Gabriele D’Annunzio: l’amore per Giselda Zucconi,«Lalla»

Grazie all’interesse suscitato con «Primo vere», il D’Annunzio accettò diverse richieste di collaborazione presso alcune pubblicazioni letterarie: il «Gazzettino letterario», «Preludio», il «Farfalla» di Milano, presentato da Filippo Turati con un articolo lusinghiero per il giovanissimo redattore.

La vita del collegiale proseguiva caratterizzata da successi sempre più entusiastici; infatti, nonostante avesse alquanto trascurato gli studi, fu oggetto ammirazione da parte del corpo docente e dal pubblico, soprattutto femminile. Raccontando dei suoi trascorsi scolatici, dirà di sé nel «Notturno»:

«La fronte è liscia sotto la massa densa dei capelli scuri. I sopraccigli sono disegnato con tanta purità, che danno qualche cosa di indicibilmente virgineo alla malinconia dei grandi occhi. La bella bocca socchiusa lascia passare l’ansia come quando il cuore si gonfia dun sogno che minaccia di schiantarlo».

Giselda Zucconi

Gli ultimi mesi dell’anno scolastico 1880 – 81, furono condizionati dalla folle passione ricambiata per Giselda Zucconi, la protagonista del «Canto novo»; Lalla divenne ben presto una stima erotica per la giovanile prepotenza del Poeta. La nascita e lo sviluppo di questo amore sono raccontati nelle oltre 200 lettere scritte da Gabriele.

La donna era nata nel 1864, da Italia Cantini e dal garibaldino, Tito, insegnante di lettere del Poeta, che lo aveva introdotto presso la sua famiglia. Lalla, «una strana bimba da li occhioni erranti, misteriosi e fondi come il mare», colta, intenditrice d’arte, di musica e di poesia, iniziò ad innamorarsi del D’Annunzio, quando lesse «Toto», la di lui pubblicazione sul «Fanfulla». Il Poeta dichiarò il suo amore al padre – professore, che accettò, in vece della figlia, e promosse la corrispondenza tra i due giovani amanti:

«Tutte le mie donne poetiche sono fantocci; son burattini di legno con delle teste di cera. Tu, tu, fremerai, piangerai, riderai nelle mie strofe…»

Le emozioni saranno raccolte nel «Canto novo», edito nel 1881, in cui descriverà l’armonia con la natura, confusa con lo spirito angustiato per l’assenza della sua Lalla.

Terminato il Liceo, pensò di metter su famiglia colla sua giovane fiamma, convinto di ricevere il permesso dai genitori:

«I miei mi amano, mi adorano come un dio, non oserebbero mettere nessun ostacolo mai alla mia felicità, penso io a ottenere il consenso loro, basta, credilo, una mia parola», scriveva al futuro suocero.

Purtroppo, le previsioni risultarono irreali, tantoché ebbe solo dopo un anno il consenso dalla mamma, mentre il babbo si sarebbe opposto ad ogni proposito matrimoniale, costringendo il giovane Gabriele ad iscriversi all’Università di Roma.

Grazie a questo giovane amore, il D’Annunzio trovò le forze nel «Canto novo», per staccarsi da «quel mago del Carducci», che lo schiacciava, ma «ho avuto la forza di ribellarmi. Son venuto fuori. Non mi resta che spezzare gli ultimi lacci».

Durante l’estate del 1881, si recò a Bologna a colloquio con Zanichelli, perché raccogliesse in un volumetto gli articoli pubblicati sul «Fanfulla della domenica», lavorando nel contempo a completare il «Canto novo» ed approntando lo scartafaccio per «Terra vergine».

All’inizio del nuovo anno universitario, si alloggiò a Roma in Via Borgognona, in un appartamento prospiciente un casino.

Agostino Depretis

Da circa 10 anni, Roma era la capitale di ventisei milioni d’abitanti, centro del teatro politico e letterario.  La politica della Destra aveva pagato la sua titubanza e così il potere era passato alla Sinistra, guidata dal Depretis, autore di una conduzione trasformistica nell’esercizio della corruzione parlamentare. Il clima politico si rovesciò sul mondo economico, sconquassato dal fallimento della Banca Romana, unitamente alle prime sommosse operaie ed agli attentati al sovrano Umberto I. Al fine di sedare i giusti proclami della classe operaia, il Governò abolì la tassa sul macinato, gravando le imposte di consumo senza programmare la nascita dello sviluppo industriale del Nord. L’Italia unita mostrava tutte le sue debolezze: la pesante situazione economica, l’emigrazione, i rapporti non facili con la Santa Sede, la difficile collocazione europea, che sfocerà nell’ingresso nella Triplice Alleanza.

Il D’Annunzio calò a Roma completamente ignaro di una situazione davvero difficile; si sarebbe dedicato ai racconti della mondanità romana, di cui sarebbe divenuto ben presto un idolo, collaborando alla «Cronaca bizantina», firmando Mario De’ Fiori.

Nel dicembre dell’81, iniziò la carriera universitaria presso la facoltà di Lettere e Filosofia, di cui non vi sarà traccia, poiché ben presto avrebbe abbandonato la frequenza delle aule scolastiche. Teneva, intanto, ben desta la passione con Lalla, continuava a collaborare con diversi giornali e s’immergeva sempre più nel bel mondo romano. Entrò nella redazione del «Capitan Fracassa», il più famoso ed importante giornale romano, che annoverava tra i suoi collaboratori: Edmondo De Amicis, Edoardo Scarfoglio e Cesare Pascarella.

Non dimentico della sua passione, il 23 dicembre si recò a Firenze, per riannodare quell’antico legame con dei «baci selvaggi, baci di fiera innamorata». L’assenza dalla capitale richiamò la severa attenzione del babbo, che, al fine di scongiurare un’eventuale matrimonio, stava precipitando a Roma.

Il 1 gennaio 1882, usciva il sonetto «Nell’acqua»  per i tipi di Sommaruga, giornalista ed audace editore milanese, accampatosi a Roma, grazie all’appoggio del Carducci e ben fornito di cospicui finanziamenti. Nelle stanze dell’editore, si celebrò l’incontro tra Gabriele e il poeta delle «Odi barbare», così raccontato dal futuro Vate ne «Di un maestro avverso»:

«Non era alcun vestigio romano in lui; ma poteva egli ricordare quegli Etruschi dalle gambe smilze e dallo stomaco prominente che si veggono accosciati du i coperchi delle urne funerarie».

Il 2 aprile 1882, stipulò il contratto per «Canto novo» e «Terra vergine» col Sommaruga. Mentre scriveva della sua solitudine alla Lalla, passeggiava alla ricerca di quegli angoli di Roma, che avrebbero esaltato il suo spirito decadente: la Roma dei papi, delle ville principesche, delle fontane e delle chiese, la Roma secentesca, «assetato di mille desideri l’uno più strano dell’altro e sempre in cerca di tormenti nuovi».

Il 29 aprile uscì «Terra vergine», la sua prima raccolta di novelle.

Intanto gl’impegni professionali, il lento procedere nelle spire della mondanità lo allontanavano da Lalla, piuttosto preoccupata di perdere l’amore di Gabriele. Il Poeta la rassicurò, anche se nella sua vita ormai la donna non era più tra le principali prerogative.

La fama iniziò a crescere colle due nuove pubblicazioni, tra cui quel «Canto novo», ispirato all’amore con Edda Zucconi. Nel 1896, il libro fu ristampato per i tipi Fratelli Treves, espunto da ogni riferimento all’ormai passato amore colla sua Lalla.

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