Il mito di Ino e il vello d’oro secondo Apollodoro

Narra Apollodoro nella «Biblioteca».

Il figlio di Eolo, Atamante, re della Beozia, ebbe un figlio, Frisso dalla ninfa delle nubi, Nefele, ed una figlia, Elle. Passato a seconde nozze con Ino, ebbe altri due figli: Learco e Melicerte.

La seconda moglie, Ino, tramò contro i figli di Nefele, convincendo delle donne ad abbrustolire i semi del grano, all’insaputa dei mariti.

Quando la terra fu seminata con dei grani bruciati, non produsse raccolto; allora Atamante inviò dei messaggeri presso Delfi, al fine di ricevere consigli, per liberare il suo popolo dalla terribile carestia.

Ino e Atamante di John Flaxman

Ino convinse diabolicamente i messaggeri a raccontare ad Atamante che l’oracolo avesse consigliato di sacrificare il figlio Frisso a Zeus. Il Re si vide costretto ad ubbidire, recando la vittima all’altare. Intervenne la salvifica Nefele, che ordì il rapimento di Frisso, aiutata dalla figlia Elle. Compiuto l’atto donò ai figli un vello d’oro, regalo di Ermes, con cui avrebbero potuto volare oltre il mare. Durante il veloce viaggio, Elle scivolò, precipitando nello specchio d’acqua, che fu chiamato Ellesponto. Frisso arrivò nella Colchide, su cui regnava Eeta, fratello di Circe e di Pasifae, moglie di Minosse. Il Re concesse al viaggiatore la mano della figlia, Calciope.

Allora Frisso offrì finalmente in sacrificio Fixio, il capro, donando il vello al re della Colchide, il quale lo inchiodò ad una quercia, piantata in un bosco sacro ad Ares.

In questa fabula è evidente la presenza dei Quattro Elementi, anche se il dominio apparterrebbe all’Elemento Aria – maschile, essendo Eolo, re dei venti e consigliere degli Dei ed Ermes, il messaggero delle deità. La carestia è provocata dalla prima moglie, Ino, elemento Acqua, che compendia la natura nell’incontro con l’elemento Fuoco, che sarà concimato nell’Elemento Terra. Ella ordina di bruciare i semi, che non porteranno vita, ma arrecheranno solo morte ed impossibilità di vita.

Atamante decide, allora, secondo la tradizione antica, di rivolgere ad Apollo il suo aiuto, al fine di ripristinare la corretta dinamica della Madre – Terra, il cui scopo è nutrire l’uomo. La donna, esprimendo il suo lato divisore, convince i messi a mentire (qualcosa ricorda Eva con Adamo) ed, al fine di sedare la sua sete di vendetta, colpire il primogenito: Frisso.

A questo punto, entra finalmente in gioco la ninfa delle nubi (ancora Elemento Aria) Nefele, la quale, al fine di salvare il figlio da sicura morte, ottiene da Ermes (il messaggero, ancora Elemento Aria) un montone volante, coperto di vello d’oro, con cui i due figli, Frisso ed Elle, potranno scappare e cercar nuova vita in un paese ospitale, ben lontano dalla patria.

Durante il tragitto, Elle cade in mare, mentre Frisso riesce a raggiungere l’ambita meta, presentandosi al re della Colchide, Eeta, di cui diventerà genero, sposando la figlia, Calciope, sorella di Medea. Egli sarà il principe ereditario, essendo nato di sangue reale, poiché ad alcuno è permesso dagli dei di sfuggire al suo destino (in barba al libero arbitrio). La regione della Colchide fu resa famosa dalla spedizione degli Argonauti e si meritò il titolo di terra magica, grazie alla maga Medea, che sarà decisiva per il racconto di Giasone, che analizzeremo altrove.

In cambio della mano della sposa, Atamante offre l’olocausto di un capro, Fixio, mentre il prezioso vello è inchiodato ad una quercia, che si trova in un bosco caro a Marte, signore del segno dell’Ariete.

Il racconto riscontra notevolissime somiglianze col racconto d’Isacco, che si trova nel Genesi (22, 1 – 18): un padre, che sacrifica il figlio a Zeus, al fine di far cessare una carestia; nel racconto biblico invece, Dio avrebbe ordinato ad Abramo di sacrificare il figlio.

Un capro, in entrambi i casi, sarà invece offerto in olocausto al posto della vittima designata.

Ancora una volta, la prova come certi racconti biblici abbiano una radice comune e sviluppino una desinenza variata.

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