampo ed il fulmine; a Plutone fu consegnato l’elmo; a Poseidone il tridente. I Titani, grazie alla armi ricevute, furono sconfitti e resi prigioni del Tartaro ed affidati agli Ecatonchiri. Quindi a Zeus toccò il dominio del cielo, a Poseidone quello del mare, a Plutone l’Ade.

In questo racconto, dalla forte connotazione cretese, evidenti sono gli elementi simbolici, che caratterizzano e spiegano la storia.

Crono – Saturno, figlio di Urano, soleva mangiare i figli (il tempo distrugge ogni cosa), perché temeva di essere detronizzato. La moglie e sorella, Rea, stanca di vedersi privata della maternità, partorisce l’ultimo figlio, Zeus, in un antro – caverna presso il monte Ditte, grotta sacra alla civiltà minoica. Si presenta il simbolo della caverna, che nel Cristianesimo si chiamerà capanna, come rappresentazione fisica dell’utero materno.

Ai Cureti, mito cretese, sarà affidata la difesa dell’infante; Omero nel IX libro dell’«Iliade» li indica originari dell’Etolia, regione montana della Grecia situata sulla costa occidentale. Nel culto, i Cureti erano ricordati soprattutto con la riproduzione della loro danza armata, finalizzata ad allontanare gl’influssi maligni.

Zeus è affidato alle ninfe Adrastea ed Ida, figlia del re curete di Creta, Melisso, ricordato quale primo ad offrire sacrifici agli dei. Le ninfe erano venerate dai Greci antichi come geni femminili delle fonti, particolarmente benigne verso i mortali, di cui non disdegnavano l’amore.  

Zeus fu nutrito dalla capra Amaltea, il cui significato è appunto «nutrice», attraverso un corno (la cornucopia), riempito con fiori e frutta. La capra è un animale presente in molte civiltà antiche dalle forti qualità simboliche: nel mondo greco, il dio agreste Pan era rappresentato metà uomo e metà animale; una popolazione stanziale nel delta Nilo l’adorava come deità; con l’avvento del Cristianesimo, i connotati cornuti avrebbero identificato il Male.

Nel racconto della vita di Zeus, la leggenda ci consegna alcuni momenti dell’infanzia, per tacere sulla giovinezza; infatti, lo abbiamo incontrato neonato quindi lo ritroviamo già adulto ed alleato della dea Meti, la saggezza, cui si legherà nel futuro generando Atena. L’insegnamento simbolico è assai chiaro: Zeus è accompagnato da Elementi liquidi, a testimonianza che l’uomo dovrebbe perennemente unire la parte femminile a quella maschile, al fine di ricavarne il congiungimento nell’azione.

Zeus è deciso di prendere il posto del padre Crono, offrendogli una bevanda (torna l’elemento Acqua), che gli causerà il rigetto dei figli precedentemente ingoiati, perché potesse costruire un forte schieramento da opporre ai Titani, dei generati da Crono e Gea, forze primordiali, che imperversavano disordinatamente sul cosmo.

Dopo dieci anni (la decina è simbolo di conclusione dell’unità) di guerra, le forze sembrano contrastarsi vicendevolmente e nuovamente l’intervento femminile (la nostra parte umida), Gea, sarà risolutrice.  E’ necessaria un’alleanza coi Ciclopi, creature mostruose dotate di un solo occhio, che erano stati rinchiusi nel Tartaro alla nascita da Crono, temendo di essere spodestato. Il feroce custode Campe, metà umano e metà rettile, fu ucciso da Zeus; è interessante notare come la figura del rettile sia sempre presente nella mitologia spesso posto a guardia di tesori. Liberati i Ciclopi, essendo eccellenti lavoratori del ferro, immediatamente si pongono al lavoro, per fornire Zeus di armi, colle quali poter finalmente sconfiggere il nemico.

Tuono, lampo e fulmine, tre elementi che prefigurano il dio, che governa dal cielo (come il Dio cristiano, che Dante chiama «il sommo Giove»). Plutone riceve l’elmo, che lo avrebbe reso invisibile, quando si sarebbe introdotto nell’accampamento dei Titani, per distruggere le armi. Poseidone riceve il tridente, elemento capace di generare fonti ed, attraverso la schiuma del mare, cavalli.

La sconfitta fu assai dolorosa per i Titani, che furono rinchiusi nel tartaro ed affidati agli Ecatonchiri, mostri dalle cento mani, che, in futuro, si ribelleranno a Zeus.

Finalmente un nuovo ordine celeste è così stabilito: a Zeus il cielo, a Poseidone il mare, a Plutone l’Ade.

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