Gabriele D’Annunzio e Elvira «Barbara» Leoni, la fine di un grandissimo amore

Maria Harduin Gallese (1864 – 1954), moglie di Gabriele D’Annunzio

Del tentato suicidio di Maria, il Poeta informò la Leoni, invitandola ad incontrarlo a Roma, mentre la moglie era ancora degente in ospedale. Quando ella fu dimessa, decise il trasferimento in un altro appartamento in Piazza di Spagna. La mamma del Poeta richiamò recisamente ai doveri familiari il figlio degenere, donna Natalia si trasferì in casa della figlia, mantenendo comunque buoni rapporti col genero.

Durante il lungo servizio militare, ebbe una fugace storia con la bella contessa Egeria Firmiani Schepens, assai pubblicizzato; il 31 ottobre 1890, fu finalmente posto in congedo illimitato con il grado di sottotenente. Il giorno dopo si precipitò a Roma, per riabbracciare la sua Barbara, la quale di lì a poco avrebbe subito un delicato intervento chirurgico alle parti intime, accudita ed assistita dal Gabriele, il quale avrebbe annotato scrupolosamente i fatti, raccontati poi nell’«Innocente».

Trascorse il Natale in famiglia, il capodanno con Barbara, a Roma, ormai guarita. Licenziò la lunga novella «Giovanni Episcopo», influenzato dai grandi romanzieri russi, sperando, colla vendita, di poter fronteggiare gl’ingenti debiti, che scatenavano le giuste pretese dei  creditori, scesi sul piede di guerra. La sua alcova fu spogliata anche degli oggetti più cari: la poltrona e la coperta di damasco rosso, strumenti per raggiungere il piacere assoluto.

«Lasciai la casa invasa dagli uscieri, e partii malato, disperato, senza forze, in un’alba sinistra», scrisse il 23 marzo del 1891. Si trasferì a Francavilla, confortato dall’amico Francesco Paolo Michetti e, finalmente, iniziò a scrivere il «Tullio Hermil», che sarebbe diventato «L’innocente».

Emilio Treves (1834 – 1916)

Intanto da Roma, riceveva lettere disperate da parte di Barbara, la quale minacciava di troncare definitivamente la relazione per la prolungata assenza del Poeta, il quale prometteva che avrebbero trascorso l’estate insieme. Il 14 luglio, Gabriele comunicò all’editore Treves la definitiva stesura de «L’innocente», che fu inviata a Roma; dal momento che non soddisfece le aspettative, il 26 agosto Gabriele si trasferì a Napoli alla ricerca di un nuovo editore, soggiornando per tre giorni a Roma, al fine di rivedere l’esausta Barbara, prima di raggiungere la capitale partenopea.

Napoli accolse entusiasticamente il giovane scrittore; conobbe molte nobildonne, che si mostrarono interessate al suo fascino, tra cui la giunonica principessa Maria Gravina Cruyllas, con la quale avviò una relazione, non trascurando la Barbara, che invitò a Napoli dal 30 settembre al 9 ottobre 1891. La donna fu clandestinamente informata della relazione, intrecciata dal Gabriele con la principessa, ed affrontò recisamente il Poeta, che smentì ogni coinvolgimento affettivo, rubricando come stupidi pettegolezzi, privi di alcuna fondatezza. Barbara tornò a Roma sempre più in preda a dubbi e pensieri, mentre Gabriele riprese a presenziare salotti come le redazioni di giornali ed il bel mondo culturale napoletano, stringendo sincera amicizia con Salvatore Di Giacomo, Arturo Colautti, Roberto Bracco ed il filosofo Benedetto Croce.

Nel mese di dicembre, fu raggiunto da una lettera definitiva di Barbara, colla quale gli annunciava la fine della loro relazione, mentre il Poeta pretendeva la restituzione dell’intenso ed erotico epistolario intercorso. La donna non accettò la richiesta e gli chiese un ultimo appuntamento, che fu fissato, ma al quale Gabriele mancò, perché impegnato contestualmente alla firma del contratto per la pubblicazione de «L’innocente» con l’editore Ferdinando Bideri di Napoli, che si sarebbe impegnato al versamento di 3.000 lire nell’esangue portafoglio del Poeta. Il 10 dicembre uscì la prima puntata del romanzo su il Corriere di Napoli, accolto, come sempre, da polemiche e consensi, che accrebbero sempre più la sua notorietà e l’interesse, quindi, della sua nuova amante, la principessa Gravina. Il romanzo destò curiosità presso Georges Hérelle, professore di filosofia, che s’impegnò nella traduzione e nella successiva pubblicazione in lingua francese.

Il Poeta scrisse alla Barbara, per convincerla a raggiungerlo a Napoli, al fine d’iniziare un nuovo capitolo d’amore, ma l’esperimento ebbe breve durata, tantoché trascorsero tristemente il quinto anniversario del loro amore a Mergellina: Barbara aveva saputo che «L’innocente» era stato dedicato alla nuova fiamma del Poeta: «Alla contessa Maria Anguissola Gravina Cruyllas di Ramacca – questo libro – è dedicato».

Il 24 aprile incredibilmente Gabriele riuscì, ancora una volta, a convincere Barbara della sua castità ed i due amanti si riabbracciarono, assaporando le emozioni dei tempi antichi, nella casa di Margellina.

Il conte Anguissola, intanto, ombrato da quella dedica, si ritirò, anche a causa di problemi finanziari, in casa dei genitori, mentre Maria preferì accasarsi in Via Caracciolo coi figli, consumando i convegni amorosi col Gabriele presso un albergo in Piazza dei Fiorentini.  Maria chiese la separazione al marito, il quale, al fine di aver contezza della tresca, fece seguire il Poeta, scoprendo i convegni notturni.

Il 16 maggio, lo Scrittore raggiunse Barbara a Roma; tornato a Napoli, rassicurava la donna: «Sono tuo, sii tranquilla. Sono tutto tuo».

Pietro Mascagni (1863 – 1945)

Le necessità economiche incombevano e così Gabriele intensificò l’attività giornalistica, stroncando, tra l’altro, «L’amico Fritz» di Pietro Mascagni, su Il mattino. Ormai conviveva con la Maria, la quale era al quinto mese di gravidanza, nel castello di Ottajano, tra stringenti difficoltà economiche e le richieste sempre più opprimenti dei creditori. Indirizzava lettere a Barbara, per convincerla di assumere il ruolo non più d’amante ma di sorella, che la donna rifiutò, informata della convivenza del Poeta con la principessa, che attendeva un figlio da Gabriele. Il 18 novembre, i due ormai ex amanti s’incontrarono per l’ultima volta a Roma.

Solo nel 1935, il D’Annunzio sentì il bisogno di sollevare la figura di Barbara, rivivendo «le belle frodi, le ambigue illusioni». Barbara, ormai anziana, vendette le lettere ad un collezionista, Mario Guabello, che le pubblicò in quello stesso anno insieme ad alcuni inediti del Poeta, che la donna aveva gelosamente conservato per tanti anni.

Elvira Leoni morì il 7 aprile 1949 ad ottantasei anni, nel Conservatorio di Sant’Eufemia, dove si era ritirata presso le suore del Preziosissimo Sangue.

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